8 agosto 2014

Una stagione a tre?

L'estate scorsa la riconfigurazione degli assetti tecnici dei maggiori club europei era ruotata intorno a un esteso ricambio degli allenatori [vedi]. Per alcuni l'approdo su una nuova panchina si è poi rivelato positivo: Ancelotti al Real ha vinto la decima e la Copa del Rey; Guardiola al Bayern ha vinto la Bundesliga e 4 coppe; Pellegrini al City ha vinto la Premier; Blanc al PSG il campionato e le due coppe nazionali. Anche Benitez al Napoli ha vinto la Coppa Italia, e Martino al Barcellona, alla fin fine, almeno la Supercoppa di Spagna. Anche Moyes allo United ha vinto la Charity Shield ma poi è finito arrostito sulla panchina più rovente del mondo. Solo Mourinho al Chelsea non ha vinto nulla. Tra gli allenatori confermati Simeone all'Atletico ha vinto la Liga e fiammeggiato in Champions; Conte alla Juventus ha vinto scudetto e Supercoppa; Wenger all'Arsenal la FA Cup; e Klopp al Borussia la Supercoppa tedesca. Il comune denominatore di questi allenatori è l'appartenenza alla ristretta élite dei "super club" europei, destinati comunque a primeggiare.

Quest'anno la rotazione è più limitata. Le attese sono concentrate su Van Gaal allo United, su Enrique al Barcellona e su Bielsa al Marsiglia. Si tratta di tre allenatori di grande sagacia tattica. Checché ne dicano i gazzettieri italici - nessun dei quali s'accorse del modulo vintage (WW) che Luis adottò alla Roma, finendo poi ripudiato come capita a quasi tutti, anche ai marziani, nella città eterna - anche lo spagnolo è talentuoso e ricco di idee, fautore di un gioco qualitativo. Le novità tattiche non potranno che venire da loro quest'anno.

Archetipi del 3-5-2
Insieme con il Pep, che sembra voler adottare come modulo base il 3-4-3 sperimentato senza continuità nell'ultima annata catalana, potrebbe essere il ritorno della difesa a 3 la cifra tattica della stagione. Bielsa propugna da sempre il 3-3-1-3 (o 3-3-3-1). Van Gaal ha fatto vedere ai Mondiali come si giochi con Kuyt e Blind esterni di 4. Attenzione, però: non esiste una sola via alla difesa a 3.

La primogenitura, come ha ricostruito Jonathan Wilson, va ascritta a Carlos Bilardo e alla sua Argentina campione del mondo nel 1986: 3-5-1-1, con un libero e Maradona dietro a Valdano. Anche Beckenbauer schierò una difesa a 3 in quel Mondiale ma con 4 mediani e Matthaeus dietro a 2 attaccanti: già nel 1990, però, lo schieramento si era consolidato in un 3-5-2. In Italia lo importò Nevio Scala al Parma, impostando la declinazione difensiva della difesa a 3, cioè quella dove gli esterni sono due terzini e tutti, in fase di non possesso, corrono all'indietro, posizionandosi a 5. Ciò significa giocare con un uomo in meno a centrocampo al punto da poter costringere uno dei due attaccanti a fare da raccordo (oltre a Maradona, l'esempio più recente è Hamsik dietro a Cavani, in assenza di Lavezzi, nel Napoli di Mazzarri, con Maggio e Zuniga esterni), o limitarsi a due punte davanti di cui una, per necessità, molto mobile (come Tevez nella Juventus o come Rossi nella Fiorentina ipotizzata da Montella con Gomez perno), perché il modulo non prevede attaccanti esterni ma solo la discesa dei terzini.

Altra cosa è invece giocare con una linea di soli 4 (o addirittura 3, con Bielsa e Sampaoli) centrocampisti, perché ciò costringere i tre difensori a salire in fase di non possesso, mancando le diagonali dei terzini esterni. A squadra posizionata sulla linea della propria area scala un esterno a 4 e l'assetto diventa un 4-4-2, scendendo dall'altra parte un attaccante esterno sulla mediana. Primo sperimentatore in Italia fu Alberto Zaccheroni con l'Udinese nel 1996-1997, con uno spettacolare tridente Poggi, Bierhoff e Amoroso.

Eroi del 3-4-3
Se il 5-3-2 ha il vantaggio di rendere denso il centrocampo in fase di possesso e lo svantaggio di dover aggredire gli spazi sulle fasce con due difensori, il 3-4-3 ha il vantaggio di rendere molto largo il fronte d'attacco favorendo l'inserimento dei mediani, e lo svantaggio di dover rischiare costantemente il fuorigioco difensivo perché le fasce non sono presidiate da difensori.

Questo per dire che la difesa a 3 esprime una serie di varianti, compresa quella, magnifica, della Roma di Luis Enrique, con De Rossi che in fase di non possesso scendeva da vero metodista sulla linea di Kjaer e Heinze in fase di non possesso, mentre Taddei e Josè Angel erano costantemente alti sulla linea di Gago e Pjanic. Nelle prossime settimane vedremo se Enrique la riproporrà con Busquets a scendere tra Mascherano e Piquè. Secondo questa declinazione, estrema quanto bellissima da vedere, i due laterali dei tre difensori sono in pratica due centrali cui si aggiunge a pendolo il mediano, e si gioca a zona pura. Nella declinazione a 5 il centrale è uno solo e gioca da "libero", come, per esempio, sta cominciando a fare Vidic nell'Inter di Mazzarri.

Altra evoluzione tattica in corso sembra essere il ritorno della marcatura ad uomo a centrocampo, con uno due mediani centrali a seguire l'avversario più pericoloso: nella semifinale mondiale dell'Olanda con l'Argentina Messi fu seguito ovunque da Schneijder. Insomma, si annuncia una stagione potenzialmente interessantissima dal punto di vista tattico, quanto non lo è stata quella appena finita, Mondiale a parte.

Azor