30 aprile 2013

Sul cambio di stagione

Segnalo ai colti e agli incliti (quorum ego) alcuni interessanti articoli apparsi di recente su varie testate, che forse meritano una lettura non frettolosa. Il tema è quello della settimana che ha forse segnato il cambio di stagione al vertice del football europeo: dall'egemonia spagnola a quella tedesca. Il tenore appare quello di una vera e propria acclamazione del (nuovo) potere.

Visto dagli ex detentori, il vice direttore di "Marca", Santiago Segurola - Il Barça ha bisogno di rigenerarsi. Il Real paga gli errori di Mourinho [leggi] - palesa la "sensazione di incredulità che si è impossessata della Spagna dopo le due sconfitte patite da Barcellona e Real in Germania. Le due squadre più forti del mondo, con 10 degli 11 giocatori inseriti nella formazione ideale stilata dalla Fifa, sono state schiacciate da Bayern e Borussia, perfetti rappresentanti del campionato più sano e meglio gestito al mondo. Stupore e shock hanno fatto da cornice alle analisi successive ai due massacri". Fernando Carreño, commentatore per "Marca" - Madrid, Barça y cambios de ciclo [leggi] - osserva come solo per il "Barcelona se pueda hablar de fin de un ciclo", ma non per il Real, "porque el suyo - el ciclo Mou - no ha llegado siquiera a iniciarse". Sulla sponda catalana, Oriol Domènech del "Mundo deportivo" - Fichajes de manual y más cantera. Heynckes culmina la obra iniciada por Klinsmann y madurada por Van Gaal [leggi] - riflette sui fondamenti del ciclo avviato dal Bayern e culminato nel sorpasso del Barcellona: acquisti azzeccati, vivaio e impianto tattico votato al "fútbol de ataque".

Cambio di consegne?
Su sponda tedesca, Raphael Honigstein - Jürgen Klopp's inspired managing brings to mind the old José Mourinho [leggi] - pone l'attenzione su quella che appare la figura ascendente nel firmamento pedatorio, il giovane Jürgen Klopp: "All of his tactical ideas only work because players listen to him and believe that he's right. Technical skill and individual class aside, much of Dortmund's game is built on good old effort, commitment and "greed," as Klopp calls it: the hunger to eat up that extra kilometer of grass. That sounds simple but it takes an tremendous amount of motivation. Few managers are able to instill that level of devotion in their teams". Il nesso motivazionale è esplicito: "There used to be a young manager who was known for making his teams perform with unparalleled intensity. His name was José Mourinho". Un passaggio di consegne. Ma anche l'ascesa di una popstar, come vena il discorso Asam Shergold - He's the scruffy nerd who once wrote a thesis on the joys of walking ... now 'popstar' Klopp stands on the brink of Champions League glory [leggi] - che ricorda come ormai la Sudtribune del Westfalenstadion sia usa intonare il rap Kloppo, Du Popstar [ascolta].

David Lacey, tra gli osservatori albionici più snob, non può fare a meno di notare - Bayern Munich and Borussia Dortmund face old challenges in new dawn [leggi] - come "the English game may not have noticed, being largely concerned with Luis Suárez and his marauding molars, but there was a coup in European football this week", e lo spiega in termini di risorse finanziarie: "While Bayern would appear to be better placed financially, neither club may be able to resist the sort of offers for their players that might come from Spain or England".

I francesi, invece, che i tedeschi li hanno da sempre alle frontiere e non separati da una manica nebbiosa, riflettono in termini storici, ça va sans dire. Eric Maggiori - L'Allemagne, vraiment une surprise? [leggi] - sottolinea come anche nel decennio appena passato in cui il Fussball non ha vinto alcun titolo, le squadre tedesche siano sempre rimaste altamente competitive, soffiando il terzo posto del ranking UEFA a quelle italiane. Ali Farhat et Maxime Marchon - Aux racines du printemps allemand [leggi] - ripercorrono in breve (con qualche tratto di malcelato sciovinismo) le tappe che hanno riportato il calcio teutonico alla vetta: l'"espionnage industriel en France", "la traversée du désert", il mix multietnico "Black-blanc-turc". Qualcosa di normale quando "on parle d'un peuple en guenilles en 45 et aujourd'hui au sommet de l'Europe. Un peuple capable de se relever des pires humiliations, mêmes sportives".

Chi attacca e chi difende?
L'anlisi si fa più tattica, ovviamente, con "sir" Jonathan Wilson che alla vigilia di Bayern vs Barcelona - Pep past v Pep future in a Pep-less present [leggi] - si interrogava sulla possibilità che il "meeting of two great sides of the age" potesse segnare "the transition from one generation to the next", avvertendo come fosse importante tuttavia "not to be drawn into the cliche of physical Germans against technical Spaniards, even if Bayern do have a slight physical edge. What will be fascinating is seeing not only the two best possession teams in Europe facing off, but also the two best pressing sides. Barcelona's players will never have been placed under such co-ordinated pressure on the ball as they are likely to be on Tuesday – and vice-versa". Il giorno dopo la domanda appare evidente - Will the football world now follow Bayern's method rather than Barça's? - e la risposta chiara [leggi]: "Tiki-taka is not dead but Tuesday's game showed the centre of New Total Football has moved from Barcelona to Munich". Se è vero che "Bayern's demolition of Barça last night certainly had the sense of a game that changed the order of things", Wilson osserva come lo stile di gioco dei tedeschi "is itself based on similar principles, on control of possession and winning the ball back high up the pitch – themselves core tenets of Total Football, which has underpinned Barcelona's football since Rinus Michels moved there from Ajax in 1971. The German variant of the philosophy, which eschewed pressing, underpinned the successes of Bayern and Borussia Mönchengladbach in the seventies. The two came together as Jupp Heynckes, who played for Gladbach, succeeded Louis van Gaal, who had taken his modernised version of Total Football from Ajax to Barcelona in 1997, at Bayern two years ago". Dunque "there is a reason they have appointed Guardiola as their manager next season. The era of the New Total Football continues, it's just that its centre has moved from Barcelona to Munich".

Arrigo Sacchi - Questo Dortmund ci dice che il gioco non si compra [leggi] -, come spesso è aduso, parla a nuora perché suocera intenda: "la vittoria degli uomini di Klopp dovrebbe far capire a tutti che si può essere competitivi anche con bilanci corretti e con una squadra di ragazzi o sconosciuti acquistati con pochi euro, allevati e cresciuti attraverso le idee e quello straordinario moltiplicatore che è il gioco". Il suo è un omaggio orwelliano non alla Catalogna ma a "un calcio sontuoso, generoso, collettivo, bello, divertente e vincente" come quello del Borussia guidato da Jürgen Klopp: "un gruppo che si esalta nell’interpretazione del calcio totale nonostante una qualità tecnica individuale non elevata. Lavoro, idee, gioco, organizzazione, innovazione e rinnovamento sono i presupposti fondamentali per spendere poco, avere risultati eclatanti e far crescere i vari Lewandowsky, Reus e Goetze del futuro".

Le grandi firme del nostro giornalismo partecipano dell'ammirazione collettiva. Gigi Garanzini videocommenta estasiato - Si chiama Bayern il nuovo Barça [vedi] - la prestazione del Bayern e constata l'impotenza del Barça. Incisivi, come sempre, i camei di Roberto Beccantini: "Credo che a Monaco sia finito il secolo breve, ma straordinario, del Barcellona. Il Bayern lo ha letteralmente spolpato" - Ei fu [leggi] -; "Borussia-Real è stata ancora più bella di Bayern-Barcellona, perché il Borussia ha stappato calcio-champagne ai cento all’ora. Due partite, due lezioni. Mourinho chiedeva «giustizia» per il suo Real: ha avuto la ghigliottina, feroce ma imparziale, del campo" - Sfuggito ai radar [leggi].

Capelli bianchi e pugni in faccia
Mario Sconcerti - Mourinho, il tecnico che deve reinventarsi [leggi] - si concentra infine sul grande perdente di questa svolta epocale, di cui non è riuscito a essere parte: "a Dortmund ha preso davvero un pugno in faccia, il suo calcio non c'è stato, non è nemmeno cominciato. Sembrava il vecchio Real miliardario e senza direzione degli anni Sessanta, una squadra quasi dilettantesca dove Cristiano Ronaldo sembrava l'unico che avesse studiato.Naturalmente si può perdere, lo ha appena fatto anche il Barcellona. Ma il Barcellona sta chiudendo un'epoca, Mourinho chiude qualcosa che non è mai cominciato. Per vincere a Madrid non serve un motivatore esasperato, bisogna insegnare calcio. E questa non è la specialità di Mourinho. Lui il calcio lo piega ma non lo inventa. È ora che si vedrà la prossima grandezza dell'uomo, da come saprà ricominciare ad allenare, da quanto saprà privilegiare il calcio rispetto all'energia del rancore. Al Real macerie così grandi alle spalle sono riusciti a lasciarsele in pochi".

Azor

25 aprile 2013

Borussia Dortmund - Real Madrid CF 4:1

La Südtribüne dell'Iduna Park (più noto come Westfalenstadion):
impressionante muro giallonero

Epocale, certo, la rotta del Barça in Baviera. Peggiore, per la palese e totale dimostrazione di inferiorità, il disastro madridista a Dortmund. Per l'ennesima volta, Mourinho ha mostrato la propria inconsistenza. In tre anni non è stato capace di fare dei Blancos una squadra capace di variare temi e atteggiamenti tattici, di esibire una riconoscibile identità. Del resto lui, The Only One, progetta di essere la sola riconoscibile identità degli XI che guida. L'eroe delle fortezze assediate. Il calcio, invece, è sempre altrove. Le memorabili scoppole subite dal Barça del Pep sono persino poca cosa rispetto alla lezione subita al Westfalenstadion. Di fronte non c'era la squadra più celebrata del pianeta, il Gigante da abbattere, il rivale storico e presuntuoso. C'era una compagine costituita da uomini che difficilmente (esclusi un paio) troverebbero posto nella panchina del Real. E che al Real hanno impartito una lezione di gioco, di organizzazione, di modernità, rendendo giustizia al lavoro di Klopp (quest'anno dedito solo al torneo continentale, e giustamente: i piatti della Bundesliga, per questo ciclo, potevano bastare) e esibisce nudo al futuro il calcio del Real e del suo magnifico entrenador, che forse anche quest'anno riusciranno nell'impresa di alzare la Copa del Rey (ma non è detto) e nulla più. Per buona sorte del club, il portoghese se ne andrà. 

Il Borussia, invece, gioca il football più entusiasmante d'Europa - non necessariamente il più efficace. Si è detto dell'organizzazione, frutto di didattica, affiatamento e armonia, fame di vittorie. Mi ha colpito, ieri sera, la prima fase del secondo tempo, quando il ritmo della partita si è alzato a quote vertiginose, e le ripartenze e il pressing martellante dei Schwarzgelben hanno ubriacato il Real, incapace di reggere a quelle velocità. Un branco di lupi affamati che si avventava sulla preda. Spettacolari e paurose fasi di gioco. E spettacolare la varietà di colpi del polacco, che Guardiola ha voluto per il suo nuovo Bayern: ieri sera si è capito perché. Chissà, invece, cosa sarà del favoloso Klopp, personaggio che più distante da Mou non potrebbe essere - per simpatia, per energia vitale, e soprattutto per la passione (passione per il gioco, autentica e divertita) che investe. Di gente così ha bisogno il football: che Eupalla sappia equamente distribuire i suoi premi.

24 aprile 2013, Signal Iduna Park, Dortmund
Borussia Dortmund - Real Madrid CF 4:1 (1:1)
Mans

23 aprile 2013

FC Bayern München - FC Barcelona 4:0

Partita probabilmente storica, che merita qualche breve considerazione a caldo.

Questa serata calcistica potrebbe essere ricordata negli annali come quella che segnalò il tramonto di un ciclo e l'aurora di un altro. Trait d'union Pep Guardiola, ma solo in apparenza. C'è uno iato in realtà. Il Barça sembra aver smarrito, con lui, il vero leader, quello capace di affrontare, e battere, con la testa ogni avversario. Il Bayern è già molto forte grazie a Jupp Heynkes, che ha fatto un lavoro didattico enorme, visibilissimo.

23 aprile 2013, Fußball Arena, München
Mario Gomez García (nato a Riedlingen),era al suo posto al momento di segnare
il secondo gol: i difensori blaugrana invece erano altrove
Stasera, nel primo tempo, Osram ha eretto una cancellata sulla linea di centro campo, e il Barça non è mai riuscito a varcarne il portone, costringendosi a portare a spasso la palla da destra a sinistra e da sinistra a destra, al massimo avventurandosi per qualche metro nei vialetti laterali. Rispetto al Milan, che pure riuscì a bloccare i catalani a San Siro, la seconda linea stava all'altezza del centrocampo, mentre quella rossonera almeno 10-15 metri più indietro. Questa la vera differenza: Bayern altissimo, con un 2-3-1 schiacciato a 5-1; Milan stabile col 4-2. Applicazione teutonica, intensità mostruosa.

Se la Juventus ne prende solo 2 all'Allianz Arena e il Barça 4, forse molti discorsi sul gap tra il calcio nostrale e quello tedesco andrebbero ritarati, deponendo il tafazzismo per una volta.

Là dove la distanza rimane abissale è invece sul piano culturale. Stasera l'arbitro, l'ungherese Viktor Kassai, tra i più quotati, ha fatto sfracelli: 3 gol irregolari convalidati, 2 rigori per il Bayern non visti. Fosse successo ai danni di una squadra italiana (diciamo, per esempio, la Fiorentina ...) le lamentazioni sarebbero detonate. Immaginiamoci lo stesso arbitraggio in una partita di Serie A. Sarebbe un fungo atomico: Galliani paonazzo in fuga, Agnelli a gridare contro la giustizia sportiva, Moratti al complotto, De Laurentiis a twittare in escandescenze, e così via tra corifei e prosseneti, tra moviole e processi televisivi, tra Daspo a 70enni e risse da bar ...

E invece il calcio è bello proprio per questo. Gli arbitri hanno sbagliato clamorosamente, ma senza dolo. Il risultato non fa una grinza e i primi ad accettarlo sono quelli del Barça, consci di essere stati annichiliti. Hanno giustamente protestato sul campo, ma è finita lì. Tanto di sombrero!

23 aprile 2013, Fußball Arena, München
FC Bayern München - FC Barcelona 4:0
Azor

22 aprile 2013

Quando qualcuno ti sbatte in faccia uno stereotipo

Come ha scritto John Foot in una delle sue pagine più ispirate [libro], "guardando Lilian Thuram, per la millesima volta nella sua carriera, stoppare la palla, alzare lo sguardo e passarla elegantemente a un centrocampista" non si può smettere di seguire e di amare il calcio, perché quei momenti "hanno fatto del calcio il gioco più bello" [vedi].

Con la stessa maestosa eleganza, con la stessa semplicità, Lilian gioca adesso un'altra partita a tutto campo. In una bella, breve, ma intensa intervista concessa a Emanuela Audisio [leggi], Thuram dice ancora una volta, senza retorica, alcune cose importanti sul razzismo e sulla centralità della cultura che meritano, a mio avviso, di non essere lasciate indietro, nel flusso mediatico.

La maestosa eleganza di Lilian Thuram
"Neri non si nasce, lo si diventa. Quando qualcuno ti sbatte in faccia uno stereotipo". 

I pregiudizi germogliano ovunque: "Giocavo in un club di portoghesi, volevo progredire e passare al Fointanebleau, società più forte. Venni sconsigliato dai miei compagni: quelli sono borghesi, non ti accetteranno. Invece trovai un'atmosfera amichevole".

"Bisogna riflettere sul passato per capire l'oggi. Perché c'è un sistema politico che divide in gruppi e ci campa: noi e loro, e loro non sono come noi, ma subalterni. E la stessa discriminazione la soffre la donna. Bisogna educare le nuove generazioni, cambiare il modo di vedere, non esistono per nascita esseri superiori. Ma devi avere voglia di studiare e di conoscere".

"Lo stadio è una fetta della società, la riflette, non la crea. Io ho più paura di chi lavora dentro il sistema. Come François Blaquart, dt della nazionale francese, che voleva imporre delle quote etniche, per limitare la presenza di giocatori neri. Bene ha fatto il Milan ha lasciare il campo dopo gli insulti a Boateng. A togliersi la maglia per primo però non dovrebbe essere il giocatore nero, ma i suoi compagni. Loro dovrebbero reagire e dire: signori miei, questi cori ci offendono, non rispecchiano i nostri valori, noi così non giochiamo. Bisogna lottare, non fare finta di niente. A Parma, in una partita contro il Milan, sento cantare 'Ibrahim Ba mangia banane sotto casa di Weah'. Dico ai miei compagni: devo andarci a parlare. Lascia perdere, è la risposta. Ma la sera non riesco a dormire, mi manca l'aria, quella frase mi picchia in testa, così vado a discutere con la curva. La domenica successiva i tifosi rispondono con lo striscione 'Thuram rispettaci'. Invece di riflettere su quello che avevo detto, si erano sentiti offesi loro".

"In più combatto il luogo comune che i neri siano favoriti nello sport, nella danza, nella musica. Quali neri? E in quali sport? Si dice: i neri sono veloci. All'inizio non erano degni di fare sport perché non abbastanza umani. Poi sono diventati vincenti perché a loro veniva facile essere aggressivi e bestiali. Assurdo. I neri sono stati scienziati, dottori, esploratori, poeti, ricercatori. Ma non ce lo raccontano mai. Hanno inventato tra l'altro il semaforo, l'asciugatrice, la trasfusione di sangue, il floppy disk".

"Come Einstein penso che il mondo è pericoloso non per quelli che fanno del male, ma per quelli che lo lasciano fare".

A me non pare che Lilian Thuram sia "un sociologo pasoliniano" come scrive l'intervistatrice. A me pare che Lilian sia semplicemente un grande campione. Non solo del mondo, ma di cultura e buon senso.

Azor

Semitecnomanzia

Dunque ci siamo: è tempo di tecnomanzia, encore une fois. In dieci giorni sapremo – e soprattutto vedremo – quali saranno le finaliste europee di quest'anno. Liturgicamente ripeto che non sbaglia pronostici solo chi non li fa, nella ribadita consapevolezza che il calcio è mistero agonistico, imperscrutabile ex ante, interpretabile solo ex post.

E in verità vi dico che siamo ormai all'impronosticabile, soprattutto in Champions. Con quattro corazzate del genere l’esercizio divinatorio è veramente incerto. La sensazione è che il Bayern stia meglio del Barça in questa stagione, e che la traiettoria di Mourinho stia disegnando un nuovo approdo in finale. Ma siamo, appunto, alle sensazioni: la palla di lardo lascia intravedere qualcosa, ma rimane, al fondo, abbastanza opaca. Anche la carte si limitano a ricordare che, se stiamo agli allenatori, i due soli titolati di Coppa sono Heynkes (1998 col Real) e Mourinho (2004 col Porto e 2010 con l’Inter). Eupalla non è stata generosa con i bavaresi negli ultimi anni, anzi; e lo stesso José ha accolto in ginocchio la scorsa stagione il suo verdetto ai rigori di semifinale proprio contro il Bayern (era il 27 aprile 2012: vedi). Dunque quest'anno potrebbe, al fine, rivelarsi benigna.

24 ottobre 2012, Westfalenstadion, Dortmund
Robert Lewandowski infilza Pepe e Casillas e mette a segno
il primo gol del Borusia al Real: ci riproverà presto
Peraltro, ci sta che le partite di andata esprimano due vittorie teutoniche. Se il Bayern saprà ripetere un'altra delle sue ore di grande calcio totale, con cui ha già reso memorabile (con l'Arsenal e poi con la Juventus) l'ultima annata con Jupp Heynckes alla guida, e soprattutto se saprà monetizzarla, potrebbe poi andare al Camp Nou forte di due risultati possibili. Il Barca ha già molto sofferto fuori casa sia a San Siro sia al Parc des Princes, e tutto lascia credere che non sarà facile invertite la rotta all'Allianz Arena, oltretutto non potendo arruolare la Pulga se non a scartamento ridotto. Non è una grande annata per i catalani, un po’ sotto tutti i punti di vista: ma la loro tradizione non esclude un’ennesima impresa.

Il Borussia possiede il tipo di gioco per vincere al Bernabeu, ma intanto dovrà provare a ripetere la vittoria ottenuta in casa contro il Real nei turni eliminatori: era il 24 ottobre scorso, dunque una stagione atletica fa, ma il risultato fu decisivo per indirizzare in senso positivo la stagione europea dei tedeschi. Quattro gol al Real hanno mostrato già di saperli segnare, con equanime ripartizione tra casa e trasferta; sono squadra veloce, capace di mettere in difficoltà una compagine speculare, che gioca allo stesso modo, stretta e veloce nelle ripartenze. Dovremmo assistere a due partite molto spettacolari, confidando che il risultato si sblocchi sin dai primi minuti. Ma sui 180/210 minuti peserà la migliore qualità tecnica dei singoli che possiede il Real, e la gestione neuronale del gruppo, nella quale José Mourinho è davvero, inequivocabilmente, the Only One.

Il dato interessante delle quattro semifinaliste di Europa League è invece che tutte hanno cominciato la stagione in Champions, venendone via via eliminate: Basilea e Fenerbahçe ai preliminari, Benfica e Chelsea ai gironi. Dunque sono finaliste d'élite, a conferma del livello ormai nettamente inferiore delle compagini che disputano la seconda coppa rispetto alla Champions. Il Chelsea è campione d'Europa in carica e, nonostante i moltissimi problemi societari, di squadra e di direzione tecnica incontrati quest’anno, può giocarsi fino in fondo un titolo di non secondario prestigio. È la favorita d’obbligo, benché il Basilea possa farla soffrire sia al St. Jakob-Park sia allo Stamford Bridge, come ha dimostrato eliminando una squadra come il Tottenham di equivalente valore attuale al Chelsea. Tra turchi e lusitani, per prestigio e storia recente il Benfica sembra possedere i mezzi per approdare alla finale di Amsterdam. Le partite più belle si giocheranno all'andata  in casa del Basel e del Fenerbahçe, e dunque la serata di giovedì sembra promettere un bel gioco, perlomeno a livello agonistico. Vedremo.

Azor

13 aprile 2013

Capolinea Italia

Ci è andato vicino e per poco non ci riusciva. Carletto nostro stava per fare il gran colpaccio al Camp Nou l'altra sera. I franzosi sono storicamente abituati ad arrivare vicini al risultato senza coglierlo, tanto che "So foot" ha titolato "PSG : le retour de la France qui perd. La France du foot a toujours été championne du monde du «presque». Dernière illustration en date : la glorieuse élimination de Paris face au Barça, hier soir ..." [leggi]. Bella e sana autoironia. Ma Ancelotti ha fatto veramente un capolavoro nel corso di un anno: ha ricevuto in dono un mazzo di figurine di calciatori e, pazientemente, ha cominciato a trarne una squadra di giocatori. Incuriosito dall'impresa, a fine agosto avevo guardato le prime di campionato, sulla spiaggia di Ajaccio e contro il Lorient, e c'era da mettersi le mani nei capelli: avevo scritto che "faticherà in campionato dove peseranno soprattutto i gol di Ibra e quelli impediti da Silva. Ma temo che non reggerà il confronto con gli squadroni europei" [qui]. Non è stato così: il confronto, col Barça, lo ha retto eccome. Nessun'altra squadra aveva finora giocato così offensivamente al Camp Nou, contrapponendo il gioco e la qualità ai padroni di casa. Senza la resurrezione della Pulce - che ha interpretato una mezz'ora da Maradona, la divinità che cambiava da solo il corso delle partite - probabilmente ora staremmo recitando il de profundis blaugrana. Dunque, grande merito a Carlo.

Mario "Manzo" Mandžukić è ormai l'incubo di Chiellini e Buffon
Per il resto, il mio possesso palla scema mestamente turno dopo turno: buon 75% in Champions (3 qualificate su quattro azzeccate), ma solo 25% in Europa League (1 sola su 4). Come altri avevo sopravvalutato la Juventus (e anche, per mia parte, il Rubin e il Tottenham), e sottovalutato il Chelsea del redivivo Torres.

Ora è partito il tormentone mediatico sulla ecoinsostenibilità  del calcio italiano rispetto a quello tedesco e spagnolo. Ok, ma è vero solo in parte: il Borussia fattura meno della Juve, e non ha in squadra né Buffon né Pirlo, eppure ha già battuto il Real ed è in semifinale, con una mezza manica di ronzini. Ben messi in campo, però, e capaci di difendere attaccando. Io credo che la vera differenza tra Bayern e Juventus l'abbiano scavata le punte bianconere, ma non tanto per il nullo contributo offensivo, quanto per la incapacità di partecipare alla manovra difensiva. Mandžukić (uno dei miei manzi preferiti ad Euro 2012 [leggi]) a Torino ha corso dietro a Bonucci e Chiellini per 90 minuti, non si è limitato a segnare. Come ha osservato Mastro Arrigo, "la differenza sta che nel calcio totale si difende correndo in avanti imponendo i propri ritmi e personalità, mentre nel calcio italiano si corre indietro facendo densità difensiva e lasciando iniziativa e gioco agli altri" [leggi]. Conte ha fatto vedere tratti di calcio totale nell'ultimo anno, ma deve ancora lavorare sul lavoro corale delle punte, e non è detto che un vecchio bucaniere come Fernando Llorente non possa davvero tornare utile alla causa nel prossimo futuro.

In ogni caso: il Bayern ha vinto entrambe le partite, destando grande impressione, il Borussia ne ha vinta una (tra nefandezze arbitrali e rinuncia a ogni assetto tattico negli ultimi minuti, come fece l'Inter di Mourinho a Kiev) e pareggiata l'altra, il Real ne ha persa una (per distrazione?) e il Barça ha passato il turno senza vincere. Gli statistici ci hanno rammentato che è l'ottava semifinale raggiunta dal Barça negli ultimi dieci anni, la settima di José, la terza consecutiva del Real, etc. La sensazione è che si vada verso una finale tra Bayern e Real. Ma ci torneremo sopra tra qualche dì, smazzando le carte e lucidando il lardo.

Tra le otto migliori squadre europee di stagione annoveriamo una turca, una svizzera, una inglese e una portoghese. Zero italiane. E ce lo meritiamo per come snobbiamo l'EL. Alla ("faticosa" ?) ribalta internazionale si preferisce sempre un bel quarto posto nostrale tra isterie, sospetti, risse e Daspo a settantenni ...

Azor

5 aprile 2013

La coppa Carlo V

Belle serate in enoteca quelle di coppa di questa settimana. Non sono un grande esperto, ma credo di poter dire che le beve di martedì, a Parigi e a Monaco, sono state di grande corpo: diciamo, rispettivamente, un bel Côtes du Rhône e un buon Riesling. Più leggeri i vini del mercoledì sera: un Sierras de Málaga e un La Mancha? Belli frizzanti infine quelli del giovedì ...

2 aprile 2013
David in Paris: un'icona al parco dei Principi
Fuor di metafora, soprattutto le partite tra le quattro capoliste dei campionati sono state di grande intensità. Poderose, in assoluto, le prime mezzore di PSG-Barcellona e Bayern-Juventus, a tratti entusiasmanti. Ancelotti ha dipinto un altro dei suoi capolavori: ha affrontato impavido il Barça senza fare barricate, ma giocandosela a campo aperto, con una mediana dai piedi buoni (Lucas, Beckham - sì, lui - e Pastore, sostenuti da Matuidi) che non è rinculata ma ha tenuto molto alto il baricentro della squadra. Risultato giusto: più PSG all'inizio, più Barça a metà, equilibrio alla fine. Certo, sarà difficile andare a vincere a Barcellona, ma la scelta di giocare ha mostrato la tempra e l'esperienza di Carletto nostro. E al Camp Nou Lavezzi e Lucas avranno spazi immensi in cui lanciarsi ...

La Juventus è stata invece schiacciata dall'eretismo podistico dei bavaresi, che hanno dominato sul piano tattico andando a difendere con gli attaccanti sulla linea di Bonucci e Pirlo e a impedire alle fonti di gioco bianconere di avviare azioni pulite. A Beckenbauer è purtroppo sfuggita una delle tante dichiarazioni di supponenza teutonica [leggi] che contribuiscono a non fare amare i tedeschi nel mondo, e che nel calcio si tingono di inferiory complex nei confronti degli italiani: e, invero, a me pare che Gigi Buffon sia stato soprattutto ingannato dalla deviazione del suo compagno. Mi aspettavo anch'io qualcosa di più dalla Juve: le è forse mancata l'abitudine a serate come queste di un gruppo di giovani che sembra comunque destinato a fare bene in Europa nei prossimi anni. Il Bayern ha mostrato la qualità già messa in luce a Londra contro l'Arsenal: gioca forse il calcio più bello di questa stagione. Ma il ritorno con gli inglesi ha mostrato che rimane vulnerabile. Né credo che mercoledì prossimo a Torino la Juventus ripeterà la stessa prestazione.

Ho visto anche Malaga vs Borussia, ma non mi sono entusiasmato come invece hanno fatto molti commentatori. Entrambe le squadre sono ben messe in campo da allenatori di spessore, ma sono costituite da giocatori che se sono funzionali al gioco collettivo non esprimono qualità tecniche avanzate: solo Isco e Goetze mi sembrano ergersi sugli altri. Ho anche assistito a molti errori marchiani di attaccanti e difensori, e la partita mi è parsa gradevole nelle occasioni più che nell'intensità agonistica. Impaurito dal miedo escénico e scollegato tra i reparti, il Galatasaray si è arreso subito a un Real ordinatissimo e veloce. Terim non è riuscito a tirar fuori un coniglio dal cilindro e si è rassegnato a prenderle. Inguardabile Schneider, che certo non rimpiango. Mourinho è a un passo dalla quarta semifinale consecutiva di Champions: un altro dei suoi record, che non ne placherà nemmeno stavolta le inquietudini esistenziali.

Il sentore è che si vada verso una chiusura di torneo riservata alle sole tedesche e spagnole: una coppa intitolabile a Carlo V, il grande imperatore asburgico che fu re di Spagna. E d'altra parte se il Pep si è orientato su Monaco è chiaro che il nuovo asse del calcio europeo è ormai quello [scenari]. Solo il ritorno di Mourinho al Chelsea potrebbe rimettere in gioco le inglesi, ormai appannate, nonostante le ultime tre CL conquistate, non a caso e un po' fortunosamente (Liverpool e Chelsea), ai rigori.

Azor