30 giugno 2013

Palloni giocabili: Brasile vs Spagna 2013

Segnalo ai colti e agli incliti (quorum ego) alcuni interessanti articoli usciti in questi giorni nell'attesa dell'annunciata finalissima della Conf Cup.

1° giugno 1986, Estadio Jalisco, Guadalajara
L'esultanza di Julio Cesar, Junior e Socrates
dopo il gol di quest'ultimo alla Spagna
(La partita è in Cineteca)
Tim Vickery, grande esperto della cultura calcistica brasiliana, testimonia la grande attesa e l'ammirazione degli spettatori brasiliani dopo aver visto la Spagna dal vivo nei loro stadi (BBC Sport). Florent Torchut, inviato di "So Foot", coglie nell'attesa dei brasiliani la fragilità del momento della Seleçao: "Une défaite face aux champions du monde espagnols ferait vaciller les bonnes bases jetées par Scolari" [leggi].

Barney Ronay discetta invece sulle "two contrasting routes to footballing beauty" che Brasile e Spagna offrono agli appasionati di estetica (Guardian).

Jonathan Wilson, presentando la partita da par suo, ritiene che sia il Brasile sia la Spagna debbano migliorare la qualità del gioco finora mostrato (Sport Illustrated). Gigi Garanzini, sul "Sole 24 Ore", sostanzialmente concorda: non vede un gran Brasile [leggi], e gli spagnoli gli appaiono tutto sommato fiacchi benché infallibili [leggi].

Paolo Condò, sulla "Gazzetta", rammenta giustamente come non vi sia parità di condizioni nell'approccio alla finale tra Brasile e Spagna (1 giorno in meno di riposo, 3 ore di aereo in più, semifinale all'umido, supplementari, rigori, etc.) [leggi].

Il grande Beck ci ricorda infine che "dal 2008 a oggi - Europei, Mondiali, Europei, Confederations Cup - le sartine di Del Bosque devono ancora subire un gol nelle partite a eliminazione diretta, e sono già undici. Possesso palla uguale meno rotture di scatole. Olè" (Eurosport). Thomas Goubin, sempre di "So Foot", rievoca "le jour où l'Espagne a été battue par le Brésil et l'arbitre", ai Mondiali del 1986: gol fantasma, etc. [leggi].

Azor

29 giugno 2013

I nostri cari mesti brocchetti

C'è qualcosa nell'Italia pallonara di questi giorni che non capisco bene (o magari, invece, anche troppo ...). Leggo e ascolto commenti soddisfatti per la sconfitta 2:4 col Brasile e per lo 0:0 più rigori con la Spagna. Mah ... L'Italia è la cultura calcistica che vanta la più lunga continuità ai vertici mondiali (dal Mondiale 1934 a quello 2006 corrono 72 anni, e nessuno è come noi), vari titoli e finali europee (compresi anche gli under si va a bizzeffe), per non dire dei palmarès di Milan, Inter e Juventus nelle coppe. Insomma, siamo una grandissima potenza. E ora ci accontentiamo per due sconfitte? Dice: ci saranno utili per l'anno prossimo. Mah ...

27 giugno 2013, Estadio Castelao, Fortaleza
La solitudine del Maestro
Preciso: sono scettico, non critico. Sono un estimatore di Cesare dalla prima (buia) ora del luglio 2010 e gli sarò eternamente grato per la ricostruzione, in primo luogo morale, dell'ambiente della nazionale e per i risultati di gioco e agonistici che ha conseguito in questi anni, dall'esordio all'Upton Park del 10 agosto di tre anni fa (con un Balotelli ancora nerazzurro ...) alla finale sfiorata nella Conf Cup.

Cesare ha fatto le nozze con i fichi secchi. Questa è - a mio avviso - la realtà. A scorrere gli elenchi dei 23 azzurri di Euro 2012 e Conf Cup 2013 non può non venire in mente la memorabile reazione del Filosofo, al secolo Manlio Scopigno: "Mai avrei immaginato in vita mia di vedere giocare in mondovisione Comunardo Niccolai". Gianni Brera avrebbe detto che siamo pieni di mesti brocchetti. In breve, non credo che questo gruppo di giocatori possa dare di più di quanto abbia dato finora. Arriva in fondo stremato, con la forza di volontà e con tutta la caparbietà della nostra tradizione, ma non passa l'ultima asticella.

L'esperienza di questo strano torneo - giocato tra tardo autunno e primo inverno australe, tra l'umidità degli stadi del nord e i fumogeni e le pallottole di plastica al di fuori degli impianti, tra le passeggiate in spiaggia a Copacabana e i ritiri blindati di Bahia (e memorabile rimarrà la visita di Mario al centro di assistenza che sostiene in quella città dal 2007) - servirà senz'altro per il Mondiale del prossimo anno. Ma non facciamoci illusioni. I pochi campioni che abbiamo avranno un anno in più all'anagrafe: Pirlo, la cui acclamazione del potere negli stadi brasiliani suggella una strepitosa carriera, mostra evidenti pause; Buffon non sarà il pensionato bollato come tale dal Kaiser qualche mese fa ma sembra in fase calante, maestosa, ma calante. Poi chi abbiamo, oltre a Mario? Se andiamo all'assalto della Spagna con Candreva, Giaccherini e Giovinco la risposta è intuitiva. Non a caso in 210 minuti, tra Brasile e Spagna, abbiamo segnato un paio di golletti (non con gli attaccanti) e basta.

27 giugno 2013, Estadio Castelao, Fortaleza
L'usura italica
Potremmo invocare gli under che saliranno in nazionale A. Ma sono gli stessi nettamente sconfitti dai pari età della Spagna a Gerusalemme: De Gea, per dire, è titolare da due anni nel Manchester United, mentre Bardi è ritenuto ancora un bimbo da fare maturare (in realtà marcire) in provincia; e non parlo di Isco e Alcantara ... In sostanza: siamo sotto agli iberici, e probabilmente anche a questi (modesti) brasiliani, di una spanna abbondante e, al momento, invalicabile. Inutile farci illusioni, inutile girarci intorno.

Vista da spettatori terzi, la semifinale con la Spagna può essere riassunta così: primo tempo nettamente a favore dell'Italia, secondo tempo pari, supplementari a favore della Spagna, ai rigori esperienza e minore logoramento degli iberici. Cesare ha fatto un altro dei suoi capolavori, quasi come l'action-painting contro il Brasile dello scorso marzo, quando schierò Poli, Antonelli e Cerci, oltre a Giaccherini, Gilardino e Diamanti [vedi]. Accontentiamoci. Ma non illudiamoci. Questo è il lusso italico, al momento.

Azor

20 giugno 2013

Quattro a tre

19 giugno 2013, Arena Pernambuco, Recife
Shinji Kagawa mette la firma
Ogni tanto nei tornei ci scappa una partita divertente, magari un po' pazza. Ieri notte leggibilissima: Cesare ha sbagliato formazione ed è stato travolto dal ritmo e dal pressing asfissiante dei nipponici. Riconosciuto l'errore e cambiati i due uomini che ne avevano squilibrato l'assetto, piano piano la squadra si è ritrovata, non senza fatica e non senza lasciare comunque una sensazione di fragilità di fondo. Ultima mezz'ora da incubo, con i giapponesi scatenati e una difesa italiana sempre in affanno, perennemente con un uomo in meno nelle situazioni di gioco.

Gli asiatici sciupano lo sciupabile e forse anche qualcosa di più, e, come nemesi vuole, prevale, in fine, il nostro cinismo. Meritava il Giappone: il risultato è bugiardo, ma portiamo a casa la qualificazione alle semifinali, secondo atavica tradizione di sofferenza nei gironi. Apprezzabile è solo il carattere con cui la squadra ha reagito e ha strappato il risultato. Il resto "gli è tutto sbagliato, gli è tutto da rifare", come dicono a Ponte a Ema: Mario non ha ricevuto una palla decente in tutta la partita, se non dall'arbitro quando gli ha mostrato il dischetto; il centrocampo non solo non ha costruito ma non ha nemmeno fatto filtro; la difesa è stata spesso inguardabile.

L'incornata del 3:3 di Shinji Okazaki
Emergono i difetti (per i pregi accontentiamoci degli sprazzi offerti col Messico) di fondo dell'impianto dell'XI di Prandelli: la rinuncia al gioco sulle fasce; l'assenza di un trequartista di qualità alle spalle di due punte; il 4-3-3 rimane vagheggiato, anche per gli esiti modesti degli esperimenti; il possesso palla di qualità tende alla sterilità quando si gioca con l'alberello di natale. Se poi aggiungiamo l'assenza di condizione, la squadra scade a compagine modesta, dominabile da qualsiasi ciurma arrembante, come è successo ieri.

I meriti di Zaccheroni San sono evidenti, ma la domanda di fondo rimane: come mai i nipponici correvano come matti al 95' mentre i nostri erano con la lingua di fuori da una buona mezz'ora? L'umidità all'80% di Recife la soffrivamo solo noi? E non tiriamo in ballo le "fatiche" del campionato, per cortesia, perché la Serie A non è un torneo atletico fondato sulla corsa; si gioca a ritmi bassissimi, quasi da fermi: è semmai una tenzone isterica dove il gioco è costantemente spezzettato dai duelli rusticani tra i vari galletti tatuati per la precedenza ai semafori, in un clima di rissa continua.

I rapinatori
Detto questo, sabato notte c'è la vedremo col Brasile, col quale rischiamo pure di vincere, data la modestia attuale della Seleção. Soffriremo dannatamente il loro gioco sulle fasce, questo è sicuro, ma se riusciremo a contrarli lì, loro non potranno che affidarsi al lancio lungo di David Luiz per la testa dei nostri centrali. A quel punto dovremmo cercare di imbeccare con qualche palla decente il nostro Mario. Su Neymar non marcatura a uomo ma gabbia tra De Rossi, Abate e Barzagli. E un bel segno della croce (a proposito, Cesare dovrà confessarsi in settimana perché è stato più volte beccato dalle telecamere in labiali sacrileghi inequivocabili).

Per il resto, ho sbagliato completamente il pronostico sul Messico, inferiore a tutte le attese. La Spagna sembra più tonica del previsto (e non venitemi a dire che la Liga è meno atletica della Serie A ...) ma l'allenamento di stasera contro i turisti che vengono da Tahiti non ci darà altre indicazioni. Gli unici punti interrogativi ancora aperti saranno sciolti dalla partita di stanotte tra uruguagi e nigeriani: i primi sono apparsi troppo brutti per essere veri, i secondi sono ancora tutti da scoprire nella loro attuale consistenza.

Azor
19 giugno 2013, Arena Pernambuco, Recife
Italia - Giappone 4:3
Tabellino | HL | FM

17 giugno 2013

Il Leone ruggisce ancora

Eh sì! Per quanto sempre più spelacchiato, il vecio Leòn marciano ha ruggito anche ieri.

In 'trasferta' al Mecchia di Portogruaro ha dapprima illuso e poi trafitto negli ultimissimi minuti il Monza nella finale dei play off per l'accesso alla C1 [tabellino | HL]. Eroe, non per un giorno, l'indigeno Riccardo Bocalon, bomber sbocciato nelle giovanili delle Beneamata insieme a Destro, al quale dobbiamo un girone di ritorno coi fiocchi [biography | stagione]. Già lo scorso anno - lo rammento ai colti e agli incliti - il Venezia aveva vinto il campionato italiano di serie D, spezzando le reni al Teramo nella finalissima - davvero una bella partita [tabellino | HL] - sotto le colline di Gubbio.

Dunque un'ascesa irresistibile, che merita di essere celebrata. Anche perché il Venezia Calcio ha subìto nell'ultimo quarto di secolo traversie come poche altre squadre italiche: tre volte fallita e tre volte rifondata, ha conosciuto i fasti della A grazie a quello spregiudicato di Maurizio Zamparini (che ha fatto sedere sulla panca del Penzo anche Cesare Prandelli e fatto sognare con Pippo Maniero ed Alvaro Recoba) ma anche il gorgo nero della serie D.

Tutto si gioca ormai intorno al possibile affare del nuovo stadio, una chimera vanamente inseguita da Zamparini e ora nel mirino di un enigmatico (eufemismo) faccendiere russo, Yury Korablin (di cui nelle ciàcole da bàcaro in città si narra che, alla prima conferenza stampa di presentazione in laguna come nuovo presidente, alla domanda su quali fossero le sue attività in patria abbia sussurrato d'un fiato tre lettere: "KGB"). Ovviamente lo stadio si farebbe in Terraferma, in quel non-luogo che è ormai diventata l'area di Mestre e Tessèra, tra passanti autostradali, centri commerciali e direzionali, villette a schiera, riconversioni ecologiche di aree inquinate, aeroporto, nuovo ospedale e magari anche il tracciato della TAV per Trieste e Kiev ... Un boccone enorme, ricordato, en passant (altro eufemismo) dal Presidente al Sindaco nel messaggio ufficiale di ringraziamento [leggi].

A colori originari, nero verdi,
la squadra che vinse la Coppa Italia nel 1941
Speriamo che, come al solito, salti tutto e si continui a vedere un bel calcio provinciale all'antica al Luigi Penzo di S. Elena [vedi], teatro dei fasti degli anni trenta e quaranta, della squadra di Ezio Loik e Valentino Mazzola che vinse una Coppa Italia (sono il secondo e il quarto accucciati nella foto qui accanto), ma anche delle più recenti stagioni di serie A: pare che Ronaldo (quello vero, quello dell'Inter) si divertì come un bambino nel viaggio in motoscafo per raggiungere lo stadio e che gettò in canale un pallone per vedere l'effetto che fa ... Perché privarci di queste emozioni?

Azor

Riferimenti essenziali: La scheda Wiki sul Venezia | Il sito ufficiale | Quello dei tifosi | La squadra di Subbuteo
A letto con Maradona le celebrazioni più appassionate, ovviamente: Il Tornado | Happy endings | 1942
Per chi ancora ama leggere i libri: Un secolo di Calcio Venezia, a cura di S. Giorgi, Venezia, I Antichi Editori, 2007; e le belle pagine di John Foot, Calcio, 1898-2010. Storia dello sport che ha fatto l'Italia, Milano, Rizzoli, 2010, pp. 392-394.

16 giugno 2013

Il boato

16 giugno 2013, Estádio Jornalista Mário Filho, “Maracanã”, Rio de Janeiro
Il Maestro ha lasciato il segno
Lo so, lo so. Sono monotono. Ma con l'età si accentuano i difetti. Però non so trattenermi dal celebrare a caldo la partita di Sant'Andrea da Brescia al Maracanã. Per un semplice motivo: il coro "Pirlo! Pirlo!" con cui il pubblico ha salutato il gol, e il boato maestoso che si alzava dai 70.000 presenti ogni volta in cui toccava palla. La celebrazione di un Maestro.

Credo che l'immagine più bella sia quella dell'inchino che Jose de Jesus Corona ha tributato alla parabola perfetta disegnata del Doctus Pictor, rinunciando alla parata [video]. Rendendo onore così, anche lui, al gesto, alla serata e al momento.

La pennellata forse più bella è stato il taglio di trenta metri di prima per Abate alla fine del primo tempo. All'estero il volto migliore del nostro calcio è quello di Pirlo, conosciuto e apprezzato unanimemente a tutte le latitudini e longitudini. Spesso, nella nostra vocazione al tafazzismo, ce lo dimentichiamo. Ed è un peccato.

Azor

15 giugno 2013

Mèxico!

Italia-Messico, esordio dell'Italia alla Confederation Cup. Messico, Messico... ah sì, ecco, i mondiali di Messico '70. Giugno, caldo. Esami di terza media; le partite a mezzanotte; tutti che sembrano andare al rallentatore, un po' per le immagini via satellite un po' per i duemila metri di altura. Anastasi che all'ultimo momento non parte per un attacco di appendicite (inventato), Boninsegna e Prati convocati in sua sostituzione. Lodetti rimandato a casa perché di troppo e che si incazza; la prima partita dell'Italia contro la Svezia, dopo mezz'ora si fa male Comunardo Niccolai (“tutto avrei pensato nella vita, ma non di vedere Niccolai in mondovisione” Scopigno dixit), entra faccia d'angelo Rosato che sarà giudicato il miglior difensore di quel Mondiale, la ciabattata di Domenghini che ci fa vincere quella partita e ci fa superare il turno ...


... e il gol di Jairzinho contro la Cecoslovacchia (pallonetto, o se preferite sombrero, sul portiere in uscita e stangata al volo), Inghilterra-Brasile a Guadalajara con la paratona di Banks e lo scambio di maglie a fine partita tra Bobby Moore e Pelé, i quarti contro il Messico, Carbajal cinque mondiali e Fragoso, la staffetta esce Mazzola entra Rivera che segna, la scivolata gambe all'aria da cartone animato di Rosato arrivato di corsa per festeggiare il gol. E i tedeschi che non muoiono mai e rimontano l'Inghilterra come quattro anni prima a Wembley, ma questa volta ai supplementari li battono con un gol di  ...

... Gerd Muller, quel barilotto che segna sempre; Italia-Germania allo stadio Azteca, Beckenbauer con il braccio al collo, il pareggio di Schnellinger all'ultimo minuto, i supplementari, il gollonzo di Muller, il 4 a 3 di Rivera (“telespettatori italiani, che magnifica partita” Martellini dixit); la finale contro il Brasile di Felix e Clodoaldo e la linea d'attacco Jairzinho-Gerson-Tostao-Pelè-Rivelino giocata alle otto di sera mentre si cena, lo stacco in cielo di Pelè, la staffilata di Carlos Alberto (“e sono quattro” Martellini dixit) ...


... la nazionale dei messicani, Albertosi, Burgnich, Facchetti, Bertini, Rosato, Cera, Domenghini, De Sisti, Boninsegna, Mazzola/Rivera, Riva; Puebla, Toluca, Guadalajara, lo stadio Azteca; Jannacci che canta Messico e nuvole, la faccia triste dell'America e Fausto Cigliano  a ritmo di bossanova, "Domenghini e Rivera, Boninsegna e Mazzola in panchina, in panchina: con Zoff!" ...

Kalz

Meccaniche quantistiche

Il concetto di retrocasualità è oggetto di discussione all'interno della comunità scientifica da anni. Fisici e psicologi si cimentano, da angolazioni diverse, per stabilire se e quanto un evento futuro influenzi quello presente. La fisica quantistica è ancora in fase embrionale, ma sta marciando anche in questa direzione. Vedremo. Quel che è certo è che il gioco del calcio potrebbe fornire materiale utile per portare avanti questo interessante dibattito. Troppo spesso il risultato finale influenza gli eventi che vi si dirigono e sorvolo sul vergognoso epilogo dello scorso campionato che, volutamente, non ho commentato su queste autorevoli pagine in quanto tifoso viola e amante di un gioco ormai regolarmente e impunemente stuprato dalla logica della meccanica quantistica del potere.

Arriviamo dunque all'ennesimo calcio d'inizio, stavolta di un torneo che vale quanto l'opinione politica di Vito Crimi. Ma pur sempre di un torneo si tratta e per giunta internazionale, con uno spettro di squadre assai inedito e per certi versi incredibile (che ci fa il Brasile con Tahiti?). Quindi è con il solito immutato piacere che Cibali esprime i suoi cumanici pronostici, cominciando come sempre dalle squadre che arriveranno ultime fino alle regine della manifestazione.

Tahiti. Mah... Chi sono? Chi ci gioca? Ho letto la rosa e francamente, dopo quarant'anni di amore calcistico, non sono riuscito a trovare un solo atleta noto, anzi uno si; si tratta dell'attaccante Marama Vahirua, del Nancy e in prestito al Panathinaikos dall'anno scorso. A parte lui, sono un'allegra brigata di dilettanti che si divertiranno un mondo. Io glielo auguro, ma non credo riusciranno a evitare colossali imbarcate. Vedremo.

Nigeria. E' una buona squadra, fresca campione d'Africa, ma ha una difesa che è quasi peggio dell'attacco italiano. Credo che non farà granché. Pollice verso.

Giappone. Potrebbe fare bene, ma ha una zavorra colossale: Zaccheroni. I Giapponesi stanno imparando a giocare a calcio, ma in un campionato di serie C di qualsiasi paese nord europeo farebbero fatica a salvarsi. Li vedo male.

Messico e Italia. Ahimé, quest'anno vedo male la nazionale patria. Il Messico è forse uno dei peggiori della sua storia, noi no, ma siamo un'accozzaglia di juventini con qualche milanista. Già questo basterebbe a farmeli detestare, ma quando vedo la casacca azzurra non riesco a non emozionarmi. Resta il fatto che siamo un misto fra patronato INPS e asilo nido. Se Cesarissimo saprà trovare l'alchimia giusta fra questi due estremi anagrafici e motivazionali potremmo anche fare bene. Non credo ci riuscirà anche perché, come dicevo all'inizio, si tratta di una competizione che non vale nulla, o forse vale, ma i nostri non lo sanno e nel nostro dna c'è scritto che se una competizione è storicamente importante allora ce la giochiamo seriamente, altrimenti tutti a pensare a Formentera e a Miami. Andrà così, temo. Gambe in Brasile e testa in vacanza. Vinceremo domani sera all'esordio ma dopo arriveranno le delusioni. E poi c'è sempre Montolivo, vero fenomeno del calcio moderno, un CR7 all'amatriciana, il giocatore più inutile che abbia mai vestito quella magnifica maglia. Il giorno in cui lo vedrò passare la palla in verticale senza passarla al portiere avversario giuro che leggerò un libro di Dan Brown.

Uruguay. Bella squadra, molto equilibrata, con talenti straordinari (Cavani e Suarez da soli fanno paura a chiunque); adoro da sempre Lugano e non capisco perché nessuno in Italia lo abbia mai preso. D'altra parte fa la riserva di Thiago Silva al PSG. Credo che l'Uruguay arriverebbe in fondo se non ci fosse la solita Spagna, ancora favorita secondo me e il padrone di casa, che proprio perché è padrone di casa e perché in panchina è tornato uno bravo, Scolari, vincerà la manifestazione. La finale sarà questa: Brasile-Spagna. Vincerà il Brasile perché il Brasile non può non vincere in Brasile. La ConfCup sarà sua. In ogni caso sarà solo l'antipasto del lauto pasto che ci attende l'anno prossimo, quando anche l'Italia atterrerà nel paese grande quanto un continente non solo fisicamente, ma anche con la testa.

Cibali

13 giugno 2013

Il terzo incomodo

Ci sono solo due nazioni (e due nazionali) che hanno un buon motivo per vincere questa Coppa: il México e il Brasile. I messicani sono da sempre alla ricerca di occasioni per ampliare non tanto la bacheca quanto il prestigio del loro fútbol; i brasiliani sono naturaliter obbligati a vincere qualsiasi competizione cui possano (o decidano di) partecipare. E, a maggior ragione, quando sono loro a fare gli onori di casa. La torcìda si aspetta solo questo: samba e vittorie. Pelé mette le mani avanti: conosce i suoi polli [vedi] e il suo sguardo non è quello dei giorni migliori.

Spagnoli e italiani vanno a giocare qualche test-match. Un possibile fiasco alla Confederations non minerà di certo le ambizioni dei multi-campeones; i nostri faranno un bel partido contro la Seleçao, ma verranno strapazzati sul ritmo da messicani e giapponesi. Se non altro, prenderanno confidenza col clima e l'ambiente.

C'è un terzo incomodo: l'Uruguay. La Celeste non ha ancora staccato il biglietto per il mondiale. Ben che vada andrà ai play-off, dove se la vedrà con le terze-quarte classificate dei gironi di zona (con esclusione dell'Europa). Qualcosa, dunque, rischia. Me li immagino incarogniti e motivati - hanno appena vinto una sorta di spareggio in Venezuela (per la cronaca: golletto decisivo di Edinson Cavani). L'appetito (e l'orgoglio) crescerà loro di partita in partita.


Dunque, per farla breve. Le semifinali saranno Brasile-Spagna e Messico-Uruguay. Passeranno Brasile (ai rigori) e (ai supplementari) Uruguay. Ed ecco il risultato della finale: due a uno (in rimonta) per l'Uruguay.

Mans

Una coppa senza sale?

La Confederations Cup equivale alla Club World Cup. Pane senza sale quasi sempre. Ma pur sempre pane. Col quale puoi anche cucinare ottimi piatti come la panzanella (vista la stagione, ma anche la pappa al pomodoro se continua a far freddino) e mangiare salumi di qualità (pan biscotto e sopressa, come si fa in Terraferma). Dunque può essere gastronomia. Detto - sia chiaro - da chi è convinto che la vera gourmanderie sia rappresentata dal Championnat d'Europe des Nations più che dalla macedonia (spesso acquosa) della FIFA World Cup, e da chi sogna un torneo a 16 con le 8/9 migliori d'Europa, 4/5 americane e 2/3 wild cards.

18 giugno 2009, Ellis Park Stadium, Johannesburg
La squadra egiziana ringrazia e festeggia dopo il gol di Homos ai campioni del mondo
Da quando è organizzata direttamente dalla FIFA (1997) la ConfCup è stata vinta solo dal Brasile (3 volte), dalla Francia (2) e dal Messico (1). Nei tornei sauditi precedenti vinsero l'Argentina di Batistuta e la Danimarca di Laudrup. L'Italia ha partecipato solo all'ultima edizione (2009), dove Lippi fece la sua prima figura barbina in terra d'Africa (0:1 dall'Egitto e poi 0:3 dal Brasile di tale Luís Fabiano). In breve, non esprime alcun valore assoluto, non conta un tubo per chi non partecipa e non vince, e fa bacheca solo per chi la porta a casa. Ma è pur sempre un torneo di fine stagione (europea) che produce quattrini e intrattiene gli appassionati perché scendono in campo nazionali di blasone e qualche campione. Meglio roba del genere che i tornei e le amichevoli estive, per dircela tutta. Meglio una serie di partite come queste che rassegnarsi ai talk show sull'oppio dei popoli (vulgariter: calcio mercato).

Dunque, proviamo a guardare nella palla di lardo del torneo che comincia sabato notte (orari cui dobbiamo cominciare a prepararci anche noi, e non solo le squadre che fanno le prove del 2014 al di là dell'oceano). E dico subito Messico: arriva a fari spenti per i nostri nesci di giornalisti specializzati, ma è l'XI che ha vinto le Olimpiadi sulle sopravvalutate stelline brasiliane [vedi], ha un tecnico in gamba, José Manuel De La Torre, che non solo ha vinto la Concacaf 2011 ma vanta anche 3 sole sconfitte in 35 gare (e 22 vittorie). Mancherà l'eroe di Wembley, purtroppo, Oribe Peralta Morones, che si è rotto il ginocchio, ma occhio ad Aldo De Nigris, un gol ogni 46 minuti nella Concacaf 2011. Domenica sera, al Maracanã, ci faranno vedere i sorci verdi (come la loro maglia).

L'Italia sembra spenta, ma stiamo a vedere. Più che altro mi pare che Cesare sia a metà del guado tra gli eroi del 2012 e gli innesti dei più giovani (alcuni dei quali si stanno ben portando in Israele): non siamo né carne né pesce, al momento. Il centrocampo ha un anno in più e ottoni opachi (Pirlo, ma soprattutto De Rossi), e ci manca il gioco sulle fasce: Chiellini è un mesto ronzino nella metà campo altrui, Abate è quello che è. Ma non sparo sul pianista, né adesso, né - Eupalla non voglia - dopo. Sarò sempre grato a Cesare per l'enorme lavoro che ha fatto e sta facendo [qui un epinicio più ispirato].

La vera favorita è la Spagna di Del Bosque (che è, lui, el Marqués, la vera garanzia): anche loro sembrano stanchi e a fine ciclo, ma non vedo altre rose di quella qualità, al momento. E l'anno prossimo arriveranno anche alcuni innesti dall'Under 21 che si avvia a vincere l'Europeo in Terrasanta (visti ieri sera polverizzare i virgulti olandesi con una prestazione impressionante). Dunque confido in una finale Spagna - Italia (per spirito patriottico, ma credo Mexico).

25 giugno 2011, Rose Bowl, Pasadena
Quattro pere ai padroni di casa (che si erano illusi sul 2:0 dopo 23 minuti)
e Concacaf al Tricolor
Sul Brasile, infatti, non posso che ripetermi: vive una delle generazioni più modeste della sua storia (e il 22° posto nel ranking FIFA non mente), pari forse solo a quella del 1994, che però aveva Romario. L'unico campione è Thiago Silva. Gli altri sono dei ronzini - di cui è eponimo David Luiz (notate bene, è da lui che parte ogni azione di gioco e alla fine finisce col lancio lungo a vuoto a perdere) - o al massimo delle stelline mediatiche sopravvalutate come tale Neymar da Silva Santos Júnior, di cui sfido chiunque a indicarmi non tanto cosa abbia vinto ma quale partita importante abbia giocato bene finora. La vera forza del Brasile è in panchina, nel duo Scolari - Parreira: solo dal loro pragmatismo potrà venire, e non è detto che accada già in questa ConfCup, un assetto che faccia di una raccolta di figurine una squadra. Incombe il Maracanaço.

Del Tahiti di Eddy "Etabeta" Etaeta, del Giappone di Zac e "Minchia Yuto" (come lo chiama il suo pard barese), dell'Uruguay degli incisivi di Suarez, e della Nigeria senza stelle (tutte infortunate a parte Obi Mikel) possiamo solo sperare che ci sorprendano. Buona visione, si comincia.

Azor