24 ottobre 2014

Uno spettro si aggira per l'Europa ...

Fettine di coppa: terzo turno 2014/2015 

 7 gol il Bayern alla Roma, 7 gol lo Shakhtar al BATE, 6 gol il Chelsea al Maribor, 5 gol l'Atlético al Malmö, 4 gol (a 3) lo Schalke 04 allo Sporting, 4 gol il Borussia Dortmund al Galatasaray, 3 gol il Barcellona all'Ajax, 3 gol il Real al Liverpool in Champions League. 5 gol il Borussia M'gladbach all'Apollon, 5 gol il Tottenham all'Asteras Tripolis, 4 gol il Villarreal allo Zurigo, 4 gol il Wolfsburg al Krasnodar, 4 gol il Besiktas al Partizan, 4 gol il Salisburgo alla Dinamo Zagabia, 3 gol il Rijeka al Feyenoord, 3 gol lo Sparta Praga allo Slovan, 3 gol l'Aalborg alla Dynamo Kiev, in Europa League.

Quello appena passato è stato un turno ricchissimo di gol in Europa. Probabilmente casuale, ma altrettanto probabilmente significativo di una palpabile linea di tendenza del football internazionale di questi anni a privilegiare il gioco d'attacco e l'opzione del gol in più rispetto a quello dell'avversario. Jonathan Wilson l'ha ascritta da tempo (la tendenza: "A spectre is haunting Europe – the spectre of goals. They're everywhere – in every competition, in every country, in every stadium ...") all'influenza teoretica di Marcelo Bielsa [vedi]: transizioni veloci, recupero della palla nella metà campo avversaria, passaggi corti, intensità di fase, ritmo incalzante, etc. Un Mondiale memorabile come quello del 2014 ha confermato a livello planetario lo stile di gioco prevalente di questa decade.

21 ottobre 2014, Stadio Olimpico, Roma
Il divario incolmabile
Si tratta di uno stile, di una cultura, che hanno certamente i loro risvolti preoccupanti: la convergenza con la modalità play-station (l'omologazione del consumo televisivo), la graduazione di difficoltà (il ranking), i "top players" (gli avatar di sé stessi), l'illusione della moviola in campo (le lavagne digitali), etc. A fronteggiarli sono rimasti solo il romanticismo di un calcio "altro" (letterario, nostalgico, storico, vintage), le "irruzioni" della politica (la partita del drone, i 40 minuti di sospensione di Sparta Praga vs Slovan Bratislava per scontri sugli spalti, etc.), il perdurante razzismo delle tribù del calcio e il gorgo mediatico degli ultrà.

Nondimeno, il fascino di un calcio totale come quello che pensatori come Bielsa, Guardiola, Klopp, Zeman e qualche altro santone sono in grado di immaginare e di tradurre pedagogicamente sul campo consola ogni mendicante di buon calcio che, come faceva Eduardo Galeano, vanno in giro per il mondo col cappello in mano: "e quando il buon calcio si manifesta, rendo grazie per il miracolo e non mi importa un fico secco di quale sia il club o il paese che me lo offre" [Eduardo Galeano, Splendori e miserie del gioco del calcio, p. 1].

Per questo il primo tempo del Bayern contro la Roma, all'Olimpico il 21 ottobre 2014, non può non costituire agli occhi di coloro che amano il Beautiful Game un capolavoro assoluto (al punto che qualcuno ha scritto di un "momento Guardiola" [vedi]). I giallorossi hanno avuto la sfortuna che è tipica dei malcapitati. Pochi altri XI avrebbero potuto contrastare l'armonia, la potenza e la perfezione attuale dei Roten di Guardiola. Papa Francesco, che di fútbol se ne intende, lo ha detto semplicemente a Karl Heinz Rummenigge e ai suoi giocatori: "Avete giocato una partita meravigliosa". Parole sante.

Ciò non significa che la Roma non abbia palesato i suoi limiti, che sono poi quelli cui si è ridotto il calcio italiano. Ma di essi parliamo da quando esiste Eupallog: oggi ci basti richiamare l'esistenza di una realtà internazionale che ormai fa a meno di noi. Dolorosamente e per colpa nostra.

Azor