13 agosto 2012

Buone le prime

Nel week end appena trascorso si sono disputate le prime partite ufficiali delle principali leghe pedatorie europee, vale a dire le supercoppe di varia denominazione. Potremo risparmiarci la malmostosità e la maleducazione di Mourinho ancora per una decina di giorni e poi il quadro sarà completo, ma di isterismo e cattivo gusto hanno subito dato prova giocatori, staff e dirigenti di Napoli e Juventus, come ha già rilevato Mans. Ed espulsioni e scene isteriche si sono viste anche al Villa Park. Non salgo infatti sul carro del tafazzismo stile "Repubblica", che ha subito sparato in prima pagina l'ennesimo commento moralista sui vizi pedatorii italici condito dal sottotesto luogocomunista che gli altri paesi sarebbero "più seri" (una favoletta cui ormai amano credere solo i nesci). Più semplicemente credo che, con l'educazione e la cultura proprie a ciascun interprete (lusitano, partenopeo, manchesteriano, sabaudo, etc.), siamo di fonte alla tassa che dobbiamo pagare a un calcio che muove interessi economici ("particulari et universali", come avrebbe detto Niccolò da Percussina) resi ancora più esasperati dalla crisi finanziaria internazionale. Le cifre restano enormi (benché non quanto quelle che girano intorno ad altri carrozzoni come la Formula 1 o la NBA) ma i margini di profitto si stanno assottigliando anche nel circo Barnum del pallone: inevitabile che le tensioni anziché scemare si riattizzino.

12 agosto 2012, Allianz Arena, Monaco
Mario Mandzukic contende una palla di testa a Neven Subotic.
Il croato ha debuttato nella sua nuova squadra con un gol al 6°
Qui però vorrei parlare di campo, avendo visto due matches su tre. Della Deutscher Fußball Bund Supercup ho guardato infatti solo gli HL [vedi] e letto qualche resoconto [vedi] e dunque non posso dire con competenza. Mi limito pertanto a rilevare il netto predominio del Bayern sul Borussia Dortmund e la firma immediata del nuovo arrivo tra i bavaresi: la nostra vecchia conoscenza Mario "Manzo" Mandzukic, che meritava prosceni più blasonati e che con questo bel debutto promette di non sfigurare.


Ho visto invece la finale italica [scheda] e quella albionica [HL | FM] e ne ho tratto alcune buone sensazioni. Quattro tecnici italiani, due dediti al "gioco giocato", per dirla con Cesare nostro, e due più legati alla tradizione del gioco all'italiana. I primi avevano vinto la lunga marcia dei rispettivi campionati, i secondi le coppe nostrane e, Roberto Di Matteo, la Champions. In gara secca, ed entrambi in rimonta, questa volta hanno prevalso Antonio Conte e Roberto Mancini, anche se hanno certamente pesato le (peraltro ineccepibili) espulsioni che hanno costretto in dieci il Chelsea per 50 minuti e in nove il Napoli per la mezz'ora supplementare.

La qualità del gioco, affidata a campioni di vario calibro, è stata adeguata all'occasione e - val la pena rimarcarlo - il calcio italico non ha sfigurato al confronto, anzi. Le partite sono state entrambe belle: emotivamente più intensa quella di Pechino, agonisticamente più tirata, fino all'ultimo, quella di Birmingham. Merito degli interpreti, dai Cavani e Pandev ai Torres e Lampard (per dir solo dei perdenti), ma anche di chi li ha messi in campo. Una partita non può far testo, ma certo piace rilevare come abbiano prevalso, alla fine, le squadre che hanno cercato costantemente di costruire il gioco.

12 agosto 2012, Villa Park, Birmingham
Carlos Tévez sgancia al 53° la sua bomba destinata all'angolo alto
di sinistra della porta di Petr Čech. E' il gol del sorpasso del City
La Juve ha sofferto a lunghi tratti l'adescamento del Napoli - e memorabili sono gli spazi immensi concessi a Cavani e a Pandev in occasione dei gol -, ma ha sempre tessuto la trama, anche con un Pirlo in giornata non ispiratissima, trovando i gol nei modi più vari: al volo d'esterno su rovesciamento di fronte, liberando le punte, mettendo pressione sui difensori (caduti al rigore e all'autorete). Anche il Manchester ha sofferto le ripartenze (più corali rispetto al Napoli) del Chelsea, ma ha sempre ricucito con pazienza il tessuto del suo gioco che si affida poi alla qualità individuale dei finalizzatori, che siano le bordate da fuori di Touré, le percussioni del Bufalo o i tocchi di fino di Nasri.

Sei gol a Pechino e cinque a Birmingham (e tre a Monaco) rivelano anche una felice tendenza realizzativa, specchio di un gioco meno speculativo rispetto a un passato anche recente. Certo, Walter Mazzarri e Roberto Di Matteo sono culturalmente portati a un gioco di rimessa ("reattivo", direbbe Wilson), che insegue la posizione più che il possesso. Ma entrambi, ovviamente, non rinunciano alla ricerca del gol, anche se Torres non ha la potenza devastante di mettersi sulle spalle la squadra che aveva Drogba e il nuovo arrivato Hazard è apparso ancora spaesato; anche se la volate di Lavezzi restano probabilmente insostituibili e Pandev ha limiti caratteriali (come si è visto) e realizzativi che alla lunga peseranno.

Per concludere, provvisoriamente come è opportuno sulla soglia della stagione: il calcio di élite del continente è partito col piede giusto, proseguendo nella traccia culturale lasciata dal grande Europeo di giugno. Perseguendo il gioco giocato. Speriamo che in corso d'opera lasci un po' indietro anche il calcio sguaiato e isterico.

Azor