27 febbraio 2015

Il Toro arrasa San Mamés

Russ cume ‘l sang

Ho imparato un verbo nuovo giovedì notte: arrasar. C'era scritto sulla home di Marca e forse era una cosa un po' malevola nei confronti dei maldigeriti baschi: “Un Toro bravo arrasa San Mamés”. Il Toro ha raso al suolo la Catedral. Ci hanno scambiati per quelli del Feyenoord? No, per fortuna tra tifosi è stata una festa, un gemellaggio non scritto. E i baschi non dovranno ricostruire il San Mamés, che l'hanno appena rifatto nuovo di pacca e stupendo.

Dovranno però riflettere su chi li ha sbattuti fuori dall'Europa League. La breve biografia degli undici in campo con la maglia del Toro può spiegare quella che molti ora chiamano favola ma favola non è. Solo il Toro dei primi anni '90 poteva contare su qualche stella (Martin Vazquez, Scifo). Normalmente, invece, il Toro è forte quando è costruito sugli 'scarti', ma quelli giusti. Come il portiere, Padelli: prima di venire a Torino aveva giocato titolare solo nel Pizzighettone. Poi ha fatto panca nobile anche a Liverpool, ma sempre panca è stata. I tre difensori centrali: Moretti ha giocato quasi 50 partite in Europa con la maglia del Valencia, poi è tornato a fare vacanza a Genova. Annoiato, forse, ha deciso per le emozioni forti e dall'anno scorso è una colonna del Toro. Maksimovic: giovane serbo di belle speranze, fisico statuario, arroganza da vendere. Sarà un crack del mercato e Cairo già si frega le mani. Glik, il capitano: preso da Bari e Palermo che non sapevano che farsene. Ha la faccia di Karol Wojtyla da giovane, ma non porge mai l'altra guancia. Darmian lo conoscono tutti: ha già giocato un mondiale ed è arrivato in granata via Palermo e Milan, che non vedevano l'ora di disfarsene. L'altro terzino è Molinaro, onesto mestierante considerato inadeguato dalla Juve, che lo ha rifilato allo Stoccarda. Poi è tornato passando dal Parma ed è arrivato a Torino a parametro zero. Dovendo sostituire Masiello, nessuno ha storto il naso. Vives giocava onesti campionati a Lecce: preso per fare una discreta serie B. Gazzi, idem: bene a Bari, acquistato dal Siena, uscito dal progetto tecnico di Ventura quest'estate, rientrato in emergenza alla prima di campionato con l'Inter: aveva già le valigie fatte per andare a giocare nello Spezia. El Kaddouri: il Napoli lo piglia dal Brescia, ma lo trova acerbo e un po' inconcludente. Viene al Toro e – solo ed esclusivamente quando gli gira la (mezza) luna giusta – illumina il prato. Don Fabio Quagliarella, come lo chiamano gli spagnoli, è il giocatore più noto. Canterano granata, ha giocato più partite quest'anno che negli ultimi quattro. Maxi Lopez: notissimo alle cronache rosa è arrivato a gennaio dal Chievo, dove faceva la riserva di Meggiorini (un altro che conosciamo bene). Quattro gol e due assist in cinque partite. Fuori dalla lista Uefa c'è Bruno Peres, preso dal Santos quest'estate. Ce lo teniamo buono solo per il campionato, con i gobbi che già tremano all'idea di vederlo partire da un'area e arrivare all'altra arrasando tutti i loro in maglia a strisce. 


Ecco, questo è il Toro 2015, la prima italiana a vincere a Bilbao in tutta la storia del football. Un Toro costruito così, con mandrogna sobrietà da Urbano Cairo. Uno fortunato e bravo a scegliere l'allenatore perchè qualunque tecnico italiano, davanti a una rosa del genere, si sarebbe rifiutato di giocare una competizione europea. E invece Ventura ha dato un senso e una libidine a tutto quanto. Libidine per noi, infinita.

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