21 maggio 2014

Bilanci di stagione

Cartoline di stagione: ultimo turno 2013-14

Era da molti anni che non si viveva una stagione agonistica europea così intensa come quella che si è appena conclusa quanto alle competizioni nazionali, e in attesa del sigillo finale di Lisbona. Tanto intensa da meritare qualche riflessione - si parva licet - a modo di provvisorio bilancio.

1 | Cultura

Per la serrata competizione fino agli ultimi minuti di una stagione lunghissima, la Liga e la Premier League hanno tracciato uno iato profondo con gli altri tornei maggiori.

17 maggio 2014, Camp Nou, Barcellona
Gli applausi dei campioni
Il dato non è scontato se consideriamo che in Inghilterra non giocano molte delle stelle più reputate: da Cristiano Ronaldo a Messi, da Pirlo a Ribery, da Ibrahimovic a Lewandoski, da Neymar a Falcao, da Iniesta a Cavani, da Robben a Diego Costa, etc. E se consideriamo che la crisi economica del movimento fútbolista spagnolo ha dato luogo proprio nelle più recenti sessioni di trasferimento ad un'emigrazione emorragica di molti giocatori iberici, alcuni dei quali di talento: da Navas a Llorente, da Alcantara a Borja Valero, da Callejon a Xavi Martinez, etc.

Nonostante questo, la Premier e la Liga hanno offerto, a ogni turno, uno spettacolo appassionante, a cominciare dalla civiltà del pubblico: dai chants dei santuari inglesi agli applausi agli avversari tributati in quelli spagnoli. Il Boxing Day 2013 rimarrà come uno dei giorni memorabili della storia del calcio, per l'intensità della pratica sociale, la partecipazione degli appassionati e il pathos agonistico [vedi].

Prima ancora che per la cifra tecnica, i due campionati maggiori hanno marcato la differenza sul piano culturale. La Bundesliga riempie gli stadi come nessun'altro torneo, ma è afflitta dal problema degli ultras che ogni tanto prorompe in violenze fuori dagli impianti e che costringe a erigere barriere separatorie e reti di protezione per contenere gruppi di "facinorosi" che espongono impunemente striscioni violenti (ultimo lo "Speziale libero" nella curva del Dortmund). Certo, nulla ancora di paragonabile con le carceri a cielo aperto in cui si sono trasformati gli stadi della Serie A, di cui non è necessario rammentare qui lo stillicidio di violenze verbali e fisiche in cui è implosa in queste ultime annate allo sbando. Ma gli ambienti tedesco e italiano sono ormai molto indietro rispetto alla civiltà che ancora si respira nella maggior parte degli stadi spagnoli e inglesi.

2 | Competitività

Se poi ci volgiamo al piano agonistico tutti i commentatori e gli statistici hanno ricordato da quanti anni la Liga non fosse mai stata combattuta così fino in fondo e la Premier non vivesse una tale situazione di incertezza fino all'ultima giornata. Anche su questo piano i due tornei maggiori hanno scavato un solco profondo rispetto alla Bundesliga, alla Serie A e alla Ligue 1, che si sono invece concluse precocemente tra novembre e gennaio.

17 maggio 2014, Parc des Princes, Paris
Per evitare anche quest'anno le contestazioni e le violenze degli ultras [ricorda]
il PSG ha festeggiato blindato nel proprio stadio il titolo
Se la Premier aveva già vissuto nel 2012 una conclusione shakespeariana all'ultimo minuto (gol di Aguero per il trofeo dei
noisy neighbours, quando era ancora il Mancini's time [vedi]), per la Liga la discontinuità portata dal Cholismo atletico è una novità che rilancia un movimento che si era guadagnato, non sono due anni, l'epiteto oxoniense di «Liga de mierda» [vedi] da parte dell'allora presidente del Siviglia, José Maria Del Nido, frustrato dalla crescente difficoltà di continuare a "fare affari" [vedi], risolto come ormai sembrava, dopo l'ultima vittoria del Valencia di Benitez nel 2004, a una sola questione a due tra Real e Barçelona.

Quello che colpisce, del fútbol spagnolo, è la qualità delle squadre di seconda fascia: il Siviglia tre volte vincente in Europa tra 2006 e 2014, l'Atletico due volte tra 2010 e 2012, l'Athletic Bilbao finalista nel 2010, l'Espanyol nel 2007. Per non dire delle belle partecipazioni alla Champions del Villareal o del Malaga. Qualcosa di incomparabile con qualsiasi altro movimento: non solo con le squadre francesi e italiane, che mancano da una finale europea (fatte salve il Milan nel 2005 e 2007 e l'Inter nel 2010) rispettivamente dal 2004 e dal 2003, ma anche con le tedesche (che non vincono la UEFA dal 1997), e le inglesi, pur presenti al vertice ma non altrettanto vincenti delle spagnole.

3 | Risorse

Proprio i risultati agonistici delle squadre spagnole di seconda fascia confermano che le vittorie non seguono necessariamente il principio di correlazione proporzionale con i budget e i fatturati.

10 maggio, Olympiastadion, Berlino
La cultura ultrà non è un'afflizione solo italiana ...
Certo, la tendenza alla divaricazione tra i super club e gli altri è stata confermata dalle vittorie dei due club che hanno sfondato ogni parametro di decenza anche del Fair Play finanziario della UEFA: il Paris Saint Germain e il Manchester City. Quasi nessun commentatore ha evidenziato come le vere vittime di questo turbo capitalismo non siano le concorrenti europee ma le altre squadre dei campionati "nazionali", ormai schiacciate da un'esorbitante disparità: penso a un Tottenham o a un Marsiglia, per intenderci. Ma la vittoria dell'Atletico Madrid è comunque un bel segno, importante, così come lo sono la sfortunata epopea del Liverpool o la bella stagione della Roma e del Napoli.

Bene inteso: l'epoca di vittorie come quelle del Deportivo (2000), del Wolfsbrug (2009), dello Stoccarda (2007) o del Werder Brema (2004), o del Montpellier (2012), del Lilla (2011), del Marsiglia (2010) o del Bordeaux (2009), sembra ormai definitivamente tramontata [vedi]. Relegando solo al fascino e alla difficoltà della FA Cup gli spazi per affermazioni di compagini minori come il Wigan (2013) o il Portsmouth (2008). Bellissimo è stato il parterre delle semifinaliste di quest'anno: oltre all'Arsenal, l'Hull City, lo Sheffield Utd e la detentrice dello scorso anno! Ma si ritorna, appunto, alla superiorità culturale del calcio inglese. Agli applausi corali che entrambe le tifoserie presenti a Wembley sabato scorso hanno tributato agli XI avversari. Avversari, non nemici.
Azor