14 luglio 2014

Il verdetto

Cartões Postais do Brasil

E' l'ultimo istante vissuto da Miro nella storia della Coppa del mondo.
Esce dal campo, sostituito da Mario Götze. 
Logico che toccasse a Mario decidere la finale
Per Özil (classe 1988), Müller (1989), Götze (1992), Kroos (1990), Schürrle (1990), Hummels (1988), Khedira (1987), Neuer (1986), e i più esperti Lahm (1983), Mertesaker (1984), Schweinsteiger (1984), per lo stagionatissimo e ormai leggendario Miro Klose (1978) è dunque giunta l'ora di salire in tribuna d'onore, alla fine dell'ultima partita di un torneo, per ritirare la coppa. Ah, dimenticavo Podolski (classe 1985), il numero dieci (yes!). Dubitavo potesse accadere. Li consideravo forti ma non abbastanza. Tedeschi ma non abbastanza, e non solo per via delle intervenute mescolanze. Non vedevo, tra loro, qualcuno con la personalità, il carisma, la capacità di leadership in campo che era di Seeler e Overath, Beckenbauer e Breitner, Matthäus e Klinsmann. Li pensavo destinati a restare per sempre giovani, e senza coppe [vedi].

E invece eccoli arrivati, anche loro "quattro volte in cima al mondo", eccoli che festeggiano e con una certa sobrietà. Si sono diplomati. Quelli che sorridono e scherzano sul prato del Maracanã sembrano liceali che hanno appena vinto la coppa dell'istituto; Löw è il loro professore di storia e filosofia (ma laureato in filosofia), con sguardo da ex sessantottino (tedesco, s'intende) e una moderata passione per il Fußball. Dilma è come l'odiata preside, nessuno vuole farsi fotografare con lei. Gli argentini sono quelli della quinta E, quelli che devono prendere il treno tutti i giorni per venire a scuola. Giocare a pallone è la cosa che sanno far meglio, ma il più bravo di quest'anno (Di Maria) si è fatto male e non può, per questo sono così sconsolati. Guardalo, Götze ha proprio la faccia da primo della classe; riuscirà nella vita, qualunque cosa decida di fare.

Lo sguardo perso nel nulla
Tutti aspettavano Leo, e nei prossimi giorni scorrerà parecchio inchiostro - è già iniziato a scorrere. La sua biografia sarà aggiornata, perché - è comune sentire e diventerà luogo comune - ha fallito nell'occasione più importante. Lo hanno premiato col 'pallone d'oro' di Brasil 2014, ed è chiaro che quel premio era destinato a lui da tre o quattro anni. Una patacca, ma la credibilità della FIFA è quello che è. Anche la carriera di Messi è e rimane quello che è e che è stata. La carriera di un fuoriclasse epocale, una carriera che - a ventisette anni - si è già lasciata alle spalle quasi seicento partite ufficiali; alla sua età, Diego ne aveva giocate poco più della metà. Certo, il suo sguardo assente - prima, durante, dopo la partita - dice molto, se non tutto. Si è acceso ogni tanto, quando ha avuto la palla tra i piedi, e poi si è subito spento. Non aveva più la forza di dare un senso a se stesso, e speranza a quelle migliaia di argentini che, sparsi sulle sabbie di Copacabana, aspettavano il gesto.

Così e infine la coppa attraversa l'Oceano, per la prima volta in direzione dell'Europa. Doveva accadere, un giorno o l'altro. "Maliarda e girovaga", riposerà per quattro anni a Berlino. E nessuno può ragionevolmente affermare che Eupalla abbia emesso un verdetto iniquo.

Mans