11 aprile 2016

Il sortilegio dell'Anoeta e le imprese che non hanno fine

Difficile passare, va ammesso
Ci dev'essere un sortilegio, una maledizione. Qualcosa ci dev'essere. Il Barça di quest'ultimo decennio ha vinto dappertutto: mai, però, a San Sebastián. Lì, nel Municipal de Anoeta, paga regolarmente dazio, e pressoché regolarmente lascia i tre punti - li ha presi, per l'ultima volta, nel 2007. Cioè nella temporada che vide i baschi cadere in Liga Adelante. Sabato, senza Suarez, con Iniesta e Rakitic in panchina, i catalani sono andati immediatamente sotto. Ma poi, nonostante disponessero sostanzialmente di tutta la partita per risalire, il tabellino non ha registrato novità. Tonicissimo, l'Atlético si porta a soli tre punti. Il calendario è favorevole a Messi. Ma la sua luna è storta, sbaglia cose che di solito gli riescono a occhi chiusi. Inoltre: gli errori difensivi sono più frequenti del solito; la pressione 'alta' è meno organizzata ed efficace del solito; il 'gioco' scorre meno veloce del solito; la stanchezza è smaltita meno rapidamente del solito. E ancora: troppe partite concluse senza sconfitta, una serie conclusa poche settimane fa; e dunque: assuefazione. Tocca a Luis Enrique, ora, dare qualcosa in più. Lo dice lui stesso [vedi]. Se l'Atlético è a meno tre, il Real si riporta a meno quattro. Si aggiunge alla mischia, vincendo facilmente una partita facile, come d'abitudine, al Bernabéu. Succede spesso, quando i Blancos sono reduci da rovesci europei. A quel punto, le stelle si riaccendono e minacciano (talora compiendone) sfracelli. Martedì sera al Bernabéu, e mercoledì al Calderon, la stagione eu(ro)pallica emetterà i primi importanti verdetti.

Le imprese delle Foxes non hanno mai fine. Hanno guadagnato la qualificazione alla Champions dell'anno prossimo. E Vardy imperversa su tutti i campi, da autentico top-player. Lineker suggerisce a Hodgson di tenerlo costantemente insieme ad HurryKane nella linea offensiva dell'Inghilterra agli europei: una coppia destabilizzante, imprevedibile, forse devastante. Ora a Ranieri mancano solo cinque partite, con un vantaggio di sette punti sul Tottenham da difendere. Arbitra il Chelsea, detentore della Premier, che dovrà incontrare entrambe, ed entrambe a Stamford Bridge. Per scaramanzia, si preferisce non aggiungere altro.

Mannone, portiere del Sunderland, ha chiesto di poter fumare l'ultima sigaretta

Anche le imprese del Milan non hanno mai fine. Regolarmente perde partite che si trova a condurre. D'accordo, è accaduto con la Juve e ci sta, come ci sta anche il paio di parate ai limiti del miracolo regalate da Buffon al Meazza - pieno, sì, ma soprattutto di juventini. Della Juve tutto si sa. Del Milan anche: mai tuttavia è parsa così evidente la povertà dei suoi ricambi. Quando gambe e riflessi dei 'titolari' sono pesanti, dalla panchina può arrivare solo ulteriore zavorra. Non che i titolari garantiscano alcunché: la 'quadra' trovata a un certo punto da Sinisa pareva comunque precaria, e gli infortuni l'hanno costretto a ricominciare daccapo. 

Dire che il Milan ha bisogno di una 'rifondazione' è banale. Lo capisce anche un neonato. Quali siano i reali progetti, le reali intenzioni della 'famiglia' e del 'capo-famiglia', tuttavia, nessuno può sapere davvero. Il che è una fortuna per pennivendoli e opinionisti televisivi, che ogni dì possono escogitare scenari editi e inediti ed esercitarsi in diuturne chiacchiere da bar. Qui, si preferisce aspettare e vedere. Poi se ne riparlerà. 

La domenica si è spenta con le tristi immagini arrivate da Palermo. Festa organizzata dagli ultras: pestaggi fuori dallo stadio; dentro, bengala ripetutamente gettati sul campo, tra i piedi dei giocatori. Immagini insopportabili. Prima che la partita finisse, quindi, abbiamo spento la tivù.