4 maggio 2012

Liga scozzese

Il presidente del Siviglia, José Maria Del Nido, l'ha definita una «Liga de mierda». Oxoniense espressione che traduce icasticamente i numeri: la terza e la quarta classificata, Valencia e Malaga, che andranno in Champions, sono a oltre 30 punti dal Real e dal Barça; le due finaliste di Europa League, Atletico Madrid e Athletic Bilbao, a quasi 50. I motivi sono noti (economici e politici) ma il dato di fatto è questo: il campionato spagnolo è divertente per i punteggi roboanti e i record polverizzati dalle due squadre, ma ormai si è ridotto al livello di quello scozzese quanto a palmarès.

2 maggio 2012, Estadio de San Mamés, Bilbao
Nel gesto ormai diventato di rito, José Mourinho è lanciato in trionfo
dai suoi giocatori dopo la conquista matematica della 32a Liga
José Mourinho corona la sua "prospettiva" vincendo nel quarto campionato diverso: non andrà molto oltre perché ha dichiarato che non allenerà mai in Germania e medita semmai il ritorno in Inghilterra prima di realizzare il suo sogno di allenare la nazionale del suo paese. Ma è un bel record e gli va dato merito. Allenatore tostissimo, capace di reggere pressioni enormi (nota Roberto Beccantini che la sua valvola di sfogo è il vittimismo, anche quando improbabile, come quando si siede sulla panca del Real), ha chinato il capo dopo la manita e una prima stagione in cui è stato asfaltato dal grande Barça del Pep, e si è rimboccato le maniche conquistando la Liga nei campi delle piccole squadre, là dove invece l'incerta stagione del Barça l'ha persa.

Eupalla però lo ha messo fuori dalla finale della Champions con un atto di giustizia: dopo aver sgominato CSKA Mosca e Apoel ha semplicemente incontrato un avversario superiore. Non è la prima volta che accade. La CL è il torneo più difficile ma anche quello che mette a nudo le qualità del gioco. Mourinho ha vinto una delle edizioni più modeste con il Porto e ha fatto il miracolo con l'Inter nel 2010, quando era già fuori a Kiev, ha beneficiato di generosi regali arbitrali con Chelsea e Barcelona (mettendo su al Camp Nou l'autobus a tre piani in area che Di Matteo ha rispolverato quest'anno), e meritato col Bayern in finale. Ma ha fallito ai rigori sia con il Chlesea sia con il Real.

Por què? Perché Mourinho gioca per se stesso ma non ha un'identità qualitativa, è camaleontico ma senz'anima. Scrive Santiago Segurola, vice direttore di "Marca", quotidiano fiancheggiatore del Real: "C'è più soddisfazione che felicità a Madrid. C'è distanza emotiva tra pubblico e squadra. C'è una ragione evidente: il Real non ha trasmesso in nessun momento un messaggio di felicità. E' stato un bunker, con una strategia di comunicazione basata sulla repressione. Una strategia che ha trasmesso ai tifosi un messaggio frustrante, ancor più di questi tempi spietati, con un paese distrutto economicamente e moralmente, con quasi sei milioni di disoccupati e una sensazione di collasso assoluto".

"Giocar male e vincere" mi sentenziò un amico spagnolo nell'estate del 2008 quando Mourinho era appena arrivato all'Inter. E così è stato e continua a essere. E' il suo grande limite: passerà alla storia dei palmarès (il suo coefficiente eupallico raggiunge ora i 44 punti: il che non è poco), ma difficilmente a quella del calcio. Sono pochi, in effetti, gli allenatori che hanno saputo combinare entrambe le cose: e sono i veri immortali perché vivono perenni nella memoria di tutti.

Azor