29 giugno 2013

I nostri cari mesti brocchetti

C'è qualcosa nell'Italia pallonara di questi giorni che non capisco bene (o magari, invece, anche troppo ...). Leggo e ascolto commenti soddisfatti per la sconfitta 2:4 col Brasile e per lo 0:0 più rigori con la Spagna. Mah ... L'Italia è la cultura calcistica che vanta la più lunga continuità ai vertici mondiali (dal Mondiale 1934 a quello 2006 corrono 72 anni, e nessuno è come noi), vari titoli e finali europee (compresi anche gli under si va a bizzeffe), per non dire dei palmarès di Milan, Inter e Juventus nelle coppe. Insomma, siamo una grandissima potenza. E ora ci accontentiamo per due sconfitte? Dice: ci saranno utili per l'anno prossimo. Mah ...

27 giugno 2013, Estadio Castelao, Fortaleza
La solitudine del Maestro
Preciso: sono scettico, non critico. Sono un estimatore di Cesare dalla prima (buia) ora del luglio 2010 e gli sarò eternamente grato per la ricostruzione, in primo luogo morale, dell'ambiente della nazionale e per i risultati di gioco e agonistici che ha conseguito in questi anni, dall'esordio all'Upton Park del 10 agosto di tre anni fa (con un Balotelli ancora nerazzurro ...) alla finale sfiorata nella Conf Cup.

Cesare ha fatto le nozze con i fichi secchi. Questa è - a mio avviso - la realtà. A scorrere gli elenchi dei 23 azzurri di Euro 2012 e Conf Cup 2013 non può non venire in mente la memorabile reazione del Filosofo, al secolo Manlio Scopigno: "Mai avrei immaginato in vita mia di vedere giocare in mondovisione Comunardo Niccolai". Gianni Brera avrebbe detto che siamo pieni di mesti brocchetti. In breve, non credo che questo gruppo di giocatori possa dare di più di quanto abbia dato finora. Arriva in fondo stremato, con la forza di volontà e con tutta la caparbietà della nostra tradizione, ma non passa l'ultima asticella.

L'esperienza di questo strano torneo - giocato tra tardo autunno e primo inverno australe, tra l'umidità degli stadi del nord e i fumogeni e le pallottole di plastica al di fuori degli impianti, tra le passeggiate in spiaggia a Copacabana e i ritiri blindati di Bahia (e memorabile rimarrà la visita di Mario al centro di assistenza che sostiene in quella città dal 2007) - servirà senz'altro per il Mondiale del prossimo anno. Ma non facciamoci illusioni. I pochi campioni che abbiamo avranno un anno in più all'anagrafe: Pirlo, la cui acclamazione del potere negli stadi brasiliani suggella una strepitosa carriera, mostra evidenti pause; Buffon non sarà il pensionato bollato come tale dal Kaiser qualche mese fa ma sembra in fase calante, maestosa, ma calante. Poi chi abbiamo, oltre a Mario? Se andiamo all'assalto della Spagna con Candreva, Giaccherini e Giovinco la risposta è intuitiva. Non a caso in 210 minuti, tra Brasile e Spagna, abbiamo segnato un paio di golletti (non con gli attaccanti) e basta.

27 giugno 2013, Estadio Castelao, Fortaleza
L'usura italica
Potremmo invocare gli under che saliranno in nazionale A. Ma sono gli stessi nettamente sconfitti dai pari età della Spagna a Gerusalemme: De Gea, per dire, è titolare da due anni nel Manchester United, mentre Bardi è ritenuto ancora un bimbo da fare maturare (in realtà marcire) in provincia; e non parlo di Isco e Alcantara ... In sostanza: siamo sotto agli iberici, e probabilmente anche a questi (modesti) brasiliani, di una spanna abbondante e, al momento, invalicabile. Inutile farci illusioni, inutile girarci intorno.

Vista da spettatori terzi, la semifinale con la Spagna può essere riassunta così: primo tempo nettamente a favore dell'Italia, secondo tempo pari, supplementari a favore della Spagna, ai rigori esperienza e minore logoramento degli iberici. Cesare ha fatto un altro dei suoi capolavori, quasi come l'action-painting contro il Brasile dello scorso marzo, quando schierò Poli, Antonelli e Cerci, oltre a Giaccherini, Gilardino e Diamanti [vedi]. Accontentiamoci. Ma non illudiamoci. Questo è il lusso italico, al momento.

Azor