21 dicembre 2015

Follie agonistiche e (quale più quale meno) appassionanti tornei

Cartoline di stagione: 17° turno 2015-16

Felipe Melo show: 1. Il rigore
Lo sketch è frequente, e ribadisce la follia agonistica (e dunque e in definitiva l'ignoranza calcistica) di Felipe Melo, anima di (quasi) tutte le squadre in cui ha giocato. Temperamento rivoluzionario, scarpe grosse e cervello in pappa, forse male ossigenato, regala un rigore alla Lazio (che i suoi avevano fortunosamente ripreso) quando l'aereo per le vacanze ha già acceso i reattori. A fine campionato sarà interessante contare i punti che Felipe avrà impedito all'Inter di aggiungere alla classifica. Ammesso di vederlo ancora in campo. 

Felipe Melo show: 2. La mossa del cartellino rosso
Perde e malamente, in casa, l'Internazionale contro la Lazio, derelitta di punti e di morale ma non di potenziali qualità calcistiche. Malamente, giocando da cani, come altre volte (quasi sempre a dire il vero) ha giocato. Perde, e il gruppo di testa si ricompatta. Ma, nel gruppo, ora c'è anche la Juve. Visto che le sue idee non portavano a nulla (anzi), Allegri è tornato al modulo che i reduci conoscono e interpretano a memoria, quello di Conte. Difesa a tre; ambientamento di Mandzukic; esplosione di Dybala; rosa profonda anzi profondissima. Ingredienti bastanti e avanzanti per la Serie A, e soprattutto per assorbire gli effetti di una partenza lenta. Con qualche fatica (ma nemmeno troppa) Nostra Signora ha messo insieme 21 punti in 7 partite, e poiché la logica (la logica, già, che non è garanzia di nulla) dice che a marzo sarà fuori dalla CL, ecco che (logicamente, ça va sans dire) il campionato ha un padrone, al di là dei numeri, ed è sempre lo stesso padrone degli ultimi anni. Non ha spadroneggiato finora - tutt'altro - ma la logica dice che da gennaio inizierà a farlo.

Può rammaricarsi di non essere rientrato nel gruppo in fuga persino il Milan: avesse battuto tutte e tre le ultime in classifica starebbe insieme alla Roma, in piena (ancorché teorica) lotta per il primato e per le posizioni Champions. Può rammaricarsi, ma sempre la logica fa ritenere ovvio il suo ritardo. Il Milan ha i punti che merita, punto e a capo. 

Altrove si va in letargo. In Francia, dove il distacco tra la prima e la seconda (19 punti!) è superiore a quello tra la seconda e la terz'ultima (13 punti!). Campionato appassionante per tutti, esclusi coloro che l'hanno già vinto. Le cose vanno più o meno così anche in Bundesliga, ma la concorrenza è per il Bayern più consistente di quella surclassata dal PSG. Belle partite, però, negli stadi tedeschi. In Spagna ha riposato il Barça, volato in Giappone per l'esibizione universale del calcio inutile dove ha ovviamente spopolato e pure risparmiandosi abbastanza. I Blancos infieriscono sui poveri cugini del Rayo, andati avanti ma poi ridotti in nove uomini e seppelliti da dieci gol. Nessun entusiasmo per gli abbonati del Bernabéu. Anzi. "Goles no son amores", titolava ieri Marca

La Premier non si ferma, ma Mou è sceso dalla giostra. Dove andrà ad allenare? Tornerà a Madrid? Prenderà il posto di Van Gaal? Vedremo. Per ora godiamoci l'epopea del Leicester City, passato anche a Goodison Park. Non vincerà il torneo, ma ha già contribuito a renderlo appassionante, sottraendolo al destino di una guerriglia calcistica tra ricchi, cui il soldo non basta per allestire XI belli e irresistibili. E' la lezione sempiterna del calcio.

Mans

1 dicembre 2015

Espulsione c'è quando arbitro sventola cartellino rosso

Cartoline di stagione: 14° turno 2015-16

In dieci uomini si gioca meglio, disse un giorno Nils Liedholm, e quello che pareva essere un paradosso di circostanza divenne una delle sue frasi più celebri. Del resto, gli starà spiegando Boskov in qualche giardino del paradiso di Eupalla - dove i due (insieme ad altri) spesso si incontrano nel corso della passeggiata mattutina a far chiacchiere di pallone -, espulsione c'è quando arbitro sventola cartellino di colore rosso (variante di un'altra sua celebre massima).

Già uscito dalla linea laterale del campo,
tra un attimo Nagatomo tornerà
negli spogliatoi del San Paolo.
Già. Il big-match del San Paolo, il rendez-vous tra due XI che, finora, interpretavano le loro partite in modi così diversi da far dubitare che appartenessero allo stesso campionato, l'atteso partitone è finito, come spesso capita, con polemiche tipicamente 'latine', con la rabbia del Mancio per l'espulsione (a suo dire ingiusta: mezzo fallo e un rosso? assurdo) di uno dei giocatori peggiori tra quelli che ha in rosa: il giapponese Nagatomo. Il fattaccio accade agli sgoccioli del primo tempo, col Napule avanti di un gol, un Napule debordante a tratti, a tratti impreciso, visibilmente nervoso, ma attrezzato di un centravanti devastante - se mai l'aggettivo-participio presente può essere meritato da un protagonista della pedata contemporanea. Un Napule indiscutibilmente superiore, che gioca sempre di prima e in velocità (l'ormai solito, noto spartito di Sarri); la tensione, tuttavia va a discapito della precisione e dunque, costretta a difendere la sconfitta dall'alba della partita, l'Inter rientra negli spogliatoi con un solo gol sul groppone e un uomo in meno da ripresentare sul campo. 

Cioè in una situazione psicologicamente più che favorevole.

Già, non è un paradosso e si è visto. In quelle situazioni, le squadre forti - anzi, i giocatori veri, e dunque forti - non sono a disagio. Gli altri temono di avere già vinto ma purtroppo c'è ancora da correre giocare faticare, e non sanno più se attaccare, difendersi, tener palla. Si smarriscono nelle proprie inattese incertezze, perché non sanno bene come si comporterà l'avversario. Lo scacchiere è andato in pezzi. La partita a scacchi è finita, anzi è stata interrotta e ora ne inizia un'altra. L'Inter (che non ha un 'gioco' organizzato per attaccare coralmente) può affidarsi ai suoi incursori, uomini di talento, solisti, egoisti ma pericolosissimi. Specie quando e se non c'è nulla (più nulla) da perdere.
Higuain sfonda una seconda volta, sventrando letteralmente il cuore della granitica difesa nerazzurra. Gigantesco. Poi Ljajic, con un tiretto che riesce a passare senza deviazioni tra diverse paia di gambe, accorcia, ed ecco che la partita, per l'Inter, è in discesa ripidissima. Il Napoli ha le vertigini e l'ansia, mostra di non saper gestire la tensione, sbaglia tutto (passaggi, posizioni, tempi di gioco), non attacca e non difende, non pressa e non arretra. Si offre inerme all'Inter e a uno stadio terrorizzato. 

Per puro caso non finisce due a due. Due pali nelle ultime due azioni, ecco il bottino ospite. I sapientoni, finalmente, si azzardano ad affermare che l'Inter "è da scudetto". Ma è stata una partita 'sui generis', probabilmente irripetibile. 

Restano i dati. Contro la prima e la terza in classifica, il Mancio (ora secondo) ha fatto zero punti. 

Intanto, da dietro, il rombo del diesel bianconero è sempre più vicino e preoccupante. La Roma si va sfaldando more solito, se non cambia guida adesso rischia di uscire da tutte le giostre. Il Milan è in officina, Sinisa sta cercando di assemblare il suo prototipo con quel che ha, e a San Siro sabato sera la gente è tornata a divertirsi. Non accadeva da anni.
Non accadeva da anni, già. Il nostro campionato, quest'anno, è forse il più divertente d'Europa.

Mans