4 aprile 2016

L'ira funesta del Pipita e la morale della favola


Capitano giornate di calcio in cui agli uni va tutto per il verso giusto, e agli altri per quello storto. Tra quelli cui è andato tutto storto, vi sono naturalmente gli 'squadroni' milanesi. Ma procediamo con calma.

Sabato sera, con ormai abituale nonchalance, la Juventus ha aggiunto i tre punti che voleva alla sua classifica; come ormai d'abitudine, la resistenza opposta a Nostra Signora dagli avversari (l'Empoli, stavolta) non è parsa di quelle strenue. Allo Stadium si paga dazio, e ci s'accontenta di una fattura non troppo salata. Magari senza ricorrere al catenaccio, pregustando i complimenti della critica.

L'ira funesta
Domenica all'ora del pranzo, la tragedia. Forse non è parsa tale per via delle discrete condizioni atmosferiche; ma gli ingredienti sono stati quelli tipici che, nella storia dei nostri campionati, hanno caratterizzato il tracollo di una delle pretendenti. Il Napoli, stavolta. L'allenatore e il capocannoniere espulsi, i due rigori assegnati all'Udinese, una prestazione sottotono, prossima all'impotenza. Tre a uno, e addio a tutti quei bei sogni. L'ansia di dover sempre inseguire, l'ansia di dover sempre giocare dopo la Juve che ha già vinto: queste le spiegazioni date da Sarri alla vigilia della partita. Poi, va detto che l'allenatore dell'Udinese, in panca dalle idi di marzo o giù di lì, aveva evidentemente trascorso i mesi di riposo forzato a studiarsi il gioco del Napoli. E' stato il primo, quest'anno, a rendere impraticabile il laboratorio di idee, interscambi e triangolazioni rapide nel quale tutto sgorgava, là sulla fascia sinistra, all'altezza della trequarti offensiva. Reso inoffensivo da quella parte, il Napule non ha avuto la forza di trovare soluzioni alternative a quella più efficace. E il Pipita, irascibile di suo già nelle partite 'normali', covava l'esplosione. Due botti. Col primo si è limitato a sfogare la rabbia sul pallone, scaraventandolo in porta con una potenza assurda e ristabilendo una situazione di parità. Con il secondo ha praticamente escluso se stesso dalla competizione. Fine della stagione, fine dei sogni e anzi, ora, attenzione alla Roma e al rischio di dover andare in Champions passando dai play-off.

La morale della favola è semplice. Chi si gioca il tricolore in volata (breve o lunga) con la Juve, ha pochissime chance di tagliare il traguardo con la ruota davanti. E' storia.

Non inquadrati, i bagagli
Le milanesi, già. Due sconfitte simultanee, sebbene occorse a distanza di poche ore. Simmetriche per andamento - sconfitte subite in rimonta, dopo un rapido vantaggio guadagnato dal dischetto. E va bene. Simmetriche per pochezza di gioco, per l'evidente sbracamento di schemi e di voglie, per la tendenza allo spreco gratuito e trascurato. Le 'prodezze' dispensate dai Poli e dai Bertolacci, dai Santon e dai Miranda (sì, anche Miranda) fanno parte di un repertorio tutt'altro che inedito. Gli allenatori, forse, se ne andranno. Sicuramente se ne andrà (magari persino a breve) Mihajlović, che sta perdendo qualche scommessa; Mancini ha tutta l'aria di uno cui, in fondo, non dispiacerebbe far le valigie, ora che quello del 'terzo posto' è un obiettivo pressoché certamente fallito. Amen. Tutto sommato, c'è anche e persino di che accontentarsi. Rivedremo comunque giocatori in tenuta nerazzurra e rossonera doc, l'anno prossimo, sui campi europei. Per quanti mesi e per fare cosa, e soprattutto guidati da chi, è difficile indovinare.

mans