27 aprile 2012

Poca Fiesta

25 aprile 2012, Estadio Santiago Bernabeu, Madrid
José Mourinho riceve in ginocchio il verdetto di Eupalla
Con perfetto tempismo Standard & Poor's ha declassato il rating della Spagna dopo il fracaso total nelle semifinali di Champions. Il calcio è meraviglioso proprio perché consegnato al più profondo dei misteri agonistici: il Barça in 180 minuti domina il gioco, crea infinite occasioni, prende pali e traverse e rimane a casa; il Real maramaldeggia a folate ma subisce sui 210 minuti la teutonica applicazione di un calcio votato alla ricerca del gioco, e alla fine anche Mourinho deve inginocchiarsi a Eupalla (benché troppo tardi). In fase di previsione (pronostico è parola eccessiva) avevo colto i possibili margini di impresa che la fragilità delle due spagnole lasciava ai vecchi bucanieri del Chelsea e ai ragionieri bavaresi del Fußball. Per i motivi che abbiamo già detto il Barça 2012 non è quello dello scorso anno e al Real manca, come a tutte le squadre dello Special One, un'identità di gioco: l'autobus a tre piani di Di Matteo e l'astuzia volpina di Jupp Heynckes hanno messo i bastoni giusti negli ingranaggi fragili dei due Titanic iberici, colati a picco nello stupore dei nesci.

Ora si sprecano i commenti sulla fine del ciclo azulgrana. La questione, a mio avviso, è mal posta. E' una bestemmia bella e buona al bel calcio ritenere che una squadra con giovani nel pieno del loro fulgore agonistico come Messi, Villa, Sanchez, Piqué, etc., e corroborata dall'esperienza di anziani come Xavi, Puyol e Iniesta, etc., possa aver chiuso il suo ciclo. Semmai si è chiusa la grandiosa epopea guidata dal Pep: colui che rinunciò a Ronaldinho, Etoo e Ibrahimovic per creare un'epifania mai vista fino ad allora, uno stile di gioco fondato sul possesso della palla e su un continuum inedito tra pressing e costruzione, portato in quest'annata di appannamento fino alla sperimentale rinuncia ai cross e agli attaccanti: solo centrocampisti, palla a terra, triangoli e percussioni centrali, come ha rimarcato da tempo con finezza Luigi Garlando. E' probabile che oggi il Pep annunci l'addio, logorato dall'impresa memorabile e dal capolavoro creato per noi tutti in questi anni. Il suo ciclo è finito, ma non quello del Barça, che è un "sistema" e non un'improvvisazione come il Real. Il futuro sarà diverso e sarei curioso di vederlo guidato dal Loco.

Il quale ieri sera, in Catedral, ha riportato il Bilboko Athletic Kluba (ofizialki Athletic Club) ai fasti di una finale europea dopo 35 anni (lo beffò la Juve del Trap: Zoff, Cuccureddu, Morini, Scirea, Gentile, Tardelli, Furino, Benetti, Causio, Boninsegna e Bettega, e scusate se è poco ... [la si può rivedere qui]), grazie anche a una manica di giovanotti di grande talento (oltre al pupillo Iker, segnalo almeno Ibai Gómez e Javi Martínez) e a un gran giocatore nel pieno della sua maturità come Fernando Llorente, che ieri sera ha deliziato i cultori con un assist magnifico e un gol di grande tempismo e che probabilmente sarà chiamato a sostenere l'attacco della Roja, orfano di Villa e dimentico di Torres, ai prossimi osteuropei. A Bucarest (!?!) tra meno di un paio di settimane dovrà però vedersela con la vera armata madrilena, quella dei Colchoneros (vulgariter materassai) guidati da una nostra vecchia e cara conoscenza, Diego Pablo Simeone, che ieri sera ha suggellato una striscia di 11 vittorie consecutive in Europa (in un torneo di assurda lunghezza cominciato il 28 luglio e che costringerà i madrileni a 19 partite complessive [qui la distinta]). Ma il 9 maggio sarà Fiesta comunque.