29 giugno 2012

La legge di Mario

Quando ero ragazzo impazzivo per Maradona. Facevo carte false per andarlo a vedere. Percepivo che stavo vivendo un momento storico, avevo l'opportunità di ammirare dal vivo il più grande poeta del pallone di tutti i tempi, colui il quale superava le appartenenze particulari, creando, cibandolo di roba sopraffina, un unico grande consorzio civile: quello dei figli di Eupalla. Nonostante le emozioni irripetibili che quell'uomo mi ha dato e ha dato a milioni di persone in tutto il mondo, c'erano parecchi fenomeni del "giusto" che non mancavano mai di commentare: "si, grande calciatore, ma come uomo...". Come uomo che? Ho sempre sopportato poco questo atteggiamento verso gli altri, siano essi calciatori o fontanieri. Sono livelli che non si intersecano mai e se anche, accidentalmente, si intersecassero personalmente non me ne fregherebbe nulla. Si sa, ci sono persone che, incapaci di aggiustare la propria vita, si occupano di mettere ordine in quella degli altri. Maradona sta al calcio come Michelangelo sta alla scultura, come Einstein sta alla fisica e io ai bucatini alla amatriciana.

E questo che c'entra con ieri? C'entra eccome. Mario Balotelli, dopo aver schiantato la corazzata crucca, ha zittito tutti i moralisti, ignorantissimi di calcio, che ne hanno scritto peste e corna per mesi e mesi, senza mai concentrarsi sull'unica cosa che conta davvero: il suo talento. Ieri, dopo la gara, si è presentato davanti alle telecamere RAI ed è apparso per quello che è: un ragazzo timido, imbarazzato di fronte alle sollecitazioni dei giornalisti, sinceramente commosso quando ha risposto alle domande dei cittadini emiliani colpiti dal terremoto e profondamente umano quando ha parlato della mamma Silvia, presente ieri allo stadio. Di Balotelli, negli ultimi mesi, si è parlato solo per quello che non ci riguarda affatto ovvero che tipo di persona è. E chissenefrega! A me personalmente niente. Ieri ha mostrato a tutti quello che gli amanti del pallone sapevano già: è un fenomeno. Un calciatore potente, scaltro, di una straordinaria intelligenza tattica (rivedersi il movimento sul primo gol, please), che usa le sue armi con eccezionale maestria. Evviva Mario! L'importante è non snaturarlo. Non è un'educanda e non lo sarà mai (per fortuna). Grazie anche oggi a Cesare per averci restituito questa meravigliosa realtà: un gruppo unito, che ci crede perché, come ho scritto all'inizio del torneo, il calcio è un gioco e chi pensa sia un'altra cosa è destinato a soccombere (vero Sblatter?). "Giocare a calcio", non "praticare il calcio" e non "fare calcio". Il lavoro è lavoro e talvolta, anche se il tuo ti piace, può annoiarti. Ma non può essere la regola, altrimenti lo fai male ed è un problema serio. Mario lo sa, lo sapeva in anticipo, prima dei soloni che ne narravano solo le gesta notturne (invidia eh?) e ieri ce lo ha sbattuto in faccia. Lo ha sbattuto in faccia soprattutto ai tedeschi (ormai gli è rimasta solo la psicanalisi). L'atto IV è finito come doveva finire, con una lezione di calcio come raramente si è visto in competizioni di questo livello. La Germania non ha giocato male e per alcuni tratti della gara ci ha messi in difficoltà, ma era la semifinale degli europei e c'era da aspettarselo. Complimenti ai kartoffeln, ma in finale ci andiamo noi!

E ora sotto con i toreador: sarà partita durissima, ma possiamo batterli. Rivivo Spagna 82, una nazionale commovente, esaltante, specchio di un paese che, nella sua parte migliore, non vuole scendere a compromessi con la sua dignità.

28 giugno 2012, Stadion Narodowy, Warszawa
Finalmente! Mario esulta dopo aver bucato Neuer per la prima volta
Perdere la finale sarebbe una bella rottura di scatole, ma non pensiamoci. Anche domenica dovrà prevalere la legge del più forte, la legge di Mario.

Cibali