12 maggio 2012

Una bella finale

Radamel Falcao è stato oggetto di ampia e meritata notorietà nei giorni appena trascorsi. Con due perle [rivedile qui] ha schiantato in meno di mezzora la difesa dell'Athletic, scaduta a mestissima broccaggine di fronte a cotanto bomber. Sappiamo che ha vinto da solo anche la finale dell'Europa League dello scorso anno col Porto, per poi passare all'Atletico Madrid per le modica cifra di 40 milioni: una follia presidenziale, perché è vero che occorreva sostituire degnamente Aguero, ma è altrettanto evidente che la rosa dei Colchoneros è buona ma non di primissimo livello, e Falcao appare meritare ben altri palcoscenici. Non a caso è dovuto arrivare in corso d'opera un ex come il Cholo per risollevarla. Simeone è un allievo di Bielsa, che ha avuto come CT della nazionale, e l'altra sera a Bucarest ha superato il maestro facendo mostra di modestia (una virtù che ha acquisito come allenatore, tanto il giocatore era sanguigno).

9 maggio 2012, National Arena, Bucarest
Radamel Falcao García Zárate scaglia nell'angolino
il primo gol della sua ennesima grande finale europea
La finale è stata bella, degna di questo nome. Primo tempo [qui] tutto dell'Atletico, che ha soffocato nella metà campo altrui, con un pressing mirato, l'avvio dell'azione dell'Athletic. Quando si è affacciato in area ha messo la palla nei piedi del suo bomber e ha incassato il dovuto. Schiacciati dagli avversari, i giovani centrocampisti baschi hanno palesato limiti di carattere ma anche tecnici, non riuscendo mai a saltare l'uomo e ad anticipare l'avversario. Bielsa ha cambiato cavalli all'inizio della ripresa e infatti l'Athletic ha dato il meglio di sé [qui] in quello che Wilson chiama "relentless attacking" e che ne ha caratterizzato la grande cavalcata europea di questa stagione. I Lehoiak hanno avuto le loro belle occasioni, un po' sciupate e un po' infrantesi sullo scoglio di un portiere di grandissimo avvenire (annotiamoci il nome), Thibaut Courtois, un belga in prestito sul Manzanarre ma di proprietà del Chelsea. Insieme a Neuer è al momento l'estremo europeo più giovane a mostrare grande concretezza (e risultati). Il sigillo dell'ex bianconero Diego è stato solo il segno della nemesi dopo tanto sciupio.

Rimarranno nella memoria le lacrime vere e dirotte di molti giocatori baschi alla fine della partita [qui le emozioni], consapevoli dell'impresa sfiorata dopo 35 anni e della difficoltà di ripeterla a breve, nonostante il bel calcio mostrato: verticale e tattico, come nello stile delle squadre del Loco. Ha vinto invece, con merito, la solidità di un calcio accorto ma non vocato alla sola copertura come quello proposto da Simeone (temprato dall'annata italica): 12 vittorie consecutive non sono casuali ma il segno di un grande torneo condotto dall'Atletico. Lo eccede, lo ripeto, il suo bomber: un bond sicuro, uno dei pochi attaccanti contemporanei capace di tenere palla in area e di puntare alla porta in tutti i modi (destro, sinistro, testa, botta, cucchiaio, zampata, etc.: vedine qui un repertorio). Un'epifania consolante.