30 aprile 2012

Mestissimo derby

E così i noisy neighbours hanno dato la paga a sir Alex ... In una partita di scarso contenuto spettacolare dominata tatticamente dal City, lo United non è stato capace di costruire nessuna occasione da gol a fronte di qualche nitida palla portata dai cugini nelle vicinanze di De Gea (ma, si noti, i portieri non hanno fatto alcuna parata in 97 minuti), che alla fine hanno meritato la vittoria (incornata di Kompany su calcio d'angolo allo scadere del primo tempo). Tutto qua, ed è poco, tutto sommato, a fronte delle attese mediatiche e dei devoti a Eupalla.

30 aprile 2012, Etihad Stadium, Manchester
Sir Alex Ferguson battibecca
con il commoner Roberto Mancini 
Il dato interessante è che quest'anno Mancini ha battuto due volte Ferguson: a tennis all'Old Trafford [vedi], con il punteggio classico all'Etihad. Sei punti negli scontri diretti e differenza reti di più 6. Ciò consente ai Citizens di essere provvisoriamente primi a due giornate dalla fine di una non memorabile stagione di Premier, guidata da due squadre uscite ai gironi di Champions e poi eliminate agli ottavi anche in Europa League. Avanti di cinque punti in autunno, il City ne ha concessi 13 allo United durante l'inverno. All'inizio di aprile i giochi sembravano fatti (soprattutto dopo l'ultima pirotecnica espulsione di Mario) e invece la banda del Mancio (un vero carro di Tespi) ha ripreso otto punti in tre partite ai rivali. Il tutto si spiega, a mio avviso, con l'abbondanza di ronzini e mesti pedatori che farciscono le due squadre, che hanno pochi giocatori di qualità effettiva a fronte di molta corsa.

D'altra parte, il livello del calcio inglese è attualmente questo: il Chelsea in finale di Champions grazie all'autobus a tre piani parcheggiato in area da Di Matteo; la nazionale affidata al buon vecchio Roy Hodgson (allenatore di fascia F e coefficiente eupallometrico 6,5: vedi VQA) anche per la pochezza dei concorrenti allenatori inglesi (brilla Redknapp, figuriamoci ...); valanghe di gol in quasi tutti i campi grazie a difese semplicemente ridicole; un mesto spettacolo come quello di stasera. Non è certo dalla patria di Albione che potrà venire a tempi brevi una parziale consolazione dopo l'abbandono del Pep. Quando potremo tornare a vedere del bel calcio?

Azor

30 aprile 2012, Etihad Stadium, Manchester
Manchester City - Manchester United 1:0
Tabellino | HL [10:35] | FM 1t - 2tCommento tecnico [6:26]Racconto fotografico | Analisi tattica

27 aprile 2012

Tributi

"Il calcio mondiale in un giorno come oggi non può che inchinarsi e rendere omaggio a Pep Guardiola, al suo Barcellona e al suo magnifico gioco: per quattro anni ci hanno regalato brividi, emozioni, sussulti, ammirazione, gioia completa, appagamento totale. Il calcio era una cosa bellissima, ai tempi del Barcellona di Pep" (Andrea Sorrentino, La Repubblica)

"E' grazie ad allenatori come Pep che il calcio si evolve e modernizza tanto da rimanere dopo 100 anni ancora lo sport più seguito ed amato nel mondo. Il Barça è squadra non solo nello spirito dei propri giocatori o per la loro abilità, c'è un gioco illuminante che ne moltiplica le qualità individuali e le possibilità di successo. Guardiola e questo Barça sono già nella storia per uno spettacolo unico e nuovo che ci hanno offerto. Indimenticabili le loro partite, il loro calcio ipnotico, i concetti innovativi sia difensivi sia offensivi (il Barça si difende correndo in avanti quando tutti corrono indietro) e vedi l'utilizzo di tutti gli 11 elementi compreso il portiere in un movimento continuo e continuato. Rimarrà nella storia la straordinaria padronanza del campo, del possesso, la fantasia, la tempistica di gioco, il pressing, ecc. Pep è stato l'autore, il regista di tutto ciò. Se ne va perché ad essere innovatori ci si brucia prima e si rimane senza energie. Si deve sostenere uno stress fortissimo, non ci sono alibi: devi vincere e convincere, quando agli altri basta solo vincere. Il ricordo del suo calcio rimarrà scolpito nella mente di tutti. Grazie grande Pep!" (Arrigo Sacchi)

"Estoy triste. Hoy es un día triste. Se va el mito del Barça, el último mohicano de la era Cruyff"
(Hristo Stoichkov)

"Me siento orgulloso de que haya entrenadores españoles de la categoría y preparación de Pep Guardiola" (Vicente del Bosque)

"Yo no había visto nunca un equipo como el Barça. No había visto nunca tener una técnica colectiva capaz de dominar el partido de una manera tan abrumadora" (Jorge Valdano)

"The king is dead, long live the king …" (World Soccer)

"Pep Guardiola's final season at Barcelona became like a Greek tragedy – the hero aware of his destiny yet unable to avert it" (Jonathan Wilson, The Guardian)

"Johan Cruyff laid the foundations and Frank Rijkaard embellished the superstructure, but it was during Guardiola's time that the work reached fruition. Steeped in the club's history and traditions, the young Catalan, in his first senior coaching job, was able to distill the essence of the Barça style and to present it as a new philosophy of the game. He did so with a grace and an intelligence, and a refusal to seek personal attention, that shamed some of his rivals" (Richard Williams, The Guardian)

"Todo empezó en el verano de 2008 eliminando al Wisla polaco para entrar en la Champions y continuó con un triplete histórico. Luego fueron llegando una catarata de títulos, hasta 13, que han puesto al Barça en el podio más alto del fútbol mundial. Se va Pep, pero deja un enorme legado, no solamente futbolístico sino en cultura y valores. Ha sido un embajador ejemplar del Barça allá donde ha llegado su voz. Gracias por todo Pep" (J.M. Artells, Mundo deportivo)

"Sans faire de Guardiola un saint ou un Gandhi des bancs de touche, il est évident, à l'observer, à écouter ceux qui le connaissent, que l'homme n'a pas l'âme d'un mégalomane, d'une rockstar, d'un homme providentiel. Le chaos lui succèdera peut-être, et l'entraîneur pêche sans doute par naïveté en pensant que le vestiaire acceptera avec autant de respect les ordres d'un subalterne, plutôt que ceux d'un homme qui avait déjà tout gagné avec le Barça. Mais en s'exposant à la critique par d'ultimes choix pas loin d'être déroutants, Guardiola est descendu de son piédestal de lui-même, et a revendiqué un droit à l'expérimentation, à l'erreur, vital pour son successeur" (Thomas Goubin, So Foot)

"Pochi ricordano che il suo debutto estero fu contro la Fiorentina di Prandelli nel luglio 2008 al Trofeo Franchi. Alla nostra terra è legato e lo scorso anno gli ho consegnato le chiavi della città. Devo dire che mi ha colpito lo scambio di sms dopo l'eliminazione di martedì contro il Chelsea. Pep mi ha scritto sul valore morale della necessità di mantenere la dignità nella sconfitta. Facile essere grandi quando si vince. Meno facile, ma forse più bello, essere grandi dopo una sconfitta. E per me Pep Guardiola, ovunque andrà, rimarrà un grande" (Matteo Renzi, sindaco di Firenze)

14 aprile 2009, Fußball Arena, München
Espulso nella partita d'andata, il Pep, squalificato, segue il ritorno dei quarti di CL con il Bayern
insieme ai tifosi del Barça in tribuna: l'esultanza dopo il gol di Keita

L'adéu de Guardiola (FC Barcelona)
Graciès Pep! (Barça TV)
Auguri Pep! (La Gazzetta dello Sport)
«In volo» dopo le vittorie (Il Corriere della sera)
(Mundo deportivo)
Las portadas de Pep (Mundo deportivo)

"José Mourinho recently said that Pep Guardiola should be given a contract at Barcelona for '50 years'. 'I thought José loved me more than that!' Guardiola joked" (The Guardian)

Che Eupalla sia con te

"Alla base del gioco c'è e ci sarà sempre il divertimento del passaggio.
Il pallone è il giocattolo, chi lo tiene si diverte" (Pep Guardiola)

Grazie

Josep Guardiola, epocale allenatore del Futbol Club Barcelona dal 2008 al 2012

Poca Fiesta

25 aprile 2012, Estadio Santiago Bernabeu, Madrid
José Mourinho riceve in ginocchio il verdetto di Eupalla
Con perfetto tempismo Standard & Poor's ha declassato il rating della Spagna dopo il fracaso total nelle semifinali di Champions. Il calcio è meraviglioso proprio perché consegnato al più profondo dei misteri agonistici: il Barça in 180 minuti domina il gioco, crea infinite occasioni, prende pali e traverse e rimane a casa; il Real maramaldeggia a folate ma subisce sui 210 minuti la teutonica applicazione di un calcio votato alla ricerca del gioco, e alla fine anche Mourinho deve inginocchiarsi a Eupalla (benché troppo tardi). In fase di previsione (pronostico è parola eccessiva) avevo colto i possibili margini di impresa che la fragilità delle due spagnole lasciava ai vecchi bucanieri del Chelsea e ai ragionieri bavaresi del Fußball. Per i motivi che abbiamo già detto il Barça 2012 non è quello dello scorso anno e al Real manca, come a tutte le squadre dello Special One, un'identità di gioco: l'autobus a tre piani di Di Matteo e l'astuzia volpina di Jupp Heynckes hanno messo i bastoni giusti negli ingranaggi fragili dei due Titanic iberici, colati a picco nello stupore dei nesci.

Ora si sprecano i commenti sulla fine del ciclo azulgrana. La questione, a mio avviso, è mal posta. E' una bestemmia bella e buona al bel calcio ritenere che una squadra con giovani nel pieno del loro fulgore agonistico come Messi, Villa, Sanchez, Piqué, etc., e corroborata dall'esperienza di anziani come Xavi, Puyol e Iniesta, etc., possa aver chiuso il suo ciclo. Semmai si è chiusa la grandiosa epopea guidata dal Pep: colui che rinunciò a Ronaldinho, Etoo e Ibrahimovic per creare un'epifania mai vista fino ad allora, uno stile di gioco fondato sul possesso della palla e su un continuum inedito tra pressing e costruzione, portato in quest'annata di appannamento fino alla sperimentale rinuncia ai cross e agli attaccanti: solo centrocampisti, palla a terra, triangoli e percussioni centrali, come ha rimarcato da tempo con finezza Luigi Garlando. E' probabile che oggi il Pep annunci l'addio, logorato dall'impresa memorabile e dal capolavoro creato per noi tutti in questi anni. Il suo ciclo è finito, ma non quello del Barça, che è un "sistema" e non un'improvvisazione come il Real. Il futuro sarà diverso e sarei curioso di vederlo guidato dal Loco.

Il quale ieri sera, in Catedral, ha riportato il Bilboko Athletic Kluba (ofizialki Athletic Club) ai fasti di una finale europea dopo 35 anni (lo beffò la Juve del Trap: Zoff, Cuccureddu, Morini, Scirea, Gentile, Tardelli, Furino, Benetti, Causio, Boninsegna e Bettega, e scusate se è poco ... [la si può rivedere qui]), grazie anche a una manica di giovanotti di grande talento (oltre al pupillo Iker, segnalo almeno Ibai Gómez e Javi Martínez) e a un gran giocatore nel pieno della sua maturità come Fernando Llorente, che ieri sera ha deliziato i cultori con un assist magnifico e un gol di grande tempismo e che probabilmente sarà chiamato a sostenere l'attacco della Roja, orfano di Villa e dimentico di Torres, ai prossimi osteuropei. A Bucarest (!?!) tra meno di un paio di settimane dovrà però vedersela con la vera armata madrilena, quella dei Colchoneros (vulgariter materassai) guidati da una nostra vecchia e cara conoscenza, Diego Pablo Simeone, che ieri sera ha suggellato una striscia di 11 vittorie consecutive in Europa (in un torneo di assurda lunghezza cominciato il 28 luglio e che costringerà i madrileni a 19 partite complessive [qui la distinta]). Ma il 9 maggio sarà Fiesta comunque.

24 aprile 2012

Sunset

E' stata una battaglia indimenticabile. Le rincorse di Drogba, la dolorosa maschera di Terry dopo l'espulsione, il magnifico gol di Iniesta, gli orridi sprechi di calcio perpetuati dal misteriosissimo Cuenca, Messi che centra di potenza il legno dal dischetto, il deserto nella metacampo del Barça che si offre alla cavalcata del  principale castigatore, il redivivo Fernando Torres. I blaugrana schierati a un certo punto dal Pep come fossero la Pro Vercelli nel 1912. Le due trincee scavate da Di Matteo, sempre perfettamente equidistanti, la lentezza della Philarmonica nel cambiare i fronti d'azione. Il Chelsea che, dallo 0-2 (punteggio che lo elimina dalla competizione) e in inferiorità numerica, risale fino al 2-2 (score che naturalmente, invece, lo porta a Monaco). Una partita logica e illogica al contempo, che consegna il Pep a una stagione da perdente. Una squadra sfibrata da se stessa e dal proprio splendore. Uno splendido, epico tramonto.

Mans
24 aprile 2012, Camp Nou, Barcelona
FC Barcelona - Chelsea FC 2:2 (2:1)

22 aprile 2012

La scommessa

Immagino che ora si sprecheranno le analisi sulla crisi del Barcellona. L'appannamento è evidente e nei fatti e non è detto che martedì sera non ci scappi una clamorosa esclusione dalla finale di CL, come già nel 2010 se - come probabile - Di Matteo erigerà un'altra barricata (El Mundo deportivo ha scritto che a Stamford Bridge RDM «ha messo un autobus di tre piani davanti al portiere» e che il gioco della sua squadra «ricorda quello rancido dell’Inter di Mourinho»). A me pare che il dato sia fisiologico: ogni grande squadra che apre un ciclo vive momenti di alti e bassi. Come ho già scritto in tempi non sospetti, l'hapax è stato raggiunto nel 2011, quando la squadra di Guardiola era imbattibile, sia nei confronti roventi con il Real sia in Europa.

15 dicembre 2011, Nissan Stadium, Yokohama
David Villa lascia il campo dopo essersi fratturato la tibia
Perché a distanza di un anno non è più così? Cause molteplici, non una sola: tensione che cala, appagamento, presunzione, etc. Molto hanno pesato gli infortuni e la perdurante condizione non smagliante di uomini chiave come Xavi, Iniesta, Piqué e, in particolare, l'assenza di Villa o comunque di un attaccante vero (nemmeno Sanchez lo è, nonostante la sua entrata in campo negli ultimi venti minuti dell'altra sera abbia spostato il peso della squadra in avanti). Per necessità e forse per desiderio di sperimentazione estrema il Pep quest'anno ha finito per estendere la presenza dei centrocampisti in tutti i ruoli (come ha osservato giustamente Luigi Garlando sulla Gazzetta del 20 aprile): lo scorso anno la difesa faceva perno su Puyol e Piqué (che garantivano anche la possibilità di giocarsi di testa la carta dei corner), quest'anno no, perché il secondo si è involuto; in avanti si è visto come Fabregas, Iniesta e lo stesso Alexis non siano dei bomber. Tatticamente, la differenza più evidente è che la squadra non riesce più a fare la transizione immediata dello scorso anno: persa la palla partiva immediatamente la caccia a recuperarla (pressing e possesso erano un continuum meraviglioso, mai visto fino ad allora), adesso invece la squadra ripiega e attende, e subisce.

E' il Real che appare avviato a vincere non solo la Liga ma anche la CL. La squadra è grosso modo quella dello scorso anno, però con un training di 12 mesi in più. Non è che negli scontri del 2011 abbia giocato tanto diversamente dall'altra sera: la differenza sta nel chiasmo col Barça. I catalani sono in calo, i madrileni in ascesa. Questo è sufficiente a spostare l'equilibrio. José Mourinho è un personaggio non simpatico (eufemismo), ma è senza dubbio uno dei migliori allenatori in circolazione come mostra il fatto che vinca ovunque vada. Eppure c'è un eppure. Ha scritto mastro Arrigo nella prefazione al bel libro di Sandro Modeo L'alieno Mourinho [in parte leggibile qui] che Mou «usa moduli e sistemi diversi [...], non possiede uno stile di gioco unico e neppure un'identità definita [ma] si adatta all'avversario come un guanto a una mano [...], dimostrando duttilità, conoscenze e fantasia». Il problema di Mourinho è dunque la storia. Rischia infatti di entrare solo in quella statistica dei palmarès e non in quella della memoria. Le sue squadre sono camaleontiche perché perseguono lo scopo egocentrico del loro direttore d'orchestra: vincere per sé e non per lasciare una traccia originale nella storia del calcio.

José Mourinho
18 marzo 2012
Estadio Santiago Bernabeu, Madrid
Noi ricordiamo ancora, per esempio, il Balckburn Rovers degli anni ottanta dell'Ottocento perché vinse tutto il vincibile adottando sistematicamente e perfezionando il nuovo stile di gioco del passing game (che era stato "inventato" in Scozia nel decennio precedente), o l'Aranycsapat degli anni cinquanta del Novecento che tra le altre cose demolì anche il superiority complex albionico in una delle dieci partite di sempre (Wembley Stadium, London, 25 novembre 1953: visibile qui), per non dire dell'Inter di Herrera che portò il gioco all'italiana a vette impensabili, etc., etc. Al contrario, i nomi di molti allenatori vincenti del secolo e mezzo della storia del calcio giacciono solo nei repertori statistici. Il destino di Mourinho rischia di essere quello di riposare in futuro negli strumenti di reference e di essere ricordato semmai per i suoi comportamenti strafottenti e vittimistici [un bel catalogo è qui].

Dunque la sua sfida personale al mondo non può più eludere una scommessa: lasciare un segno originale nelle idee di calcio. Potrà vincere ovunque ma non ricorderemo quale sia stata la sua identità di gioco. La memoria è selettiva e non la fanno solo i vincitori.

Unfit

21 aprile 2012

Un Clásico storico?

La delusione di Leo Messi
In un Clásico probabilmente destinato a rimanere storico, il Madrid esce da Camp Nou con una vittoria onesta, e persino logica. Nel primo tempo ha dominato. Ha impedito alla Philarmonica di accordare gli strumenti; il pressing dei quattro attaccanti, e l'avanzata costante delle altre linee ha tolto al Barcellona spazio e tempi di gioco, ha prodotto intercettazioni e deviazioni di traiettorie, ha costretto Xavi e Messi a stonature e geometrie sbilenche.

Per la prima volta a questi livelli il Real sembra avere una configurazione precisa, un'armonia fra i reparti, un disegno di gioco non velleitario. Mou è riuscito ad ottenere dai solisti dell'attacco dedizione e fiato per rincorse e raddoppi, specie su Xavi, spesso contrato da dietro, in recupero. La zona di campo dove normalmente il Barça trasforma il calcio in calcetto, irretendo gli avversari fino alla confusione e allo smarrimento di ogni distanza e posizione, è stata per tutto il primo tempo autorevolmente presidiata dai blancos, che oltretutto (e anche questa è una novità) hanno mostrato di non soffrire psicologicamente i rivali e lo stadio.

Per la prima volta, ancora, il Barça è parso soffrire un gap fisico (centimetri e tonnellaggio) finora relegato e relegabile a mero e inutile dato statistico. Una partita di straordinaria intensità, decisa da CR, finalmente all'altezza della sua fama, per quanto spesso irritante. Inutile, nel secondo tempo, la progressiva presa di possesso del gioco dei blaugrana, andati a rete nell'unica furente verticalizzazione Messi-Iniesta, portata a compimento da Sanchez dopo i vani assalti di Tello e Thiago. Proprio quando sembrava potessero come sempre negli ultimi anni beccheggiare come avvoltoi su avversari stremati e annichiliti dalla delusione, si sono lasciati uccellare da un'azione di contropiede concretamente portata (dopo tante sprecate), lasciando l'impressione che - insieme all'appannamento generale del gioco - il loro handicap attuale sia costituito dall'assenza di almeno un altro vero (e forte) giocatore di ruolo in difesa. E di un puntero che supplisca alle pause realizzative della Pulce; la mancanza di Villa, contro il Chelsea e contro il Real, è sembrata non solo importante: decisiva.

Mans

21 aprile 2004, Camp Nou, Barcelona
FC Barcelona - Real Madrid CF 1:2
Tabellino | HL [3:19] | FM 1t - 2t | Analisi tattica

20 aprile 2012

Nulla di memorabile

Rapido commento alle quattro semifinali "iberiche". Come avevo subodorato, le due big spagnole hanno faticato assai contro avversari ostici: pochi lo hanno messo in rilievo, mi pare, ma hanno perso entrambe. Certo, di misura, ma hanno perso: male il Real, immeritatamente il Barça. Al ritorno avranno la possibilità di rimediare, ma un gol del Bayern e del Chelsea complicherebbe molto le cose. Vedremo quali strascichi lascerà il Clásico di sabato notte, per il quale avverto nell'aria un pareggio abbastanza mesto.

Una basca in gita a Lisboa
19 aprile 2002, Estádio José Alvalade
Nell'Europa B, El Cholo rischia di ghermire la coppa, benché la difesa sia da registrare sui calci da fermo. Dal Vicente Calderón segnalo il gol più bello dei 13 segnati (e noto la buona media di 3,25 gol a semifinale): Radamel Falcao García Zárate, alla decima rete in coppa quest'anno (dopo le 18 dello scorso anno con la maglietta del Porto), in contropiede con ampia circumnavigazione di due ronzini centrali e bordata di sinistro nell'angolino opposto (si gusta qui). Al José Alvalade, invece, un Athletic senza vena (e con un convalescente Muniain) butta via nella mezz'ora finale il vantaggio parziale sotto la pressione degli assatanati Verde e Brancos. Come al Real basterà però un solo golletto al ritorno per andare in finale: e infatti le darei per le più sicure finaliste. Al Barça e al Valencia occorreranno invece due reti (sempre senza subirne): difficili per la prima, ardui per la seconda.

17 aprile 2012

Le topiche di Mou

17 aprile 2012, Fußball Arena, München
José Mourinho in una sua classica espressione
Spero si sia notato. Al 68' Mou toglie Ozil, mette Marcelo e sposta CR sulla fascia destra. Da qualche minuto la pressione del Bayern è insistente ma non tambureggiante. Marcelo è leggermente più disponibile a contenere su Lahm, mentre CR naturalmente, correva solo dietro al pallone, lasciandogli campo e scommettendo sulla propria libertà in eventuale e rapido rovesciamento dell'azione. Intorno al 75', tuttavia, Marcelo si sposta inspiegabilmente a destra. Heynckes porta allora Ribery dall'altra parte del campo, vicino a Robben e a Lahm; cosicché all'88 sulla fascia sinistra del Real si sviluppa una situazione di inferiorità numerica tale da consentire a Lahm di irridere Coentrao e mettere un bellissimo pallone basso per Gomez, il quale può finalmente (dopo aspri corpo a corpo con Ramos, quasi sempre persi; dopo aver spedito in orbita una facilissima palla sottomisura al 70') insaccare. Ancora una volta si è dunque manifestata l'insipienza tattica dello Sfasciacarrozze, capace solo di contare su grandi (e grandissimi) giocatori, sicuramente capace di motivarli ma con il rischio di mandarli fuori giri; incapace però di interpretare le contromisure dell'avversario alle proprie spesso didascaliche variazioni di tema, eccessivamente fiducioso nella buona sorte e nelle qualità tecniche dei suoi.

Fra questi grandi o grandissimi, ha certamente deluso stasera CR: solo fortunato nell'occasione dell'1-1 (nato peraltro da un'insensata punizione bavarese battuta da metacampo verso l'area madridista, con relativo avanzamento dei difensori e del baricentro), quando ha appoggiato facilmente per Ozil: aveva divorato il divorabile un secondo prima. Bene ingabbiato (raddoppiato e triplicato) da Heynckes; velleitario nelle partenze in dribbling, lezioso nei soliti colpi di tacco, impreciso nei calci da fermo: i paragoni con Messi sono del tutto irriverenti (per Messi). La pulce, anche in giornata pessima, produce calcio concreto; CR no. La mediocrità tattica di Mou è illustrata anche dal totale spreco di X. Alonso, che dovrebbe essere di questa squadra il facitore; e invece, l'azione del Real ha mostrato solo due modalità di innesco: partenze palla al piede dei solisti (Di Maria; Ozil, altro mancino, costretto tuttavia a dribbling esterni in fascia destra; naturalmente CR) o palla lunga da uno dei due centrali. Visti a metà del primo tempo tre lanci indecenti di Pepe; l'ultimo, a cercare Benzema in fase di rientro dall'offside, ne ha denotato la pessima abitudine e quoziente di intelligenza eupallica prossimo allo zero. Ribery, dal canto suo, ha dominato la scena (deludenti, viceversa, Kroos e Schwein, cresciuto solo alla distanza Robben), per qualità e lucidità delle giocate; hanno cominciato a randellarlo nell'ultima mezzora, ma non è sparito dal campo, anzi. Certamente, al Bernabéu sarà durissima; ma i blancos visti questa sera sono sembrati una squadra di tutt'altro livello tattico e personalità rispetto a quelli attingibili da una pur annoiata (e financo sfiatata) Philarmonica, e per tornare a Monaco dovranno cambiare spartito (ammesso che Mou sia capace di scriverne), e comunque sperare che CR sia ispirato come si conviene a una pentavalida che disputa in casa una semifinale di CL votata alla rimonta del minimo svantaggio possibile. Mi domando tuttavia se l'icona gay non sia da considerare più simile (per indole e qualità tecniche) a Ibra che a Messi: perché sparisce così di frequente nelle grande partite, mentre maramaldeggia sistematicamente contro il Levante o il Granada?

Mou l'antistorico

Franz Beckenbauer e Gerd Müller con la maglia
del Fußball-Club Bayern München in una partita degli anni 1970s
Un gran pezzo di nobiltà europea nella prima semifinale di CL, stasera all'Allianz Arena: in totale ben 13 coppe dalle grandi orecchie nelle bacheche delle due contendenti e 9 incroci (a partire dal 1976) nei precedenti della massima competizione continentale (l'ultimo negli ottavi di CL 2006-2007). Complessivamente 10 vittorie per i bavaresi, 6 per i castigliani, 2 i pareggi. Le statistiche fra le mura amiche, inequivocabilmente, dicono Bayern: 8 successi, 1 pareggio, neanche una sconfitta in casa. Netta la supremazia dei tedeschi in semifinale: blancos eliminati in 3 delle 4 doppie sfide disputate (stagioni '75-'76, '86-'87, '99-2000, 2000-'01).

Ma «i numeri sono la storia e la storia oggi non c'entra», glissa lo specialone. Che naturalmente (benché già in odore di Clasico, sabato contro un Barça tornato a 4 lunghezze) non farà calcoli e manderà in campo i migliori. L'unico dubbio pare riguardare il ballottaggio Ozil-Kakà: favorito il brasiliano, apparso più pimpante dell'ex Werder nelle ultime uscite. Il tecnico dei bavaresi Heynckes è invece alle prese con il recupero di Schweinsteiger, non ancora in piena forma dopo un lungo stop. Tutti a sua disposizione gli avanti: le tre mezzepunte Robben, Müller e Ribery, e il centravanti Mario Gomez, all'inseguimento della Pulce nella classifica cannonieri. Un potenziale offensivo che fa salire, a mio avviso, le quotazioni teutoniche. Se non altro per la sfida odierna dico Bayern al 60%. Con l'ulteriore stimolo della finale casalinga (e una manciata di storia nelle tasche).

16 aprile 2012

Tristi semifinali

In questo mesto clima da Spoon River ci avviciniamo alle semifinali europee. Siamo ancora nel pieno della stagione della Spagna, sembrerebbe. Cominciata, come sappiamo, nel 2008 e apparentemente non ancora finita. Curiosamente le tre superstiti non spagnole ospiteranno per prime le avversarie: il Bayern domani sera il Real, il Chelsea mercoledì il Barça, mentre giovedì sarà la volta dello Sporting Lisbona di ospitare l'Athletic di Bilbao; il derby interno vedrà invece il Valencia al Calderon. Ulteriore piccolo svantaggio.

L'eventualità di vedere una doppia finale giallorossa è dunque indubbia, ma non è detto. Storicamente il Bayern è avversario ostico per i Blancos, così come il Barça ricorda ancora l'Iniestazo al 93° della seminale 2009 allo Stamford Bridge [rivedilo qui]. Ma il Bayern che ha perso qualche giorno fa con il Borussia il match decisivo per la Bundesliga mi è parso modesto, incapace di produrre gioco e occasioni pericolose. Lo stesso Barça peraltro non è quello dell'hapax raggiunto lo scorso anno. Darei dunque un 55/60% di possibilità alle due spagnole, ma forse non di più. In EL faccio invece il tifo per i baschi di Muniain (che ha un occhio malmesso e non è detto che sia in campo giovedì, purtroppo) e del Loco, che mi sembrano superiori ai lusitani.

Addii


Carlo Petrini
(Monticiano, 29 marzo 1948 - Lucca, 16 aprile 2012)

Biografia | La storiaNel fango del dio pallone

12 aprile 2012

Classici ma anacronistici

Il weekend pasquale dell'anno del signore 2012 ha offerto, a chi se li voleva gustare, due derby internazionali di lunga tradizione: Boca Juniors - Argentinos Juniors, e Paris Saint Germain - Olympique Marseille. Me li sono visti entrambi, più per curiosità che per altro. Ho potuto assistere così a due anacronismi.

Julio César Falcioni, entrenador del Boca Juniors
(VQA: fascia D | Coefficiente eupallometrico: 5)
Da un lato il derby di Buenos Aires nella mitica Bombonera stipata e agghindata come sempre (festoni a lista che scendono sugli spalti in verticale, coriandoli e carta al vento del campo, procaci falene sugli spalti, etc.). Un match del secolo scorso: teso e maschio come tradizione, virile nei duelli uno contro uno, autarchico nei protagonisti (due soli paraguagi tra i titolari), senza giocatori africani o neri in campo, discreto tatticamente (ormai le difese sono a quattro a zona, coperte da una linea di tre, anche sul Río de la Plata) e modesto tecnicamente (l'unica Valida in campo era il vecchio Juan Román Riquelme, mentre il ruolo di bomber era interpretato dal Tanque chiamato dal Corvo in riva all'Arno a vagare in bianco per un semestre), giocatori scortati negli spogliatoi da poliziotti in tenuta antisommossa a proteggerli con gli scudi dai lanci di oggettistica variamente contundente dagli spalti, e così via. Volti che portano ancora i segni delle generazioni che hanno sofferto la fame. Un calcio costretto a giocare nel pomeriggio per offrirsi al prime time europeo, ma che rivendica orgogliosamente, ai suoi compatrioti, di essere "fútbol para todos". Un calcio ancora fascinoso nel suo anacronismo.

7 aprile 2012, Estadio Alberto Jacinto Armando, Ciudad de Buenos Aires
Boca Juniors - Argentinos Juniors 2:1
Tabellino | HL [10:02] | Galleria fotografica

Carlo Ancelotti, entraîneur del Paris Saint Germain
(VQA: fascia A1 | Coefficiente eupallometrico: 27,5)
Totalmente diverso il derby andato in scena al Parc des Princes. Stadio ricolmo anche qui, ma pieno di pubblicità, steward, hostess, VIP in tribuna, musicaccia sparata a tutto volume, l'occhio di bue a zigzagare su una folla (assunta, essa, a protagonista dello spettacolo) di sedentari sovrappeso. Un contesto pop, vale a dire, ontologicamente deprimente. Anche la tecnologia era mortificante: telecamere telemetriche ai bordi del campo e a sorvolarlo (vista in stile play-station una punizione di Alex in cui l'occhio ha seguito in soggettiva la posizione del pallone e non la geometria degli spazi), un pallone rosa che sembrava una bubble-gum, spreco di replay da tutte le posizioni per azioni di mestissimo calcio. Si aggiunga la sigla televisiva del prodotto Ligue 1 dove i giocatori sono definitivamente sostituiti dai loro avatar virtuali. Qui i giocatorini di qualche valore erano Menez (in giornata sì) e Pastore (emigrato dalla Pampa per riscattare gli eredi dalla fame, in giornata no): gli altri, a parte il rimpianto Thiago Motta, solo una manica di ronzini e onesti pedatori, appesantiti dal muscolarismo senza tecnica di tanti armadi neri. L'anacronismo è inquietante perché illustra il calcio che sta per arrivare, quello in mano agli sceicchi e ai flying emirates, eminentemente "spettacolare" quanto irreale. Alla fine l'unica nota rassicurante era il sopracciglio arcuato con cui Carletto nostro è uscito dal campo: vincitore di un modestissimo Classique sull'attendente di campo di Napoleone.

8 aprile 2012, Parc des Princes, Paris
Paris Saint Germain - Olympique Marseille 2:1
Tabellino | HL [3:06]

10 aprile 2012

Il Conte non e' Max

Il sorpasso era nell'aria. Il Milan paga tutto insieme un viluppo di errori e di elementi contrari (dai gol virtuali agli infortuni reali), e mostra, come all'improvviso, rughe di vecchiaia e smagliature di mediocrità. E' vero quel che scrive Mans: è una squadra senza passato e senza futuro. L'Inter ha un passato ma non un futuro. La Juve non ha nemmeno lei un passato recente (se non indicibile), ma probabilmente ha un futuro: non se ne possono tacere i meriti, che poi sono soprattutto quelli del suo allenatore. La lunga corsa appare premiata e, a meno di inopinati dispetti di Eupalla, la squadra appare avviata allo scudetto: sia detto, meritatamente.

Con una manica di ronzini e di mestissimi brocchi guidati da due sole pentavalide evergreen come Buffon e Pirlo e col condimento di qualche altro onesto pedatore, Conte è riuscito nell'impresa di dare un gioco alla squadra, dimostrando il valore della duttilità. I nesci lo avevano etichettato come un dogmatico del 424: invece ha messo al centro del tutto Andrea da Brescia (l'errore clamoroso di stagione di Galliani, che in pratica ha armato di scudetto l'unica avversaria plausibile) e fatto fuori in un paio di mesi stelline filanti come Krasic, Eljero Elia e compagnia cantante, mostrando la capacità di mutare, anche a partita in corso, assetti tattici e tenore agonistico.

Corsa, ritmo, lanci sulle estreme (Pepe, Lichtsteiner, Estigarribia) e inserimenti da dietro (Marchisio, Vidal, Giaccherini) hanno mascherato la mediocrità degli avanti (perlopiù incapaci, a parte il discontinuo purosangue montenegrino, di saltare l'uomo) e spostato nella metà campo altrui - con un pressing che l'assenza delle coppe infrasettimanali ha reso di smalto - il baricentro del gioco, così alleggerendo anche il lavoro della linea difensiva. Nulla di trascendentale ma i risultati sono pesanti: testa del campionato a sette partite dalla fine, finale di coppa nostrana, e la concreta possibilità di cucire sul petto i due stemmi tricolori (temo macchiata dalla cafonaggine della terza stella, nonostante le sentenze sportive, civili e penali ...) a maggio prossimo.

E' una squadra che bene esprime la mediocrità del calcio italiano di questi anni: quello in precipitazione continua, fatte salve le impennate di Milan 2007 e Inter 2010, nel ranking uefa e destinato a essere presto superato da quello lusitiano e francese. Ma tanto è bastato e potrà bastare nei prossimi tempi: il telaio è giovane e saranno sufficienti solo alcuni innesti ben mirati a tenerlo alto, non dico a rafforzarlo perché Pirlo e Buffon non saranno eterni e sono gli unici fuoriclasse di un'orchestra capace però di fare della propria mediocrità la sua virtù. La domanda sorge spontanea: chi sarà in grado (per possibilità economica e per capacità tecnica) di tenerle testa nel futuro prossimo? La senilità del Cavaliere e dei suoi attendenti? La sazietà del Vedovo? Il Cinepanettone partenopeo? La Disneyland de noantri?

9 aprile 2012

"Estoy aquí porque no iba dejar que un ayudante mío diera la cara tras una derrota"


8 aprile 2012, Estadio Santiago Bernabeu, Madrid
Real Madrid - Valencia 0:0
Tabellino | HL [4:39] | Analisi tatticaMundo Deportivo

Tre pari nelle ultime cinque, il primo 0-0 interno in Liga da cinque anni, il derby con l'Atletico all'orizzonte, il Bayern subito dopo, il clasico dietro la seconda curva. Un distacco che da abissale è divenuto esiguo in un amen.

La stagione del Real assomiglia parecchio a quella dell'ultimo tricolore interista, che arrancò sulle stesse rampe stagionali imboccando poi (e imbroccando) strada e direzioni giuste. La pressione dell'ambiente, a Milano, è tuttavia irrisoria rispetto a quella che monta a Madrid in frangenti analoghi. Gli errori sottoporta dei blancos, di concerto con la memorabile esibizione di Guaita, ne sono il riflesso e la conseguenza. La smorfia di Mou sembra quella tipica di chi credeva d'avere già quasi finito un lavoro, e scopre invece che dovrà fare in piedi anche la notte ...  Perciò si è sottratto alla gogna degli scribacchini e dei microfonati, lasciando al segundo entrenador Karanka l'onore di alzare l'ennesima nenia antiarbitrale.

Mans

7 aprile 2012

Capolinea

Esultanza viola dopo il gol del 2-1. 
7 aprile 2012, Stadio San Siro, Milano
Milan - Fiorentina 1:2 (1:0)
Tabellino | HL [3:52]



E' il Milan senza passato e senza futuro di Allegri, un mix di vecchie glorie e di onesti pedatori, incline a sperperare ed emarginare i pochi giovani talenti, quello che si è spento oggi di fronte alla squadra più depressa del campionato di Serie A 2011-2012.

Una squadra all'inutile ricerca di un'identità (l'unica percepibile coincide con la smorfia truce e solipsista dello zingaro, nelle buone e nelle cattive giornate) e di una dimensione (quella europea, negata senza infierire ma senza discussione dalla Philarmonica nei quarti di CL); una squadra che, non avendo iniziato un ciclo, non potrà nemmeno finirlo. Il sorpasso della Juve è legittimo e onesto, se non altro perchè Conte ha (come direbbe Arrigo) conoscenze superiori, esperienza di calciatore superiore, credibilità (nello spogliatoio e in società) superiore a quelle di Allegri; a lui spetterà il compito di costruire la Juventus del prossimo lustro, partendo da buone basi e idee di calcio compatibili. Allegri, si spera, potrà proseguire la sua carriera in piazze medie e minori, a lui più consone. Deciderà l'ex premier e presidente onorario se ricostruire (ormai, quasi da zero) una squadra all'altezza delle ambizioni passate, o se lasciare invece spazio a un declino che la riporti nel grigiore tecnico (accompagnato da asfissia finanziaria) del decennio precedente la sua era.

4 aprile 2012

Hapax

Concordo sulla constatazione dell'attuale inferiorità del Milan rispetto al Barça, non senza ribadire che mi attendevo comunque di più oltre all'ebbrezza di vedere andare in gol Nocerino al Camp Nou (e inevitabile è scattata la sinapsi che ci ha riportato a un detto celebre del Filosofo: "mai avrei immaginato di vedere in vita mia Comunardo Niccolai in Mondovisione", ai tempi di Mexico 1970). E concordo con l'impressione (che è una constatazione ormai) che la Philarmonica di quest'anno non suoni con l'intensità e la pienezza di quella dello scorso anno.

19 giugno 1974, Westfalenstadion, Dortmund
Piet Keizer affronta Bo Larsson
Ciò mi induce a una breve riflessione sui cicli delle grandi squadre. Prendiamo le tre più recenti: Ajax-Olanda, Milan e Barça. Ognuna di esse ha compiuto un ciclo, in una sorta di parabola: l'Ajax e l'Olanda - la distinzione è tautologica essendone il mentore Rinus Michels e i gladiatori avanzati gli ajacidi - hanno delineato una traiettoria decennale: 1969-1978, dalla prima finale di Coppa dei campioni col Milan alla finale del mondiale argentino, grosso modo; il Milan di Sacchi e poi di Capello sta racchiuso, nei suoi successi, tra il 1988 e il 1996; mentre il Barcellona ha in atto un ciclo avviato dalla vittoria nella Liga nel 2005, ed è giunto al settimo anno consecutivo di vittorie, soprattutto grazie al Pep.

14 agosto 1988, Wembley Stadium, Londra
Chicco Evani in pressing sul portatore di palla
Ma non tutti gli anni sono stati uguali, non solo come risultati ma come qualità del gioco. Ogni parabola vincente ha avuto cioè il suo hapax. Quello olandese fu probabilmente raggiunto nelle sette memorabili partite della nazionale oranje al Weltmeisterschaft 1974, un filotto probabilmente unico nella storia del calcio internazionale. Il Milan lo raggiunse invece subito, a mio avviso, nel 1988: la vittoria a Napoli, lo scudetto e poi una tournée estiva in Inghilterra (Torneo di Wembley, di cui ricordo una strepitosa partita col Tottenham [qui tabellini e cronaca]) in cui la squadra giocò divinamente, come mai più a quei livelli se non saltim. Il Barça il suo hapax lo ha invece toccato nel 2011 nelle memorabili sfide con i Blancos guidati strenuamente da Mourinho e nella finale perfetta di Wembley.

28 maggio 2012, Wembley Stadium, Londra
Pedro salta Fabio
Epifanie con relativi hapax, dunque: e si noti la regolarità dei cicli vichiani. Abbiamo dovuto attendere dieci anni tra lo svanire arancione e l'apparizione di Sacchi, e ancora dieci tra la fine del ciclo rossonero e l'emersione di quello blaugrana. Se Eupalla manterrà le sue cadenze dovremo probabilmente attendere la prima metà degli anni venti per contemplare la prossima cometa. Se ci andrà bene magari ne vedremo subito anche l' hapax, se ci andrà male temo che lo vedremo da seduti in cielo accanto alla nostra Dea.

3 aprile 2012

Una resa onesta

Alessandro Nesta e Carles Puyol al termine del match
3 aprile 2012, Camp Nou, Barcellona
FC Barcelona - AC Milan 3:1

Tutto sommato, la resa del Milan è stata onesta e onorevole. Non c'è stata goleada (uno per parte i gol su azione, entrambi apprezzabili) né totale limpidezza arbitrale. Guardiola si è però potuto permettere l'ignoto Cuenca e la rinuncia a Xavi (ma sul 3-1), mentre i ricambi del Milan si sono rivelati velleitari (Aquilani) o ectoplasmatici (Pato). Nesta mi è sembrato il migliore, e rimane (per classe ed esperienza) l'unico al mondo ancora capace di leggere con sufficiente anticipo i movimenti della pulce, di contrarlo e spesso di costringerlo sul piede debole. La Philarmonica è in condizione atletica non smagliante, non riesce ad avere la martellante continuità che abbiamo visto nelle serate importanti (basterà ricordare la mezz'ora contro lo UTD nella finale dell'anno scorso, o le sfide d'inizio stagione con il Real); probabilmente crescerà fra aprile e maggio, quando arriveranno le gare decisive e, poi, gli europei. Naturalmente, aspettiamo di vedere la maschera di Galliani e i suoi commenti sull'arbitraggio; va ricordato infine che in campo c'era lo sciagurato Mexes (cui va addebitato l'1-0) e non Thiago Silva, sacrificato da Allegri sull'altare di un campionato la cui vittoria non è più così scontata.

Ex ante (Barcelona-AC Milan)

Il Pep schiererà tutti i primi violini della Philarmonica, con il maestro Xavi Hernandez a sfogliare tema per tema lo spartito. Fabregas più Iniesta più Messi più Sanchez più, appunto, Xavi. Se tutti ispirati, non ci sarà scampo per vecchietti, sciagurati, zingari e onesti pedatori in maglia rossonera. L'unico rischio del Barça, come sempre, è l'autocompiacimento; noie e nausee da ennesima replica di se stessi dovrebbero tuttavia essere scongiurati dal contesto. Ma è bene mettere in conto la possibilità di una partita storica; se indispettito dal corso degli eventi, Eupalla può decidere che il regno della pulce, così com'è stato, debba tramontare in una sola serata. I precedenti non mancano, e in fondo il Milan (per quel che ha rappresentato in decenni di coppe) sarebbe la squadra perfetta cui affidare la diabolica missione. Non me lo auguro, perché questo spianerebbe il cammino dello Sfasciacarrozze e consegnerebbe la stagione precedente il campionato d'Europa a isterismi e sceneggiate inenarrabili. Ciascun saggio milanista dovrebbe perciò auspicare una onorevole resa, per poter continuare ad ammirare (ancora per un po', almeno) questi magnifici artisti.

1 aprile 2012

L'altro Iker

22 gennaio 2012, Estadio Santiago Bernabeu, Madrid
Iker Munian cerca di sottrasi alla morsa di Lass Diarra
Si chiama Iker Muniain ed è già noto ad alcuni attenti [vedi qui e qui] perché ha bruciato le tappe rapidissimamente: il più giovane giocatore a indossare la maglia dell'Athletic in una partita ufficiale; il più giovane a segnare un gol (16 anni, 7 mesi e 18 giorni) nella Europa League; il più giovane ad aver indossato la maglia del club basco in campionato; il più giovane marcatore di sempre della Liga (16 anni e 289 giorni) [fonte].

Fino a pochi giorni fa era per me solo un nome incontrato nelle notiziole del mercato italico, e specificamente interista. Le solite balle: il ragazzo ha un contratto fino al 30 giugno 2015 con la formazione basca; soprattutto ha una "clausola rescissoria" (gergo) compresa tra i 36 ed i 45 milioni a seconda delle prestazioni. Che sono in rapidissima ascesa in questi mesi grazie anche alla galoppata dell'Athletic guidato dal Loco. Il "bambino" (citazione non gergale questa volta) ha già vinto gli europei under 21 dello scorso anno. Insomma: è una delle epifanie più belle che ci regala Eupalla di questi tempi. E mai lo vedremo nella nostra "pizzeria" (altra citazione non gergale).

Dunque ce lo gustiamo in tv, come ho fatto tra giovedì sera (Arena AufSchalke) e ier sera (Camp Nou) quando è entrato nella ripresa e ha dato un po' di presenza all'Athletic nella metà campo del Barça, che ha quietamente dominato il gioco (2-0). Iker è un bel trequartista brevilineo (169x63) che si muove tra le due linee, con capacità di puntare a rete (20 gol su 121 partite), come è accaduto sempre ieri quando Piquet ha salvato sulla linea una sua incursione. Meriterebbe qualche minuto anche ad Euro 2012, per farsi conoscere alle grandi platee. Noi intanto ce lo possiamo vedere in rete, grazie a vari spezzoni [qui e qui, più un altro di tenore agiografico-pop, ahi noi]. Credo di non sbagliare a dire che lo vedremo per molti anni ancora se Eupalla sarà benevola con questo suo figliolo che ci fa già incantare.

Azor