28 settembre 2015

Una strana e promettente stagione

Cartoline di stagione: 7° turno 2015-16

Quella in corso è davvero una strana, promettente stagione. Almeno in Italia e in Inghilterra, forse anche in Spagna. In Germania e in Francia, invece, tutto sembra destinato a ripetere la falsariga degli anni scorsi, con i due club dominanti (PSG e Bayern, ça va sans dire) già in buona traiettoria. Forse anche perché non hanno vissuto un'estate di grandi cambiamenti (Douglas Costa però, a Monaco, sta entusiasmando). Da seguire, in Ligue 1, soprattutto la crescita del Reims, cui siamo affezionati per i trascorsi legati alle prime coppe dei campioni; risalito nella maggiore divisione solo un paio d'anni fa, è ora in corsa per le prime piazze, dopo sofferte salvezze; dieci giorni or sono, al glorioso Delaune, lo squadrone di Blanc ha davvero rischiato grosso, acciuffando un pari per i capelli. Sarebbe bello, insomma, rivedere quelle maglie nelle serate europee. Chissà.

CR affranto: è rimasto all'asciutto.
Miguel Torres, scarto del Real, non partecipa alla festa dei suoi
In Spagna due o tre cose notevoli. Il Sevilla ha abbandonato l'ultimo posto battendo il Vallecano, ma all'ultimo respiro e dopo aver sprecato un doppio vantaggio; sicché là in fondo, ma in buona compagnia, c'è ora il Malaga, che però ha fermato il Madrid al Bernabeu. Reti intonse. Beh, si penserà, dev'essere forte questo Malaga. Quante squadre al mondo sarebbero in grado di resistere per novanta e passa minuti in casa del Real? Vero. Perché, allora, con quella difesa di ferro, pressoché imperforabile (tre gol incassati in sei partite), gli andalusi navigano così al largo dalle prime? La risposta è statistica. Sei partite giocate, tre soli rete concesse, ma nessuna messa a tabellino. Nella Liga - torneo funambolico, dove le goleade sono (erano) la normalità - l'astinenza del Malaga è una specie di sciopero della fame. Una protesta contro il calcio dei Cristiano Ronaldo, dei risultati tennistici, dei supercannonieri. Contro il calcio-spettacolo (luogo comune, il calcio è comunque uno spettacolo, non è classificabile in fattispecie). Contro la logica eterna del gioco. Contro il suo scopo. Seguiremo con curiosità le sue prossime esibizioni. Intanto, là in cima, dopo qualche anno e l'umiliazione della caduta in Liga Adelante, si rivede - in perfetta ma temporanea solitudine - il sottomarino giallo ...

In Premier lo 'spettacolo' è offerto dalle controprestazioni del Chelsea. Dopo il primo tempo a St. James' Park, Mou (dice egli medesimo) avrebbe sostituito sei uomini. Urka! Speriamo cambino presto il regolamento, tre soli rimpiazzi a partita sono davvero troppo pochi, bisognerebbe prendere esempio dal basket, dall'hockey, dal volley eccetera eccetera. Dal canto suo, il Newcastle ha forse già prenotato un posto in Championship per la prossima stagione, e non ha intenzione di disdirlo: perciò incassa la rimonta (che matura negli ultimi dieci minuti) e consente ai Blues di salire da sette a otto punti, la metà esatta dello United. Il quale si trova meravigliosamente in testa, approfittando della totale confusione dei Citizens, evidentemente andati in tilt dopo l'esordio e la sconfitta inusitata e riprovevole in CL. Tre sconfitte consecutive. L'ultima, con goleada, a White Hart Lane. Così ora anche l'Arsenal - lunatico e indecifrabile come al solito - può ritenersi pienamente in corsa. E financo il Liverpool. Mah!

L'ispirazione poetica degli ultras
non è migliore di quella calcistica della Benamata
Da noi, chi ha visto le prime cinque partite dell'Inter non può stupirsi di com'è andata la sesta. Fragorosa caduta al Meazza con la Viola, che non ha infierito. Il Napoli pare travolgente, e il lavoro di Sarri si vede bene, ora. Specie da metà campo in su. Ritmo frenetico, pressing asfissiante, e Juve ridotta al silenzio - in un San Paolo semideserto ma che forse, presto, tornerà a riempirsi. E' indubbiamente la squadra del momento. In un campionato così strano, con tante squadre 'rifatte', pare logica la posizione del Toro, squadra che di anno in anno Ventura sembra saper migliorare. Sempre male il Milan, che però e almeno in dieci contro undici a Marassi qualche segnale di vitalità l'ha lanciato, a differenza degli inermi cugini. Una barzelletta la Juve, che Allegri modella e rimodella a ogni partita. Ma non è un artista, e di capolavori 'in proprio' non ne ha mai sfornati; difficilmente gli riuscirà quest'anno.

Mans

Ancien régime

In Ripa Arni


Dicono gli storici che la Rivoluzione Francese abbia posto fine all'Ancien régime, ovvero un sistema di potere basato sul privilegio di pochi (l'aristocrazia) a danno di moltissimi (il popolo) e abbia dato origine al secolo della borghesia. Guardando il post partita, ieri sera, si è avuta la sensazione che nel calcio italiano, e non solo italiano immagino, l'Ancien régime non sia finito e che stiamo tutti aspettando l'alba di una nuova era in cui il privilegio ereditato e non guadagnato lasci finalmente il posto al merito e un sistema di riconoscimenti che si basi su di esso.

Si era giunti alla partita fra Inter e Fiorentina nella generale ignoranza dei meriti viola e nell'esaltazione della squadra milanese (squadra bruttina ma solida, investimenti pesanti, grande acume tattico di Mancini ecc.). Dopo la sonora vittoria della Fiorentina a San Siro i commenti sono stati più o meno dello stesso tono: perché Mancini ha schierato la difesa a tre? Si, ma la Fiorentina ha vinto per degli episodi. Ora, premesso che solo i deboli di mente possono considerare gli episodi come elementi esterni al fenomeno sportivo (i passaggi sbagliati e i falli stupidi li fanno i calciatori mica delle entità soprannaturali piovute sul campo di calcio da Plutone), mi pare evidente che ci sia qualcosa di sporco, appiccicoso e poco bello dietro a questo atteggiamento; una sorta di pregiudizio costruito sul privilegio non meritato appunto. Intendiamoci, la storia dell'Inter è un merito indiscutibile, ma nello sport, se vogliamo che ci sia competizione vera, il passato che conta deve essere, in concreto (denaro dalle tv per intenderci), quello prossimo e non quello remoto. Conta quanto hai fatto sul campo la stagione precedente, non dieci anni prima. Altrimenti il copione si ripete sempre uguale a se stesso. Ieri sera, tutte le trasmissioni sportive si sono affannate a giustificare l'imbarcata subita dall'Inter senza quasi evidenziare che la Fiorentina, dal primo all'ultimo minuto, ha dominato la partita. Ha corso di più, ha mostrato di avere le idee chiare in ogni movimento, ha coperto magistralmente ogni centimetro del campo e non ha lasciato mai la palla all'avversario. Il rigore causato da Handanovic (questo il suo unico errore nella partita a nostro avviso, perché il tiro di Ilicic girava come se lo sloveno avesse calciato con un Super Tele) è certamente un episodio, ma cos'è una manifestazione sportiva se non un insieme di episodi? Un gol in rovesciata, un'azione veloce e perfetta, un autogol ecc. non sono forse episodi? Ieri si è giunti al grottesco accampando anche l'espulsione di Miranda e la conseguente superiorità numerica viola per fornire attenuanti ai nerazzurri senza nemmeno sussurrare che tale "episodio" si è verificato sullo 0-3!

Nikola Kalinic esulta dopo il terzo gol segnato all'Inter
Infine la designazione di Damato. L'arbitro pugliese ha fatto il suo lavoro egregiamente e gliene rendiamo merito, ma era davvero inevitabile designarlo per questa partita?

Veniamo dunque all'evento sportivo e alle vere ragioni, secondo Cibali, del trionfo viola e della brutta sconfitta interista. Fra Inter e Fiorentina non c'è la distanza vista ieri sera, tuttavia una differenza sostanziale fra le due squadre resta: la Fiorentina, che farà fatica a confermarsi fra le prime quattro ahimè, è una squadra. C'è un allenatore bravo e sicuro di sé che ha contagiato l'ambiente e ha costruito un gruppo meno dotato tecnicamente rispetto all'anno scorso, ma compatto e con le idee tremendamente chiare in campo. Questa struttura è evidente sin dall'inizio del campionato. L'Inter, per ora, è un album di figurine. Bellino, ma statico e senza idee. Ieri sera è questo che ha fatto la differenza, non "gli episodi". Mancini è, insieme a Mihajlovic, l'allenatore più sopravvalutato del calcio europeo. La Milano sportiva se ne accorgerà a sue spese. Mettere Perisic sulla fascia destra sperando che possa correre più di Alonso è follia calcistica. Giocare con la difesa a tre più Medel davanti a fare filtro è una resa prima ancora di cominciare, soprattutto se sai che l'avversario giocherà con due centrocampisti centrali più un trequartista, Borja Valero, che corre come Gelindo Bordin dall'inizio alla fine. La Fiorentina ha tagliato in due l'Inter. Le ha tolto il centrocampo. Icardi e Palacio, al ventesimo del primo tempo, erano già sull'orlo di una crisi di nervi. Handanovic, indicato da tutti come il vero responsabile della debacle, ha commesso un solo errore, come dicevamo: il fallo su Kalinic che è costato il rigore con cui la Viola è passata in vantaggio. Sul tiro di Ilicic non poteva fare altro ed è stato anche sfortunato. Il tre a zero è un inno al calcio globale, altro che "episodi", e se Alonso ridicolizza Perisic la colpa non è né di Perisic né del caso, ma di ha messo Perisic a fare il terzino su quella fascia. Stendiamo un velo pietoso sulla scelta di opporre Telles a Kouba sulla fascia opposta. Su Kalinic ci sarebbe molto da dire. Sembra l'ennesima magia di Daniele Pradè, o forse di Paulo Sousa, che sembra colui che l'ha chiesto a gran voce. In ogni caso si tratta di un giocatore formidabile, perfetto per il gioco di Sousa e per far innamorare la gente di Firenze.

Insomma, oggi godono i tifosi viola, come il sottoscritto e ne hanno tutto il diritto, ma non facciamoci illusioni. Non è questa la posizione che compete alla Fiorentina. Personalmente sono molto ottimista su questo campionato a patto di restare uniti e fare quadrato attorno al gruppo nei momenti difficili, che arriveranno. Ci sono squadre decisamente più forti, sulla carta, della Fiorentina e l'Inter è fra queste. La Fiorentina può fare un gran campionato, ma difficilmente arriverà fra la prime tre. Almeno finché non finirà l'Ancien régime.

Cibali

17 settembre 2015

Le lacrime di Albione

Fettine di Coppa: fase a gironi (1° turno)

Il povero Luke Shaw (UTD) al suo ennesimo, grave infortunio
Curioso martedì, nei pub di Manchester. Sciarpe rosse e sciarpe blu che scoloriscono in novanta minuti. Due beffarde sconfitte identiche nel punteggio e nell'andamento, due sconfitte subite in rimonta. Assai più grave quella dello United, anche se esterna, subita dalla squadra che ai Red Devils aveva ceduto il proprio miglior giocatore, il quale aveva peraltro aperto le marcature ed esultato, da buon ex privo di riconoscenza e compassione. Un grande gol. I tre punti lasciati a Eindhoven hanno se non altro - per noi guardoni - un pregio: rendere incerto e interessante il gruppo B. Quanto al City, siamo alle solite. Nella telecronaca esagitata (come sempre) veniva ripetutamente evocato il suo status di pretendente alla conquista della CL; del resto, la campagna di rafforzamento estiva è parsa sontuosa e alquanto costosa: De Bruyne (74 mln, in panca con la Juve, subentrato), Sterling (62.5 mln), Otamendi (44.6 mln, in panca con la Juve, subentrato), Delph (11.5 mln, in tribuna con la Juve). Quasi 200 milioni, ma la solfa in Europa è sempre la medesima, e anzi sempre più stonata. L'anno scorso pareggio interno con la Roma. Quest'anno nemmeno un pari, in un girone abbastanza complesso. Semmai - qualora riuscissero nell'impresa di arrivare terzi - potremmo ipotizzare per gli uomini di Pellegrini un lungo cammino primaverile in Europa League. 

Il mercato sponda UTD è stato meno oneroso: Martial (50 mln), Scheiderlin (35 mln), Depay (27.50 mln), Darmian (18 mln), e l'onusto Schweinsteiger (9 mln) - tolto il secondo, tutti in campo al Philips Stadion; spesa complessivamente bene ammortizzata dalle cessioni di Di Maria e del Chicharito (complessivamente 75 mln). Ne ricaviamo una certezza: le inglesi, con le tasche gonfie grazie ai faraonici introiti commerciali e televisivi, drogano il mercato. Pagano i giocatori somme che arrivano a tre volte il loro effettivo valore tecnico. 

Il rosso sventolato in faccia a Giroud
ha certo complicato la serata dei Gunners
Ieri, poi, anche l'Arsenal ha fatto una bella impresa: è la prima inglese capace di perdere a Zagabria, contro uno di quei club la cui principale occupazione è ormai fare cassa vendendo ogni anno i propri giovani talenti (o presunti tali). Una disfatta albionica senza precedenti è dunque scongiurata dal Chelsea, che si riscalda lo stomaco grazie al brodino servito dal Maccabi (pensavo fosse una squadra di basket) e a qualche rigore-regalo di un generosissimo arbitro tedesco.

All'Etihad la Juve ha mostrato d'essere tutt'altro che perduta nelle incertezze del suo allenatore. Al quale basterebbe non far danni, lasciare che i giocatori giostrino secondo estri e attitudini, cedere ai 'vecchi' la leadership e la conduzione tecnica: continuerebbe a far risultati. C'è gente (anche tra i nuovi) di valore sicuro. Una squadra che potrà fare strada in Europa e rimettersi agevolmente in carreggiata nella competizione domestica - a patto, appunto, che Allegri non pretenda di fare l'architetto. A patto che si limiti alle conferenze stampa. Suppongo che, in società e al netto delle dichiarazioni di facciata, lo sappiano benissimo.

Ottima la Roma, che temendo un cappotto in simil-Bayern ha giocato giudiziosamente, contenuto un bel Barça, punto di tanto in tanto in contropiede. Ha consegnato direttamente alle leggende della coppa un gol inventato da un proprio virgulto. Ha dato un'impressione di solidità, tattica e morale. Dzeko è un valore aggiunto formidabile. Potrebbe davvero aver fatto il salto di qualità.

Dagli altri campi, segnaliamo solo la facile scampagnata dei Colchoneros a Istanbul, dove Poldo non è riuscito a incidere (sostituito per totale inefficacia a venti minuti dalla fine); l'importante gollettino segnato dal non-milanista Witsel al Valencia (a perfezionare una doppietta incredibile dell'incredibile Hulk); e infine, e naturalmente, l'assist di tacco del non-milanista Ibra, che certo gli ha dato più soddisfazione di molti facili gol. Ammettiamolo, dunque: a differenza di altri anni, in questo primo turno della fase a gironi non ci siamo particolarmente annoiati.

Mans

15 settembre 2015

Se tre indizi fanno una prova ...

Cartoline di stagione: 6° turno 2015-16

Se tre indizi fanno una prova, il disastroso inizio di stagione del Chelsea guidato da José Mourinho sembra preludere a un clamoroso fallimento del ritorno a Londra del tecnico portoghese dopo il fracaso madrileno. Terza sconfitta nei primi cinque turni di Premier: 1:3 dall'Everton dopo la sconfitta in casa con il Crystal Palace (1:2) e la botta presa dal City (0:3). Sorprende come la vittoria con il WBA sia stata appesantita da 2 reti subite (3:2) e come anche il debutto a Stamford Bridge sia stato macchiato da altre due reti dello Swansea (2:2). In cinque partite l'assetto tattico di Mourinho ha imbarcato 12 gol. Inusuale per un allenatore che fa della difesa, degli autobus parcheggiati e del non possesso palla una filosofia sbattuta in faccia agli avversari. Stampa e commentatori stanno cercando di analizzare le cause di ciò che sta accadendo: mercato sbagliato, mancati investimenti in giocatori di qualità, repentino invecchiamento di John Terry, infortuni a ripetizione, etc. Tutti elementi che entrano in gioco certamente. Ma è al manico che occorre guardare. L'egotismo di Mourinho logora gli ambienti in cui lavora (l'episodio rivelatore di quest'inizio di stagione è l'epurazione del medico Eva Carneiro) e per lui il terzo anno in un club è davvero problematico: al Chelsea nel 2006-2007 riuscì a vincere solo la FA Cup prima di essere esonerato da Abramovich dopo la prima partita di CL (pareggio con il Rosenborg) del settembre successivo; al Real, durante la terza stagione, vinse ad agosto solo la Supercopa de España 2012; quest'anno, al Chelsea, le premesse per un ennesimo fallimento ci sono tutte. Aleggia nuovamnte sullo Special One il monito del connazionale Béla Guttmann: "Il terzo anno è fatale".


Se tre indizi fanno una prova, la terza brutta partita consecutiva della Juventus in campionato sembra preludere a una stagione fallimentare di Madama. Contro il Chievo l'ha salvata dall'ennesima sconfitta solo un'opinabile valutazione arbitrale sul possibile secondo gol dei Mussi. Per il resto, la confusione è tanta sotto il cielo bianconero. Anche in questo caso stampa e commentatori stanno cercando di analizzare le cause di ciò che sta accadendo: mercato incompiuto, insostituibilità di giocatori di qualità e temperamento come Pirlo, Tevez e Vidal, infortuni a ripetizione, etc. Ma anche in questo caso è forse al manico che occorre guardare. Massimiliano Allegri è un buon allenatore, ma non eccelso: è un istintivo senza paura nelle partite secche, tanto è vero che ha percorsi europei di buon livello e ha vinto da ultimo anche a Pechino una coppetta che la tifoseria sembra aver già dimenticato; ma nei percorsi lunghi del campionato Max si logora progressivamente nei dubbi, tanto che il primo anno di gestione gli risulta brillante ma il secondo più problematico, per non dire del terzo. Contro di lui e contro la Juventus giocano tutte le statistiche: con un avvio del genere, in passato non si è mai vinto lo scudetto. L'obiettivo realistico dovrà essere il secondo posto. Sul terzo sarebbe invece opportuno che il calcio italiano cominciasse a guardare in faccia la realtà: i playoff di CL contro squadre spagnole, inglesi e tedesche sono ormai difficilissimi; il terzo posto in Serie A significa accesso diretto ai gironi di Europa League, e qualcosa di più solo con un colpo di fortuna nel sorteggio.

Se tre indizi fanno una prova, la terza vittoria su tre dell'Inter di Roberto Mancini sembra invece preludere a una stagione positiva per la Beneamata. La squadra non è ancora tale per sincronismi e abitudine a giocare insieme, e non potrebbe essere altrimenti. La memoria corta di tifosi e media non ricorda che quando il Mancio approdò nell'estate del 2004 ad Appiano Gentile fece fuori, in un colpo, Cannavaro, Pandev, Kallon, Farinós, Bréchet, Pinilla, Ümit Davala, Dellafiore, Guly, Zicu, Helveg, Buruk, Almeyda, Lamouchi, Sorondo, Adani, Dalmat, Choutos e Fadiga, tra gli altri; arrivarono in otto: Burdisso, Zé Maria, Mihajlovic (toh! ...), Cambiasso, Verón, Favalli, Davids e Carini. Il Mancio, all'Inter, fa davvero il turn over (o lo spoils system se vogliamo) [vedi]. 12 stagioni fa imperava il regime di Moggi e di Calciopoli e l'Inter fu frenata per un paio di campionati da episodi non limpidissimi (eufemismo): poi prese il volo. Chi parla di scudetto adesso parla a sproposito. Certo, se diamo credito alle statistiche, dal 1974 non lo vince chi perde la prima partita, e dunque sarebbero fuori causa Juventus, Napoli e Milan. Tra le rimanenti è la Roma la naturale favorita ed è su di lei che il Mancio farà la corsa. Per il momento lo confortano, in assenza di gioco, la determinazione dello spirito di squadra, che lotta fino all'ultimo secondo dei tempi di recupero, e i nove punti da solitaria capolista. E' dai tempi di Rafa Benitez - e sono passati già 5 anni ... - che la Beneamata non si trova da sola in testa alla classifica. Quanto durerà? Chi vivrà vedrà.

Azor

12 settembre 2015

Le 'figurine Mancini' e l'armata Brancaleone di Sinisa

Una cosa è certa: mai un derby milanese di Serie A si è giocato così presto. Due soli precedenti, ma sono tardo-settembrini, uno recente (quello risolto dall'inusuale zuccata di Ronaldinho nel 2008) e uno lontano (risolto - nel senso di messo in definitiva parità - da Peppino Meazza: era il 29 settembre 1935). In effetti, il più delle volte, il derby d'andata è stato messo in calendario tra fine ottobre e novembre, tra la sesta e la decima giornata (a occhio). In pieno autunno. Quando la classifica è, se non definita, perlomeno abbozzata. E le squadre assestate. E i rapporti di forza tra le due rivali misurabili.

L'aria del derby si respirava bene, nei pomeriggi dell'infinita vigilia. I bambini andavano al parco con la maglia della propria squadra sopra il maglione, e le partitelle erano più accese e più lunghe del solito. Si scivolava, sui tappeti di foglie già cadute, che talora coprivano strati di fango. Si dormiva poco, il sabato notte. La domenica mattina trascorreva studiando e ristudiando l'album Panini dell'anno precedente (quello nuovo non era ancora uscito). L'emozione era forte, nessuna partita poteva avere più fascino del derby. Nessuna era più temuta. Si accendeva la radio, e si aspettava tremando il collegamento con Enrico Ameri, che avrebbe detto quanti gol le due squadre avevano segnato nel primo tempo. E poi si aspettava (e si temeva) il ritorno della sua voce, che poteva interrompere in qualsiasi momento i radiocronisti al lavoro su altri campi: a malapena distinguibile nel boato dello stadio, Ameri avrebbe detto come il punteggio sarebbe cambiato. E in ogni caso, si attendeva - e si temeva - il lunedì, quando a scuola sarebbe comunque andata in scena l'inevitabile resa dei conti tra compagni di fedi opposte.

Bei ricordi, e certo a ogni anno che passa il clima sembra sempre più lontano da quello. Quest'anno ancora più del solito. Non solo perché, tecnicamente, siamo ancora in estate. Non solo perché i due club non vivono la fase più gloriosa della loro storia. Non solo perché si gioca in notturna, in 'posticipo', come pretendono i lauti contratti con i magnati delle tivù a pagamento. Non solo perché il vero derby in questo week-end va in scena a New York, tra due vecchie ragazze pugliesi che probabilmente saprebbero giocare a pallone meglio dei tanti brocchi che inquinano il roster delle nostre amate cugine. Si potrebbe continuare nel catalogo delle differenze. C'è un soprattutto, però: soprattutto perché è un derby insignificante. Non conta nulla per la classifica (mancheranno 35 partite, con 105 punti in palio), non conta nulla per il prestigio (c'è un'inflazione di derbies, è il terzo in un mese e poco più). Non ci si aspetta un bel gioco. Anzi, tutti si attendono una brutta partita - e così probabilmente sarà. Perché? Perché sono assai probabilmente due pessime squadre. Una, anzi - il Milan - lo è certamente, le sue lacune strutturali sono ben chiare a tutti ma non in società; l'altra - l'Internazionale - non si sa cosa sia, per ora è un progetto di squadra scritto sulla carta da Mancini, che ha finalmente completato il suo album. Dunque vedremo un derby tra le 'figurine Mancini' e un'armata Brancaleone guidata da una bandiera dell'Inter - un serbo che, qualche tempo fa, disse "non allenerò mai il Milan: piuttosto, la fame". Detto fatto. L'unico slavo del Milan è dunque una bandiera dell'Inter, e tra le figurine dell'Inter gli slavi sono in maggioranza. Una collezione di figurine assemblata senza dimenticare nessuno dei paesi che componevano la Jugoslavia. Qualche anno fa sarebbe stato un azzardo impensabile. Chissà ora, se e quanto e come riusciranno ad andare d'accordo, a giocare insieme e di squadra. Certo, sono tutti bravi, sulla carta. Tutti tecnicamente dotati. Qualcuno dotatissimo. Ma il campo spesso dice altre cose.


Sulla carta l'armata Brancaleone di Sinisa è - a detta di tutti - sfavorita. Il luogo comune vuole che il derby sia appannaggio della sfavorita. Sarebbe bello controllare quante volte ciò è realmente accaduto. Pochissime, probabilmente. Ma è uno 'sfavore' teorico - sulla carta, appunto. A occhio, quello dell'Inter è un XI talmente embrionale da risultare facilmente vulnerabile. Quello del Milan talmente stolto da poter risultare persino imprevedibile. Sarà quindi una partita 'ignorante', vincerà la squadra meno debole e ci saranno tanti gol. Anzi, credo che nessuna delle due sarà in grado di sfruttare sino in fondo le debolezze dell'altra, e dunque finirà con un pareggio. Ma con tanti gol. Due a due. Anzi, esageriamo. Tre a tre, con pareggio di Balotelli su punizione al 93°. Così,  giusto per dare ai media l'opportunità di parlare di Mario per motivi più attinenti alla sua (teorica) professione ... 

Mans

1 settembre 2015

Impressioni di settembre

Cartoline di stagione: 5° turno 2015-16


L'aria è tersa, il traffico già piuttosto intenso. I campionati in stand-by, poiché incombono partite decisive per la qualificazioni agli europei di Francia (si comincia giovedì, e si tira dritto fino a lunedì: ma essendo la fase finale a 24 squadre, c'è davvero pochissimo pathos). Il calciomercato è finito - quello della sessione estiva: si può scommettere che da domani o dopodomani, quando i commenti saranno già carta straccia, inizieranno le voci sulla sessione di gennaio 2016 -, e stabilire ora chi si è rafforzato e chi indebolito pare (con poche eccezioni) difficile, un esercizio da indovini o da maghi del fantacalcio.

Swansea, 30 agosto 2015.
Il diabolico Bafetimbi Gomis, che al minuto 66 infila il gol
del 2:1 e mette zavorra nel bagaglio dello United
Vi sono però, in generale, cose che sembrano già chiare e scontate. Per esempio: l'esito della Premier League. Di questo passo e a questa media, il Chelsea concluderà la stagione a 76 punti dal City. D'accordo, è un'esagerazione. Finirà dietro, ma con un distacco meno rilevante. Del resto, lo sfasciacarrozze di Stamford Bridge ha iniziato alla grande il suo lavoro (quello del terzo anno), e ne siamo ragguagliati ogni giorno dalla più autorevole stampa d'Oltremanica. Lui aveva detto che di lì (da Stamford) non si sarebbe mosso mai più, ma altri potrebbero stufarsi di averlo tra i piedi (in fondo non è stato l'unico a portare trofei, nell'epoca moderna dei Blues) e, prima o poi, sfrattarlo. Un altro che potrebbe avere problemi è Van Gaal. In un anno vorticoso, ancora non ha dato equilibrio e continuità allo United. Dalla sua, solo la (facile) qualificazione ai gironi di CL. Sir Alex, forse, farebbe bene a smettere di frequentare Old Trafford. Porta con sé ricordi troppo ingombranti. Intanto, smista agli altri allenatori della Premier i giocatori che l'olandese ha scelto di emarginare [vedi] ...

Vi sono anche situazioni parecchio confuse. La classifica di Serie A sembra scritta al contrario. Ultima la Juve, primi il Chievo e il Sassuolo. Ma sono a referto solo due giornate. Certo, all'Olimpico Nostra Signora è parsa annaspante e regredita, solo i pali e un paio di paratone di Buffon l'hanno tenuta in partita. Come tutti dicono, la rosa (via Pirlo Tevez e Vidal) ha perso qualità e leadership. Ha perso soprattutto qualità. A centrocampo. Tevez si può sostituire (davanti ci sono giocatori importanti), Pirlo no. Uno come lui, nel nostro campionato e se si allena, potrebbe tener botta fino a 50 anni. Gente come lui non ha eredi, è destinata a generare vuoti incolmabili. Allo Stadium se ne faranno una ragione; Allegri punterà su un'organizzazione sempre più muscolare, e il bel gioco dei tempi di Andonio Gonde è già un ricordo lontanissimo. Forse arriverà la nostalgia, quando la corsa al quinto scudetto consecutivo si rivelerà parecchio difficile. Anche lui (Allegri) - come ha già dimostrato a Milano - è uno che a partire dal secondo anno comincia a battere in testa. Le rendite di posizione prima o poi si esauriscono.

In diretta da Malpensa Airport.
Sta atterrando un velivolo su cui viaggiano alcuni
nuovi giocatori dell'Inter!
Interessante questo 2015 dell'Inter. Il Mancio ha fatto e disfatto, come giocasse a Football Manager. Ha cambiato i connotati alla squadra, ha comprato e rivenduto, riscattato e prestato una montagna di giocatori, e al club converrebbe trasferire direttamente gli impianti di allenamento da Appiano Gentile alla Malpensa, in linea d'aria sono solo una trentina di chilometri. Alla ripresa c'è il derby, avevo pronosticato per la Benamata sei punti (tecnomanzia da quattro soldi) e sei nuovi giocatori; ho sbagliato la previsione sui giocatori, sono solo quattro quelli arrivati nell'ultima settimana. Un'altra decina sono stati già e sicuramente prenotati per gennaio, nel caso la stagione non si metta come Mancini desidera (e auspica: che ne sia sicuro non è detto, anzi). 

Il Milan, invece, rimane così: un ristorante senza cucina. Tanti camerieri, qualche cassiere, un buttafuori (De Jong), uno psicologo (Sinisa), un padrone o due, qualche amministratore delegato. Ma lo chef? Lo chef non c'è. I vecchi cuori rossoneri devono solo pregare perché Sinisa si decida a riciclare Montolivo, pensate a cosa ci si può ridurre. Altrimenti, come potrà giocare la squadra s'è già visto a Firenze ma soprattutto con l'Empoli: da salire in cima al terzo anello e buttarsi di sotto. 

Mans