20 giugno 2012

L'antiromantico

19 giugno 2012, Donbass Arena, Donetsk
Il posizionamento di István Vad
István Vad è un arbitro internazionale di modesta caratura [scheda]. Probabilmente non passerà alla storia come l'altrettanto modesto pedatore Jean-Marc Bosman, ma rischia di essere lui uno dei responsabili maggiori dell'archiviazione della sperimentazione dei giudici di porta, fortemente voluta da Le Roi. Ieri sera Vad non ha visto dentro il pallone del possibile pareggio dell'Ucraina e ha invece giudicato sulla linea la respinta disperata di John Terry sul tiro di Marko Dević. L'impressione è che Vad fosse mal posizionato, troppo distante dalla porta, il che è quasi un paradosso. Si ricorderà come inizialmente i giudici fossero stati previsti e disposti oltre il secondo palo rispetto ai guardalinee, diciamo a vertice della diagonale dell'arbitro; poi è stata evidentemente valutata la convenienza di spostarli anch'essi dalla parte del guardalinee lasciando all'arbitro tutta la responsabilità della visione sul lato opposto dell'area. Ma è la distanza dal palo ciò che conta: ci sono giudici che stanno tra questo e l'intersezione dell'area di porta (così, per esempio, mi ricordo di aver visto più volte Tagliavento che assiste Rizzoli in questo Europeo), altri che stanno tra questa e quella dell'area di rigore. Vad ieri ha sempre stazionato in questa zona, come si evince dalla foto qui sopra, a una distanza superiore perlomeno ai 5,5 metri di traccia della linea: diciamo che stava almeno a 8 metri, quindi, a spanna, almeno a 10 metri dal piede di Terry. Probabilmente è anche per questo che non ha saputo ben valutare l'unica azione critica in cui era richiesta la sua expertise. Ha fallito miseramente.

La sua però potrebbe essere la piuma che fa franare un edificio. Il 5 luglio si riunirà infatti uno dei club più anacronistici e incredibili del mondo del calcio, l'International Football Association Board, un'accolita di 8 persone, di cui quattro designati dalle federazioni calcistiche di Scozia, Galles, Inghilterra e Irlanda del Nord. Uno spasso come la Benny Hill' Club Band, più o meno, non fosse che, sotto l'apparenza austera e british (più whisky che birra in sostanza), sia ormai al soldo del capostazione svizzero. Il quale, non avendo mai giocato al calcio, non ne percepisce il fascino antico che ha invece vissuto Roi Michel, che, non a caso, sostiene che bisogna mettere nel gioco gli errori arbitrali così come quelli dei giocatori e degli allenatori, senza cedere alle tecnologie. È una visione romantica del calcio - la stessa evocata da Dino Zoff nell'intervista al momento del suo ritiro da giocatore ("Cosa le mancherà di più?". Risposta: "L'odore dell'erba") - che dobbiamo riconoscere a Le Roi. Ha ragione lui: la tecnologia snaturerà il gioco più bello del mondo, che è fatto anche delle sue sviste e delle sue polemiche (memorabile l'incazzatura di Oleh Volodymyrovyč Blokhin [si pronuncia Blokìn, con l'accento sulla i: la fonte è sempre Vassilij] di ieri sera). Ci attende un calcio anestetizzato, brutto come questi anni di devices e protesi digitali. Ci attende non perché Herr Blatter non sia romantico a sua volta, ma perché prevale in lui l'affarismo (quello che ha portato alla non limpidissima - eufemismo - designazione del Quatar, per intenderci): installare le tecnologie è un boccone enorme, con percentuali e fette di torta per tutti. Altro che pasticceria da campo. È per questo che ce l'avremo per sempre con Vad, l'antiromantico.

Azor