24 maggio 2014

Bellezze di stagione

Cartoline di stagione: bilanci 2013-14

Ancora qualche considerazione sulla stagione agonistica europea in via di conclusione, in attesa di commentare l'ultimo atto che andrà in scena questa sera sull'estremo lembo atlantico del continente. Detto dello iato culturale e di competitività, prima ancora che di risorse economiche, scavato dalla Premier e dalla Liga rispetto agli altri campionati [vedi], il commento può volgersi agli aspetti estetici e tecnici, per fissare nella memoria alcuni tasselli di una bella annata.

1 | Le squadre

Mai così belli
Se avessi a disposizione una sola opzione per indicare la squadra più bella della stagione non avrei esitazione a scegliere il Liverpool, così come lo scorso anno avrei detto Borussia Dortmund e due anni fa Athletic Bilbao. Partenze così vibranti e determinate come quelle dei Reds ne abbiamo viste poche nella storia del football: uno spettacolo impressionante di potenza e determinazione, centrato sul terzetto di attaccanti in stato di grazia e ben sostenuto da una mediana orientata al passaggio rapido in profondità. Certo, il titolo della Premier è sfuggito per alcuni errori nelle retrovie, dove Gerrard ha giocato una delle stagioni più belle della sua carriera nel ruolo di metodista: al suo scivolone fatale molti addebitano la mancata vittoria finale, ma sono state soprattutto le incertezze e le lacune della linea difensiva a pesare alla lunga. Resta il ricordo di partite memorabili.

Al pari di molte di quelle giocate dall'Atletico Madrid, non solo in campionato ma anche, a differenza del Liverpool, in Champions League. I Colchoneros praticano da anni con il Cholo un tipo di gioco più compatto, più attendista, ma di grande pressing (a tre su portatore di palla e su linee di passaggio) e di feroce determinazione. Con altri interpreti (soprattutto qualitativi), il modello più evidente a me sembra il Milan di Sacchi: curioso che quasi nessuno abbia colto le analogie. Con Diego Costa hanno trovato un guerriero a lungo implacabile, ma le ultime settimane hanno dimostrato che, lui assente o a mezzo servizio, la "squadra" è in grado di essere ugualmente letale. Se il Liverpool ha risolto molte partite nei primi venti minuti, l'Atletico ha mostrato la capacità di aggredire compatta e di impossessarsi della metà campo avversaria per tratti di gioco lungo tutto l'arco del match, anche a cavallo tra i due tempi. Una duttilità tattica e agonistica avanzata.

Tutte le altre squadre di vertice hanno giocato bene solo per alcuni periodi della stagione. Penso all'Arsenal fino a Natale, alla Roma fino all'infortunio di Totti, al Bayern fino alla precoce conquista della Bundesliga. Più affidati alle individualità mi sono parsi gli impianti di gioco del Real, del City, del Napoli, della stessa Juventus. Raramente convincente sul piano estetico il PSG. Certamente inferiori alle attese le annate del Borussia (martoriato dagli infortuni), della Fiorentina (priva troppo a lungo delle sue punte), del Manchester United (collassato dopo la lunga "tensione" del regno di sir Alex) e ovviamente del Barcellona (capace però di riaccendere a tratti la sua antica e stupefacente bellezza). Qualche rara bella partita l'ha giocata anche il Chelsea, come anche - a spiccioli di memoria - l'Everton, il Southampton, l'Ajax, l'Olympiacos. Non pervenute, ahinoi, le milanesi.

Ma è stata, complessivamente, una bella stagione di calcio giocato, come peraltro accade da qualche anno a questa parte dopo la rivoluzione barcellonista e l'imporsi del Bielsa pensiero. Ma su questo, magari, ritorneremo con più agio.

2 | Gli allenatori

Da vero hidalgo il Cholo ha sempre indossato
il colore della distinzione nobiliare
Nel luglio scorso la stagione si prospettava come quella della grande smazzata di nuovi tecnici su moltissime panchine [vedi]. Qualcosa che quest'anno non sembra annunciarsi nella stessa misura. Le sfide più interessanti mi sembravano quelle di Guardiola, di Martino, di Benitez e di Pellegrini. Nessuno ha convinto appieno, per motivi diversi: il Tata ha fallito e ha signorilmente lasciato (un comportamento per bene quanto inconsueto); El Ingeniero e Rafa hanno vinto il possibile ma poco: il Pep ha vinto moltissimo ma non il trofeo più prestigioso, dal quale la sua aura è uscita anzi un po' appannata.

Il minimo sindacale hanno ottenuto Blanc e Conte, roboanti vincitori di campionati "non allenanti". Nota bene: in Serie A i punti di distacco tra la prima e l'ultima sono stati 77, in Francia 66, in Spagna e Germania 65, in Inghilterra 56. E poi c'è ancora qualche bella gioia che continua a dire (cioè a credere) che quello italiano sia il campionato tatticamente più difficile. Una barzelletta. Credo che la Juventus avrebbe qualche problema in più che al Mapei o al Dall'Ara se dovesse recarsi a giocare al Selhurst Park o al "Manuel Martínez Valero" ...

La finale di Champions potrebbe consacrare la stagione di Ancelotti ma anche costargli il posto, data l'inconcludente fanfaronaggine di Florentino Perez, uno capace di cacciare un santone come Vicente del Bosque - che aveva vinto in quattro stagioni due campionati (2001 e 2003), una supercoppa di Spagna (2001), due Champions League (2000 e 2002), una supercoppa UEFA (2002) e una coppa Intercontinentale (2002) - con la motivazione che il suo stile di gioco era "más bien clásico, muy tradicional: buscamos algo más moderno" [vedi]. Una sorta di anatema boomerang, iettatorio ...

La palma di migliore allenatore della stagione va certamente a Simeone, vinca o non vinca la coppa dalle grandi orecchie. Non ha invece ottenuto quello che meritava Rodgers, mentre la prestigiosa FA Cup ha salvato la faccia a Wenger. Klopp ha vinto una coppa battendo il Bayern a inizio stagione e quando aveva a disposizione l'intero organico. Un cenno di lode va dato a Garcia, anche se la seconda parte dell'annata è stata inferiore alle novità proposte nella prima e il finale deludente. Fallimentari certamente le stagioni di Martino, di Moyes e di Mourinho, viste le rose a disposizione.

Angolino tattico: poche le innovazioni di gioco. La sperimentazione più interessante è quella proposta da Brendan Rodgers: un mix di possesso palla che si sviluppa in orizzontale nella propria metà campo (trenta metri più indietro di dove lo portava il Barcellona di Guardiola, per intenderci) muovendo dal portiere, e di verticalizzazioni profonde, fondate sulla proposizione degli attaccanti, ad alternare il passaggio rasoterra al lancio lungo a incrociare il fronte di gioco e a “spettinare” (come ama dire Condò) la difesa avversaria. Se vogliamo, un impianto che si avvicina a quello del Bayern di Jupp Heynckes, che sfruttava però le caratteristiche diverse degli attaccanti esterni, portatori di palla e non cursori nello spazio, e che fraseggiava meno in orizzontale.

3 | I giocatori

Caratteraccio, ma grande condottiero: capace spesso di immolarsi da solo
Qui siamo all'angolino ludico, il più personale e pertanto il più opinabile. Molti i giocatori lucenti in periodi più o meno lunghi della stagione. Tra i portieri, su tutti, Courtois, impressionante se si pensa all'età. Tra i difensori non finisce di stupirmi Alaba, che purtroppo non vedremo ai mondiali; ottimo il sempiterno Dani Alves, così come anche la coppia dei due centrali dell'Atletico, Godin e Miranda (che si sono giovati della grande copertura della mediana) e Kompany; bene anche Benatia, che ha seguito però la flessione della Roma; immarcescibile Maxwell; su standard alti Sergio Ramos (con qualche cappellata) e Thiago Silva.

Tra i centrocampisti, su tutti, Yaya Touré: immenso. Modric mai così continuo in una posizione in campo finalmente più appropriata, e Di Maria, arretrato sagacemente da Carletto; Griezmann (che magari il grande pubblico “scoprirà” ai mondiali) e Barkley tra i cursori di fascia sinistra; Ramsey e Wilshere tra gli incursori sull’altra sponda; Pogba, Thiago Motta, Verratti e Kroos tra i mastini centrali di qualità; Pjanić e Reus a ridosso della prima linea. Tra gli attaccanti il trio del Liverpool, innanzitutto: Sterling, Sturridge e Suarez (quest’ultimo una buona spanna sopra agli altri ovviamente); Hazard e Immobile tra i più giovani; Ibra e Cristiano tra i vecchi santoni (annata la più bella e convincente, finalmente, per entrambi); Silva per gli arabeschi e Dzeko per la sicurezza del tratto, pesante; Diego Costa per l’impressione destata. Under: a sprazzi hanno lasciato intravvedere grandi potenzialità Januzaj, Kovacic, Deulofeu e … Scuffet.

Sempre sia lodata Eupalla!

Azor