22 novembre 2015

Ah, don Andrés ...

Cartoline di stagione: 13° turno 2015-16

Un sabato di grande partite riaccoglie il football nell'Europa intimidita e quasi militarizzata. Ovunque si esegue la Marseillaise; al Bernabéu una versione più soft, per solo pianoforte, ne fa apprezzare la melodia ma acuisce la tristezza. 

Don Andrés: alla fine il Bernabéu sarà costretto agli applausi per lui
Non so se anche all'Etihad è andata allo stesso modo: vero è che Citizens e Blancos sono stati letteralmente spazzati via dai loro avversari di giornata. I Reds sembrano destinati a rivivere, è iniziata l'era Klopp. I Blancos sono orfani di tutto, sono un branco di pedatori che ha scordato totalmente cosa sia un gioco di squadra, una tattica, una strategia, una copertura del campo, il pressing, tutto. La facilità con cui don Andrés ha guidato la razzìa del Bernabéu ha pochi precedenti, ma dai tempi di Cruijff in poi si ricordano solo molte lezioni di football impartite dal Barça, quasi nessuna dal Real. Quella di ieri, se vogliamo, vale anche di più, un quattro a zero senza attenuanti (senza pali, sfortune, rigori negati), nonostante le legnate (Ramos si becca un cartellino solo al quinto intervento spaccacaviglie), nonostante l'assenza del leader tecnico, nonostante gli anni che passano ma non ancora per don Andrés Iniesta, uno dei tanti che il pallone d'oro l'avrebbero strameritato e ai quali è stato negato da coloro che del calcio vorrebbero essere la rovina (i Blatter, la Fifa, gli sponsor arabi), ma cui il calcio, per sua forza intrinseca, inevitabilmente sopravviverà. Quattro a zero, dunque, e per Benitez inizieranno mesi (o settimane) di passione. Dopo il licenziamento di Carletto (l'unico capace negli ultimi dieci anni caratterizzati dall'egemonia catalana di farsi apprezzare da uno spogliatoio - per così dire - difficile, di costruire - faticosamente - un'identità alla squadra, e infine di vincere qualcosa di importante) non era difficile prevedere che sarebbe andata così. 

E' finito da poco El Clásico, e nello Stadium inizia il partitone italiano. Juve-Milan, chi perde si perde, e si rassegni a una stagione da comprimario - dicono (a una stagione da protagonista del Milan nessuno credo abbia seriamente creduto). Il primo tempo è sconfortante. La quantità di errori tecnici è impressionante, passaggi di pochi metri sbagliati di metri, stop approssimativi. La tipica partita da oratorio. Da Madrid a Torino, ma è stato come passare dagli Uffizi al Museo parrocchiale di San Martino Siccomario (con tutto il rispetto). La Juve cerca di fare qualcosa, sa cosa deve fare ma non ci riesce, o ci riesce a tratti. Il Milan fa quel che può, non ha altre risorse e non ha giocatori intorno a cui costruire una nuova fisionomia di squadra. Poi, nel secondo tempo, uno sprazzo di qualità risolve la partita a favore (giustamente) dei bianconeri. E il campionato 'di vertice' del Milan, se mai era davvero iniziato, finisce lì.

Alla prossima.

Mans