In Inghilterra sarebbe stato interessante monitorare la serata di Manchester, se all'Etihad Stadium non si fossero improvvisamente dissolte, nei minuti di recupero, nubi da tragedia incombente. La rimonta del City sul derelitto QPR, rimasto in dieci sull'1-1 per l'espulsione di Joey Burton (indimenticabile l'espressione del suo volto un istante prima della pedata assestata ad Aguero) e poi immediatamente passato in vantaggio (indimenticabili gli insulti rivolti da Mancini ai suoi defenders nella circostanza), è poi evoluto in un 3-2 che consegna la PL agli Sky blues dopo interminabili decenni. In Italia si discuterebbe per anni sul fatto che l'arcigna resistenza dei Rangers si sia ammorbidita appena saputo che il Bolton stava precipitando nello spettacolare inferno della First al posto loro; in effetti, i due gol sono parsi se non altro 'puliti' sul piano regolamentare, e almeno apparentemente non gentilmente concessi da chi desiderava condividere un epilogo festoso. Il quadro è reso ancor più fantastico se si tiene conto e si ricorda che Mark Hughes (manager del QPR) è stato non solo una bandiera dello United, ma anche allenatore del City, silurato a favore del Mancio non più di tre anni or sono. La logica del foot-ball e i disegni di chi invisibilmente lo governa, come al solito, sfuggono; loro, che dicono di averlo inventato, ci sono abbastanza abituati, visto che episodi di questo genere sembrano abbastanza frequenti (basterà evocare la rimonta oltre il 90' dello United sul Bayern in una finale di CL di alcuni anni fa; o il gol decisivo, per l'assegnazione della Premier, di Michael Thomas in Liverpool-Arsenal, ultima della stagione 1988-89).
In Italia finisce non solo la Serie A, ma anche la carriera ad alti livelli di alcuni campioni epocali: Del Piero, Nesta, Gattuso, Inzaghi, Seedorf. Su cinque, quattro sono del Milan, e alcuni di loro non si sono spesi in parole di elogio per il capo, l'incapace generale che ha portato la truppa allo sbando trasformando Milanello in un ospedale da campo e mostrando di non sapere elaborare alcuna strategia per evitare un insuccesso da nessuno pronosticato. E' legittimo il sospetto che, a fronte delle più o meno velate critiche di tramontati ma auterevolissimi campioni, la permanenza in panca di Allegri (che il buon senso vorrebbe già molto lontano dal Milan) non sia una scommessa irragionevole ma una scelta precisa e coerente. Sarà lui alla guida tecnica del club nelle stagioni dell'inevitabile declino; la mediocrità agonistica programmata dall'azionista di maggioranza (disincentivato ad investire dalla stanchezza e da oneri finanziari non 'ordinari') sarà doverosamente gestita da un tecnico mediocre ma ben allineato e adeguato al nuovo contesto.
Cesare Prandelli, commissario tecnico della Nazionale italiana dal 1° luglio 2010 |
Azor