15 settembre 2015

Se tre indizi fanno una prova ...

Cartoline di stagione: 6° turno 2015-16

Se tre indizi fanno una prova, il disastroso inizio di stagione del Chelsea guidato da José Mourinho sembra preludere a un clamoroso fallimento del ritorno a Londra del tecnico portoghese dopo il fracaso madrileno. Terza sconfitta nei primi cinque turni di Premier: 1:3 dall'Everton dopo la sconfitta in casa con il Crystal Palace (1:2) e la botta presa dal City (0:3). Sorprende come la vittoria con il WBA sia stata appesantita da 2 reti subite (3:2) e come anche il debutto a Stamford Bridge sia stato macchiato da altre due reti dello Swansea (2:2). In cinque partite l'assetto tattico di Mourinho ha imbarcato 12 gol. Inusuale per un allenatore che fa della difesa, degli autobus parcheggiati e del non possesso palla una filosofia sbattuta in faccia agli avversari. Stampa e commentatori stanno cercando di analizzare le cause di ciò che sta accadendo: mercato sbagliato, mancati investimenti in giocatori di qualità, repentino invecchiamento di John Terry, infortuni a ripetizione, etc. Tutti elementi che entrano in gioco certamente. Ma è al manico che occorre guardare. L'egotismo di Mourinho logora gli ambienti in cui lavora (l'episodio rivelatore di quest'inizio di stagione è l'epurazione del medico Eva Carneiro) e per lui il terzo anno in un club è davvero problematico: al Chelsea nel 2006-2007 riuscì a vincere solo la FA Cup prima di essere esonerato da Abramovich dopo la prima partita di CL (pareggio con il Rosenborg) del settembre successivo; al Real, durante la terza stagione, vinse ad agosto solo la Supercopa de España 2012; quest'anno, al Chelsea, le premesse per un ennesimo fallimento ci sono tutte. Aleggia nuovamnte sullo Special One il monito del connazionale Béla Guttmann: "Il terzo anno è fatale".


Se tre indizi fanno una prova, la terza brutta partita consecutiva della Juventus in campionato sembra preludere a una stagione fallimentare di Madama. Contro il Chievo l'ha salvata dall'ennesima sconfitta solo un'opinabile valutazione arbitrale sul possibile secondo gol dei Mussi. Per il resto, la confusione è tanta sotto il cielo bianconero. Anche in questo caso stampa e commentatori stanno cercando di analizzare le cause di ciò che sta accadendo: mercato incompiuto, insostituibilità di giocatori di qualità e temperamento come Pirlo, Tevez e Vidal, infortuni a ripetizione, etc. Ma anche in questo caso è forse al manico che occorre guardare. Massimiliano Allegri è un buon allenatore, ma non eccelso: è un istintivo senza paura nelle partite secche, tanto è vero che ha percorsi europei di buon livello e ha vinto da ultimo anche a Pechino una coppetta che la tifoseria sembra aver già dimenticato; ma nei percorsi lunghi del campionato Max si logora progressivamente nei dubbi, tanto che il primo anno di gestione gli risulta brillante ma il secondo più problematico, per non dire del terzo. Contro di lui e contro la Juventus giocano tutte le statistiche: con un avvio del genere, in passato non si è mai vinto lo scudetto. L'obiettivo realistico dovrà essere il secondo posto. Sul terzo sarebbe invece opportuno che il calcio italiano cominciasse a guardare in faccia la realtà: i playoff di CL contro squadre spagnole, inglesi e tedesche sono ormai difficilissimi; il terzo posto in Serie A significa accesso diretto ai gironi di Europa League, e qualcosa di più solo con un colpo di fortuna nel sorteggio.

Se tre indizi fanno una prova, la terza vittoria su tre dell'Inter di Roberto Mancini sembra invece preludere a una stagione positiva per la Beneamata. La squadra non è ancora tale per sincronismi e abitudine a giocare insieme, e non potrebbe essere altrimenti. La memoria corta di tifosi e media non ricorda che quando il Mancio approdò nell'estate del 2004 ad Appiano Gentile fece fuori, in un colpo, Cannavaro, Pandev, Kallon, Farinós, Bréchet, Pinilla, Ümit Davala, Dellafiore, Guly, Zicu, Helveg, Buruk, Almeyda, Lamouchi, Sorondo, Adani, Dalmat, Choutos e Fadiga, tra gli altri; arrivarono in otto: Burdisso, Zé Maria, Mihajlovic (toh! ...), Cambiasso, Verón, Favalli, Davids e Carini. Il Mancio, all'Inter, fa davvero il turn over (o lo spoils system se vogliamo) [vedi]. 12 stagioni fa imperava il regime di Moggi e di Calciopoli e l'Inter fu frenata per un paio di campionati da episodi non limpidissimi (eufemismo): poi prese il volo. Chi parla di scudetto adesso parla a sproposito. Certo, se diamo credito alle statistiche, dal 1974 non lo vince chi perde la prima partita, e dunque sarebbero fuori causa Juventus, Napoli e Milan. Tra le rimanenti è la Roma la naturale favorita ed è su di lei che il Mancio farà la corsa. Per il momento lo confortano, in assenza di gioco, la determinazione dello spirito di squadra, che lotta fino all'ultimo secondo dei tempi di recupero, e i nove punti da solitaria capolista. E' dai tempi di Rafa Benitez - e sono passati già 5 anni ... - che la Beneamata non si trova da sola in testa alla classifica. Quanto durerà? Chi vivrà vedrà.

Azor