20 maggio 2012

Calci di rigore

19 maggio 2012, Fußball Arena, München
Sul dischetto del rigore è Bastian Schweinsteiger
"Top moment of my career", ha detto della finale appena vinta un giocatore del Chelsea. Paradossalmente, si tratta di uno la cui fatica maggiore, in serata, è stata quella di sollevare la coppa appena ricevuta dalle mani di Platini. Nessuna prodezza sul campo, e nessuna nefandezza: lui che aveva sbagliato un penalty decisivo a Mosca nel 2008, ieri sera scontava una squalifica ed è rimasto estraneo alla vicenda agonistica. Probabilmente non sarebbe andato sul dischetto, chissà. D'altra parte, freddezza e cinismo non sono certo le qualità principali di John Terry; e la crudele sequenza di Monaco ha dimostrato, nonostante i luoghi comuni, che affidare l'esito di un match ai calci di rigore non ha nulla a che vedere con la fortuna. Non si tratta, come amano dire i telecronisti italici usi alla provinciale metafora, di una 'lotteria'.

Riesaminiamoli uno per uno [da qui].

Lahm (gol). Un lampo di paura è restituito dalle telecamere. Esecuzione appena discreta, a mezza altezza ma di scarsa potenza. Cech devia soltanto, ma avrebbe potuto far meglio.

Mata (parato). Mancino, latino, senza passato a Stamford. Va sul dischetto con sicurezza forse eccessiva. Colpisce male, non angola. Facile parata di Neuer.

Gomez (gol). Non ha disputato una grande partita. E' un bomber. Ha carattere, non vuole pesi sulla coscienza e si vede. Esecuzione impeccabile: Cech intuisce, ma ci potrebbe arrivare solo con un movimento anticipato oltre la soglia tollerabile dall'applicazione consuetudinaria (permissiva) del regolamento.

Luiz (gol). Tranquillo. Rincorsa lunghissima e sunza indugi. Neuer decide di tuffarsi a destra; Luiz aveva deciso di piazzare la palla a sinistra. "Vada come vada", sembra pensare, e gli va bene: l'angolazione non sarebbe stata sufficiente.

Neuer (gol). Battitore a sorpresa, ma è 'caldo'. Che non sia uno specialista e che l'esercizio sia solo recente si capisce bene. E' destro, e quindi scolasticamente incrocia. Angolazione modesta, potenza appena più che sufficiente. Un portiere più esplosivo (e più giovane) di Cech avrebbe neutralizzato.

Lampard (gol). Deve avere una gran rabbia in corpo e nella testa ma la sa occultare. Lui a Mosca non aveva sbagliato, anche se non era (e non è) uno specialista. Esecuzione teoricamente pessima, centrale ma sotto la traversa. Ritiene probabile che Neuer vada su un angolo, ma Neuer non si sposta: forse perché sorpreso, il tedesco non reagisce in tempo utile.

Petr Čech ha già alzato la manona destra
con la quale neutralizzerà il rigore di Ivica Olić
Olić (parato). Il tiro non è potente ed è 'alto'; ma è bene angolato. La classe di Cech qui emerge chiarissima. Vola dalla parte giusta (la sua sinistra) ma sarebbe battuto se non richiamasse il destro, riuscendo a respingere.

Cole (gol). Sa che non può e non deve sbagliare. A Mosca non aveva sbagliato. Un piccolo passo di danza prima dell'impatto ha lo scopo di disorientare Neuer. Sinistro incrociato, potente e angolatissimo. Imparabile.

Schweinsteiger (palo). Quinto rigore, decisivo. Prende tempo. Si rigira il cuoio tra le mani, pesta il gesso sul dischetto. I lineamenti del volto sono contratti; è palesemente terrorizzato dalla sola ipotesi di non trasformare. La rincorsa è breve, e al quarto passo la interrompe perché vede Cech fintare il tuffo alla propria destra. Evidentemente cambia idea. Angola troppo, e centra il legno di sinistra. L'astuzia del portiere col casco ha il sopravvento. Schweinsteiger nasconde il volto dentro la maglia del Bayern. Sembra imploso. Sembra preda della vergogna, più che della disperazione.

Drogba (gol). Ha spalle ed esperienza sufficientemente ampie, inoltre sa che l'occasione è ghiottisima e che altre in carriera non ne avrà. Sa che la sua squadra è in debito con Eupalla da svariate stagioni di CL. Insomma, il momento atteso da anni è finalmente arrivato. Lo assapora passeggiando lentamente fino all'area, col pallone in mano. Mormora qualcosa fra sé e sé. La sua rincorsa è brevissima: due passi. Esecuzione impeccabile: bassa, veloce, incrociata, abbastanza angolata. Neuer si perde nel nulla, verso l'angolo opposto a quello in cui l'ultimo pallone si depositerà.

Non va dimenticato che, nel primo tempo supplementare, Robben aveva sprecato il possibile match-point (solo possibile, non sicuro, vista l'enorme capacità dei Blues di riemergere proprio quando il mondo li dà per spacciati) dal dischetto. Certamente, provato dall'errore, privato di qualsiasi forma di autostima, col morale sotto i tacchetti, ha preferito non entrare nella lista dei cinque. O forse non ce l'ha voluto Heynckes. Forse avrebbe fallito di nuovo, forse no. Resterà in molti il dubbio che, in fondo, uno specialista può anche non fallire due volte in mezz'ora; che è comunque un errore non costringerlo, anche controvoglia, a provare. Che, in una catena di errori imprevisti, è stato forse quello solo possibile ma che si è preferito a priori scongiurare a decidere l'esito della finale.

Mans