28 giugno 2016

La Grand Boucle

Del portiere questo ha solo i guantoni (e la maglia diversa)
Beh, nessuno poteva immaginarlo. Con nonchalance, con il piglio della squadra superiore e che nessuna avversità potrebbe (eventualmente) deprimere, con un'organizzazione di gioco ferrea; con corsa, volontà, dedizione: con tutto questo, in dieci minuti, alcuni dei non molti esseri umani di sesso maschile che nell'isola sbarcano il lunario giocando a pallone ribaltano la poderosa Inghilterra, costringendola a un'esibizione di miseria agonistico-pedatoria inimmaginabile solo da chi non li conosce bene (gli inglesi), e improvvisando al triplice fischio una festa di quartiere indimenticabile insieme ai compaesani venuti a godersi il sole e il mare della Costa Azzurra, che non è detto sia (il mare, dico) più bello del loro. L'Islanda nei quarti di finale, suvvia. Roba da ardita simulazione nei video-games di un futuro lontano, esito di catastrofi imprevedibili. L'Islanda, yes. Del resto, prima o poi qualcuno dovrà spiegare agli inglesi che non possono ostinarsi a schierare una rappresentativa senza portiere. Hart è il migliore che hanno? Non ci credo. Se è così, trovino (e in fretta) una soluzione, naturalizzino qualcuno, cerchino nelle profondità del paese: là dove improvvisamente spuntano i Vardy potrebbero essere nascosti anche dei Banks. E così sia: addio a Benny Hill, ci mancherà. Ma ora c'è un capitolo da aggiungere ai famosi Why England lose di Simon Kuper [vedi] e The anatomy of England di Jonathan Wilson [vedi].

L'Italia, dal canto suo, ha finalmente dato la paga agli spagnoli, dopo vari tentativi in cui la vittoria era sfuggita per sola malasorte. Si ricorda sempre la finale di Kiev; in verità, già nella prima fase di Euro 2012 e poi in Confederations Cup le sfide erano state molto equilibrate, e la Roja ne era uscita indenne, ma senza mai mostrare una autentica superiorità - tutt'altro. La stampa spagnola mette il dito nella piaga: un ciclo è finito, non solo negli uomini. E' quel tipo di calcio che ormai non produce più risultati: l'eliminazione in Brasile era stata ancora più bruciante, e reinserire (Morata, Nolito) qualche attaccante non ha invertito la tendenza. Ma è stato, indubbiamente, un ciclo memorabile. Da oggi, è storia.

Azzurri in forma:
questo non era mai stato così brillante
Ora tocca alla Germania: la nostra Grand Boucle fa tappa a Bordeaux, di lì non eravamo ancora passati. Così, a luglio siamo ancora in corsa: mentre gli ottavi erano considerati dai più alla vigilia come il nostro possibile (o persino auspicabile, a scongiurare una figura davvero pessima) capolinea. Siamo in corsa e abbiamo fatto secche due favorite. I tedeschi finora si sono allenati, e giocheranno la prima partita seria sabato sera contro di noi. Sono i campioni del mondo, è vero. Ma non hanno più due pezzi da novanta come Lahm e Klose, e questa è gente davvero difficilmente sostituibile. L'impressione è che non siano più forti di due anni fa. Anzi. E poi c'è la tradizione, che tutti conoscono anche nei numeri. Beh, comunque sia prima o poi dovranno pur riuscire a batterci, e potrebbero farlo sabato. 

Ma se per caso, per puro caso non dovessero riuscirci nemmeno questa volta?
No, è impossibile. Vincerà la Germania, che poi vincerà anche il campionato d'Europa. Punto.

27 giugno 2016

Fiasco argentino e partitelle europee

Il palmarès dell'Albiceleste nemmeno questa volta si aggiorna. La Copa América del Centenario va al Cile - del resto, nel 1916 vinse l'Uruguay, e si giocò in Argentina. L'album delle vittorie è rimasto fermo al 1993, e questa generazione di fenomeni continua a poter vantare solo titoli giovanili e olimpici: roba di poco conto. Naturalmente, i due mammasantissima del momento sono quelli che finiscono sulla graticola; il Pipita, che per eccesso di eleganza, par delicatesse, si mangia un gol a inizio partita o quasi, uccellando l'uscita di Bravo, costringendo Medel a infrangersi sul palo ma mettendo il pallone fuori di un nulla; e Messi, che calcia il suo rigore come fecero Baresi e Baggio nel '94. Distrutto, Leo fa esplodere se stesso nel dopo-partita: "Tres finales seguidas, es una lástima. Lo intentamos, lo buscamos. No se da. La Selección no es para mí, ya está, es un ciclo cumplido" [vedi]. Chissà, ha tutto il tempo per ripensarci. Speriamo. Come che sia, onore agli onesti lavoratori cileni, che si confermano campioni continentali a distanza di un anno.

Falsa partenza di Medel: è uscito dai blocchi prima dello sparo!

In Europa si era finito di giochicchiare molto prima che il MetLife Stadium aprisse i suoi cancelli. La Germania si è allenata a Lille, il Belgio a Tolosa. Prima ancora, la Francia aveva concesso un gol di vantaggio agli irlandesi (su rigore causato da chi?), ma giusto per conferire un po' di vivacità alla partita e alimentare (con la spettacolare rimonta) le proprie ambizioni di grandeur. Il Belgio propone un Hazard venezianeggiante, capace di venire a capo della tutt'altro che robusta difesa magiara dopo decine di solitarie incursioni. Man of the match, senza dubbio; ma quella di Wilmots è ancora una jam-session, molti solisti (tutti quelli del reparto offensivo), poco senso dell'orchestra e certo Witsel non è uno che cuce e dirige. Figuriamoci Naingollan. Quella verso la finale sembra ormai un'autostrada belgica; un po' quello che è successo al Milan in Coppa Italia ...

Oggi, dunque, Italia-Spagna. Siamo senza Candreva, ed è un bel guaio. A giudicare dalle ultime uscite, nessuna delle due scoppia di salute. Va detto che, se si esclude la finale del 2012, la Roja non ci ha mai messo sotto davvero, sgraffignando il risultato soprattutto alla ConfCup di (ormai) tre anni fa. Giusti giusti: era il 27 giugno, e si giocava a Fortaleza. Candreva disputò una grande partita, ridicolizzando Jordi Alba. Ma sprecò anche, e parecchio. Naturalmente il favore del pronostico è tutto per loro. E per loro, c'è da scommettere, faranno gran tifo i tedeschi.

L'Inghilterra va in Costa Azzurra: bella gita, soprattutto per gli islandesi. Gita-premio anche per il loro famosissimo telecronista, di professione vice-allenatore in un club di Reykjavik, dal medesimo licenziato. Si vede che nel mestiere d'ogni giorno non adoperava lo stesso entusiasmo. Ci dispiace. Ma non per questo è da essere sicuri che l'estate in Francia finisca stasera, per lui e per i suoi idoli ...

Mans

26 giugno 2016

Estenuanti partite

Riprende l'estenuante corsa al titolo europeo. Ieri i primi ottavi di finale: chi ha prodotto un esercizio di strenuo voyeurismo pallonaro tra le 15 e mezzanotte ha visto solo tre gol ed eroicamente resistito a frequenti attacchi di sonno.

E' un'edizione così. Per ora. Grande equilibrio, nessuno cede spazio - a meno che non sia costretto, per recuperare un gol o per distrazione o per stanchezza -, domina la melassa, l'approssimazione tecnica, e non si vede nulla di tatticamente inedito, nessuna soluzione di gioco entusiasmante. Alcuni gesti individuali liberatori: la sforbiciata di Shaqiri che rimette per un po' la Svizzera sui binari che portano ai quarti resterà memorabile.

L'inutile prodezza di Shaq

Proprio Svizzera-Polonia è stato il match migliore, seppure giocato nella calura del pieno pomeriggio. Infatti, la Polonia si è sgonfiata dopo mezz'ora, e la sua superiore vigoria atletica ha ceduto progressivamente terreno alla leggerezza (e all'eclettismo) dei molteplici oriundi elvetici, pur privi di finalizzatori all'altezza del compito. Poi, nella giostra dei penalties, Xhaqa ha malamente toppato, ed è finita come da pronostico. Tra i polacchi, nullo l'asso Lewandowski; l'altro celebrato attaccante, Milik, ha aggiornato la sua impressionante collezione di sprechi.

Sorvolo sul derby della British Home Championship tardo-pomeridiano, autentica fiera dell'orrore pallonaro. Il clou era Croazia-Portogallo, va da sé. Molti credevano in una Croazia destinata a fare dei lusitani un sol boccone, aprendosi una via di fuga verso la finalmente possibile gloria. Tignoso, il Portugal ha resistito, e nonostante Cristiano continui a dimostrare d'essere quello che è, cioè un tipico super-campione delle partite di poca importanza, alla fine l'ha spuntata, proprio grazie a un errore madornale del presunto fuoriclasse che però fortunosamente si trasforma in assist per l'ex zombie Quaresma. L'uscita del vecchio Carvalho ha però dato maggiore consistenza alla difesa portugues, e in mezzo al campo l'omonimo ma assai più giovane William ha dominato: questo è un gran giocatore, destinato a luminosa carriera. L'avevamo apprezzato già nell'euro giovanile di un anno fa. E' ancora nello Sporting, ma le sue quotazioni stanno di certo andando alle stelle e lo vedremo presto sui prati più verdi e prestigiosi del continente.

Oggi, in campo Francia e Germania e Belgio, tre delle grandi favorite. Vediamo se e come confermeranno di essere sempre e ancora e giustamente tali.

16 giugno 2016

Il cinico stratega e l'impresa sfiorata

Che cinico stratega, Deschamps! Illude l'Albania facendole credere di non essere interessato ai tre punti, a vittoria o gioco, a vittoria con gioco, e invece aveva solo nascosto i suoi assi nella manica. Si fa per dire: in panca. Illude un popolo affamato di gloria pallonara, un pareggio al Vélodrome strappato alla grande Francia sarebbe un'impresa da raccontare a nipoti, bisnipoti, trisnipoti. Una fiaba che si tramanderebbe di generazione in generazione sino alla fine dei tempi. 

Eroi mancati, ma eroici

Macché. Deschamps può concedersi il lusso di togliere Pogba e Griezmann dalla formazione di partenza; può divertirsi a mettere in campo una squadra sgangherata e impotente; quanto a Pogba, lui (Didier) di quel che pensa Raiola se ne infischia, vadano pure a picco le sue quotazioni ("se il miglior giocatore di Francia non è titolare nella Francia, non può essere il miglior giocatore di Francia, e dunque non può valere quello che dice Raiola, quel che dice transfermarkt, quel che dicono i media"), e poi Griezmann è stanco, un'annata col Cholo toglie minimo quattro-cinque anni di carriera a ciascun giocatore. E poi i Bleus avevano già vinto la prima partita, qualificazione in cassaforte, si fanno esperimenti. Lo sguardo terrorizzato di Rami sui primi palloni capitati dalle sue parti, nell'area francese, la dicono però lunga sul grado di autostima dei cugini. E' basso. Quello di Rami è bassissimo. Non azzeccano una giocata decente, una combinazione, un'azione, non tirano in porta per 45 minuti, non pressano se non un paio di volte. Rischiano di subire. Cose impensabili.

Il tocco lieve di Griezmann
Poi, la svolta. Entra Pogba, non fa nulla ma la sua presenza totemica incendia la folla. Solo che inciampa sulle margherite, sembra Rivera a Stoccarda nel '74, pare abulico, fuori posizione e fuori forma. Insomma, non facciamola troppo lunga. La Francia vince solo perché gli albanesi non reggono per 90 minuti ma solo per 89, e naturalmente è Griezmann che - dopo le inzuccate alla viva il parroco di Giroud - mostra quanto sia facile per un giocatore di classe e nella solitudine dell'area di rigore (spazio ormai largo, presidiato da difensori senza più il fiato e la forza per rubare i tempi e stringere le marcature) girare delicatamente il pallone di tempia e conferirgli un'angolazione impossibile da raddrizzare per qualsiasi portiere. Poi arriva anche il raddoppio, ma è del tutto superfluo, uno di quei gol che di solito segnano Cristiano Ronaldo o Podolski, e stavolta tocca a Payet.

Il calcio dell'europeo non è quello della Champions League. Le super-squadre qui non ci sono, le grandi sembrano tutte in fase di transizione - calante la Germania, non certo scintillante la Spagna, in costruzione la Francia (lavoro che pare tutt'altro che compiuto). E fra esse poche si reggono su blocchi di giocatori prestati da un unico club. Ieri sera, all'inizio, la Francia ha schierato un mosaico assoluto: undici tessere sottratte a undici mosaici diversi. Così, ci sono rose di maggiore o minore qualità, e il lavoro dei tecnici può (e deve, o almeno dovrebbe) fare la differenza. Ne sta sortendo un calcio quasi 'antico', cui non siamo più abituati. Di equilibrio e di grande applicazione tattica - soprattutto, è ovvio, da parte di quelli che alla modestia tecnica sopperiscono con umiltà e corsa e agonismo. L'Albania ha perso due partite, poteva tranquillamente pareggiarle, verrà probabilmente eliminata. Ma ha mostrato di non partecipare abusivamente al ballo, dove l'ha portata un maestro italiano di esperienza, uno dei tanti che noi sottovalutiamo ed esportiamo, affascinati dal fascino di chi sa vendersi meglio.

Mans

15 giugno 2016

Pigiama parti

È finito il primo giro di giostra. Euro 2016 ci ha presentato le 24 squadre in gara, fra conferme più o meno annunciate e sorprese (poche a dire il vero).

La Francia padrona di casa si presenta all'appuntamento in grande spolvero. Talento distribuito equamente fra i reparti, buona panchina, ma poco appeal. È una delle favorite, ma dovrà conquistarsi sul campo il titolo, sudarselo punto per punto. Se il talentuoso "vorrei ma non posso" centrocampista del West Ham, Dimitri Payet, classe 1987 da Réunion, non avesse estratto dal cilindro una perla di rara bellezza e se il buon fischietto ungherese Viktor Kassai non avesse ignorato il fallo palese di Giroud su Tatarusanu, adesso staremmo parlando di un undici padrone di casa già costretto a inseguire l'inguardabile Svizzera del santone Petkovic.

È il minuto 65. Stancu esulta dopo aver battuto Loris dal dischetto: 1-1
Male l'Inghilterra, ma non solo per colpe sue. La perfida Albione dell'immarcescibile Benny Hill è una buona squadra, meno esperta ma più matura del mondiale brasilero di due anni fa. Mancano la saggezza di Gerrard e la garra di Lampard, ma hanno un Kane in più e (forse) il talento di Dele Alli. La trottolina classe '96 degli Spurs è potenzialmente un fuoriclasse, ma ha grandi limiti caratteriali. Forse il calcio di Her Majesty the Queen saprà disciplinarlo. Lo spero per il futuro di questo giuoco.

Gli inglesi sono capitati nel girone più semplice del torneo e questo può non essere un bene. Contro la rabberciata compagine russa The National Football Team ha giocato solo a sprazzi, mostrando anche bel calcio, ma è troppo poco e comunque ha palesato grandi limiti difensivi (prendere gol a tempo scaduto da  Vasili Berezutski, classe '82, non è peccato veniale). Peccato che Wes Morgan abbia il passaporto giamaicano.

Male la Turchia, Arda Turan e Ozan Tufan sono troppo poco per sperare in buon torneo. Bene la Croazia, zeppa di talento e con molte opzioni in panchina. Gioca un bel calcio e può andare lontano, soprattutto se Modric gioca così.

Mi hanno deluso, per motivi diversi sia la Polonia sia la Germania. Gli slavi hanno una buona squadra, talentuosa e mediamente giovane, condita dal talento di Lewandowski e Milik. Hanno faticato tremendamente contro la squadra forse meno attrezzata dell'Europeo. Sono apparsi farraginosi e con poche idee in testa. I ragazzi di frau Angela arrivano dal trionfo (più per gli altrui difetti) mundial e giocano con la consapevolezza di chi è too cool for school. Grave errore. Contro l'Ucraina gli è andata bene. Se non scendono di loro sponte dal pulpito su cui sono saliti rischiano di essere buttati giù e di farsi parecchio male. Hanno un girone facile, ma per arrivare fino in fondo dovranno cambiare atteggiamento. Male Goetze, bene Kroos. Spero che qualcuno dica a Mesut Ozil che nel calcio tirare in porta non è un reato. Il giorno in cui capirò che tipo di giocatore è Thomas Muller sarà un giorno felice per me.

La Spagna è sempre la Spagna e mai fidarsi troppo di don Andrés e compagni. La classe non tramonta mai e si è visto contro la pur solida Repubblica Ceca. Deludono l'Austria del sosia di Ibrahimovic, all'anagrafe Marko Arnautovic e la Svezia dell'originale. Il Portogallo non è più vivaddio solo CR7, ma stavolta ha una buona squadra che si diverte a giocare. Verticalizza poco, ma offre spettacolo. Non vincerà l'Europeo, ma vedrò tutte le loro partite.

La patria compagine pallonara ha sorpreso tutti meno quella vecchia volpe di Righe da Fusignano e il buon Cibali che da anni va ripetendo, come Righe appunto, che la storia nel calcio conta parecchio. Noi siamo l'Italia, loro il Belgio. Punto. L'importante è farlo metabolizzare ai giocatori. In questo Antonio Conte è maestro. Complimenti.
L'Italia che lunedì scorso a Lione ha affrontato il Belgio

La partita dell'Italia ha confermato altre due verità che nel calcio raramente vengono smentite: nei tornei vince chi prende meno gol ovvero chi ha la difesa migliore, o più fortunata. La nostra è entrambe le cose. Poi il calcio non è il tennis. Se hai Hazard, Fellaini, Witsel, De Bruyne, Nainggolan  che giocano da soli, alla fine perdi. Mi preoccupa solo il consueto trionfalismo della stampetta nostrana. Catastrofici prima (manco fossimo Andorra), invasati dopo una vittoria, benché prestigiosa e ottenuta quasi in scioltezza. Noi dobbiamo stare tranquilli, lavorare e vivere ogni partita come fosse la più difficile, quasi proibitiva. In questo il nostro CT è il più bravo. Speriamo infine che ci regga la condizione.

Partita bruttina il derby del Danubio. Ci si aspettava una grande Austria e invece l'Ungheria non ha demeritato. A proposito di Ungheria mi pare doveroso spendere due parole su Gabor Király, portiere classe 1976 da Szombathely. Una carriera di tutto rispetto, iniziata nelle giovanili dell'Haladás, la squadra della sua città. Si trasferisce in Bundesliga a vent'anni e con l'Herta Berlino colleziona 198 presenze dal 1997 al 2004. Finisce poi in Premier League e gira mezza Inghilterra: Crystal Palace, West Ham, Aston Villa, Burnley e poi ancora in Bundesliga e poi ancora in Premier. Dall'anno scorso è tornato in patria, nella sua città, nella sua squadra.

Il Danubio, così come l'Austria sono nel suo destino. Esordisce in Nazionale nel 1998 contro l'Austria per l'appunto e gli para pure un rigore.

Gábor Király comanda la difesa ungherese
Ieri ha esordito a Euro 2016. È il calciatore più vecchio del torneo, il più vecchio ad avervi mai partecipato. Dal 1993 non si è mai tolto quei pantaloni favolosi che sembrano tanto un pigiama e che invece altro non sono che il sogno del bambino.
Tutti quelli scarsi da bambini venivano gentilmente invitati ad accomodarsi in porta. Arrivavi in piazza, coi tuoi calzoni corti, pronto per giocare coi compagni e magari segnare anche qualche gol davanti alla ragazzina che ti piaceva e invece niente. Eri scarso, eri più scarso degli altri, non eri il proprietario del pallone o forse eri solo meno prepotente. E allora dovevi stare in porta senza protestare. I pantaloncini coi quali ti presentavi in piazza erano quelli del tuo campione preferito. Io li avevo come Socrates al mundial spagnolo, celesti col taglio laterale all'insu. Quando mi fecero capire che dovevo stare in porta, perché ero goffo, lento e poco tecnico decisi che avrei cambiato pantaloni. Mica c'era l'erba in piazza o per la strada. Allora mi comprai al mercato una bella tuta sportiva. Della felpa non mi interessava. Erano i pantaloni che volevo. Con quelli potevo tuffarmi sull'asfalto senza ammaccarmi tutto e far infuriare mia madre. Quei pantaloni erano il simbolo della dignità del portiere. Anche io, che sono scarso, che sono lento, che sono goffo, che gioco in porta, avevo la mia divisa: erano i pantaloni della tuta. Erano il pigiama di Gabor Király, portiere poco bello da vedere, ma tremendamente efficace. Da sempre una delle personalità più interessanti del plasticume calcistico mondiale contemporaneo. Da ieri il mio portiere preferito.

Cibali

14 giugno 2016

Lezione di italiano per Wilmots e (oggi) derby danubiano

Ammettiamolo, un po' era nell'aria. La partenza col botto. La sorpresa che può sorprendere solo chi si è affacciato al pallone in questi anni di misero talento e sicuro declino pedatorio italico. Ma - come diceva ieri sera Arrigo nell'orrenda trasmissione post-match allestita dalla Rai, con le solite facce e i soliti sketch che offendono il buon gusto di molti spettatori - il calcio ha anche una storia e una tradizione, e quelle di Belgio e Italia sono imparagonabili. Vero: loro sono stati una nostra bestia nera, basti ricordare gli europei del '72 e dell'80. Ma, ai tempi, erano una nazionale tatticamente all'avanguardia. Oggi, certamente, no. Oggi hanno visto crescere una generazione di cosiddetti top-player, ce ne sono così tanti da non poterli nemmeno schierare tutti nella formazione di partenza. Peccato siano concentrati solo in alcuni ruoli - attaccanti, attaccanti esterni, trequartisti o come li si vuole chiamare; peccato non ci siano difensori - centrali ed esterni - all'altezza (soprattutto tattica) dei nostri; peccato non possano tenere in mezzo al campo un vero facitore di gioco, un regista, un playmaker, ma due interni di difficile definizione e piuttosto sopravvalutati, i gemelli Witsel e Fellaini. Poiché la raccolta delle figurine e la composizione di un album non presentano le stesse difficoltà che comporta l'allestimento di una squadra di calcio efficiente ed equilibrata (e poiché anche i valori di transfermarkt non scendono in campo), ecco che i nostri ronzini sono andati praticamente a nozze. Teleguidati (come giustamente osserva oggi Mario Sconcerti sul Corriere) da Conte, azzerati nell'ego da questa esperienza mistico-pedatoria. Così, quando Hazard ha cominciato a esercitarsi in solitari funambolismi, si è capito che Wilmots non aveva armi (e intelligenze) tattiche da contrapporre alla nostra strategia. E il match è scivolato, pur tra fasi alterne, verso la sua logica conclusione. Gli sprechi madornali e decisivi di Origi e Lukaku (anche i nostri sprecano, ma ciò è nella normalità), peraltro, dovrebbero far riflettere chi si produce in eccessi di entusiasmo per i centravanti altrui: sono giovani, e hanno ancora tanta strada da fare prima di arrivare al vertice del calcio europeo.

Si segna spesso nei minuti finali, a Euro 2016.
Anche l'Italia ci riesce, al termine di un'azione spettacolare

Certamente, non si è mai vista una nazionale italiana con queste sincronie di gioco e di movimenti. Una squadra perfetta, le cui beghe stanno nella modestia dei piedi di tutti - cosa non da sottovalutare, peraltro. Basterà per andare lontano? Difficile dire, ora per esempio avremo due partite complicate, poiché si va ad incontrare gente del nostro livello e che dovrà adoperare le nostre stesse armi. Per fortuna troviamo prima l'amico Ibra, leader di una squadra povera di talento - come la nostra. Per fortuna arriva prima la Svezia, perché gli irlandesi hanno un signor allenatore e appetiti atavici, e corrono come dannati, secondo tradizione. Saranno giornate difficili, e occorrerà - ora che la vittoria nella prima partita ci dà una ragionevole certezza di passare il turno - risparmiare fiato ed energie, e impiegare anche qualcuno rimasto ieri in panca. Vedremo.

Oggi torna un'antica classica del football europeo. Il derby danubiano: Austria-Ungheria. Si sono incontrate 136 volte; a parte i confronti della Coppa Internazionale, si sono sfidate in una sola occasione al mondiale, nel 1934, all'altezza dei quarti, a Bologna. Mai in una fase finale dell'europeo. Vanta più successi l'Austria, che anche oggi parte favorita. Nei cieli di Eupalla, tanti antichi campioni di due generazioni diverse, quelli che fecero parte del Wunderteam e dell'Aranycsapat, si accomoderanno oggi insieme sul divano per godersi questa partita davvero speciale, che ritorna a contare qualcosa dopo secoli di inerzia e declino. La ruota del football non smette mai di girare.

13 giugno 2016

Stenti europei e magie del Sudamerica

Inghilterra-Russia: il backstage
L'inizio degli europei è stato davvero poco scintillante, offre calcio di fine stagione, calcio in saldo, ci si deve accontentare soprattutto dell'equilibrio in campo, di partite vive (ma per sfinimento) sino all'ultimo istante. Tornano i quasi dimenticati hooligans inglesi e tedeschi (a Marseille, a Lille), fanno i soliti danni, l'Uefa indossa la maschera del feroce guardiano e minaccia inglesi e russi di rispedire a casa le loro rappresentanze pedatorie. Giusto. Stesso metro andrebbe usato allora per i calciatori turchi, che ieri, nello sfibrante match con la Croazia, non hanno smesso per un solo istante di randellare e sbullonare gli avversari. Tant'è. Il giudice ha tollerato tutto, Vedran Ćorluka - trentenne difensore del Lokomotiv - ha giocato per parecchio tempo inturbantato e sanguinante (ma parecchio sanguinante), forse era un caso ma alla fine di ogni mischia era lui quello che rimaneva a terra. C'erano motivi per ritenere che meritasse una sostituzione cautelativa, ma evidentemente i croati non hanno in rosa gente alla sua altezza. Quando Modric ha azzeccato il destro di prima intenzione sulla palla ricacciata dai turchi fuori dall'area, un tifoso croato è riuscito a entrare in campo per esultare con i giocatori e congratularsi con il suo beniamino. Un vero sportivo, bisogna dire. Come abbia fatto, chi glielo abbia permesso, non si sa. Comunque, un gesto che, di questi tempi, può solo far tirare sospiri di sollievo. Evidentemente, ben altro sarebbe potuto accadere.  

Ehilà| Bravi ragazzi, esulto con voi, ricordatevi che la maglia principale è questa

Sabato, gli inglesi si sono fatti raggiungere dalla Russia al novantesimo, venerdì la Francia è venuta a capo della Romania poco prima del novantesimo, ieri sera la Germania non ha particolarmente meritato di vincere la sfida con gli ucraini (Schweinsteiger, ingrigito ma redivivo, ha finalizzato un bel contropiede appena entrato, messo in campo da Gioacchino Manicarrotolata al novantesimo, quando Neuer e Boateng avevano già salvato la patria in più di una circostanza), ieri pomeriggio la Polonia ha largamente dominato il suo match con gli irlandesi, ha portato i suoi uomini a crossare mille volte dal fondo, ma Lewandowski non sembra più il giocatore affamato di qualche anno fa (il suo atteggiamento in campo è quello della star cui tutto è dovuto), Milik prima di azzeccare la conclusione giusta ha malamente e ripetutamente sprecato, in un caso anche negando una più facile conclusione al celebre compagno, che se l'è presa ma non più di tanto. Le favorite dunque vincono sempre - esclusa l'Inghilterra, ça va sans dire -, ma faticano tantissimo.

Gli stadi sono strapieni e ribollenti di tifo. Migliaia di supporters di questa o quella nazionale ridisegnano le tribune con macchie di colore amplissime. L'Europa è convenuta nella madre Francia golosa di football e di sogni pallonari, stanca di guardare il gioco solo in tivù, visto lo strapotere di pochi club e l'esito scontato delle maggiori competizioni nazionali (esclusa quella inglese, ça va sans dire) e continentali. Questo invece è un torneo che storicamente offre spazio e possibilità agli outsider, dunque c'è davvero speranza per tutti. Di qui, anche, l'agonismo speso sul campo da giocatori spremuti e stremati in queste sempre più lunghe e intense stagioni. 

Fratellanze europee

Stasera esordisce l'Italia. Contro le stelle del Belgio, accreditato di possibile podio, vai a sapere su quale gradino. L'Italietta di Conte, sì. Quella che tutti dicono essere la nazionale tecnicamente più povera di tutti i tempi, quella dove il talento, se c'è, va cercato col lanternino, tra i piedi possibili di un Insigne o di un Bernardeschi. Quella che ha dato la maglia numero dieci a un vecchio e lento bucaniere di origini brasiliane detestato da tutti e vai a sapere perché. Quella che si affida all'organizzazione di gioco, agli schemi, all'applicazione tattica, alla generosità, al 'gruppo'. Si sa che i nostri pedatori, quando vengono maltrattati dall'opinione pubblica, estraggono risorse inimmaginabili dal proprio DNA. Per storia e tradizione, l'Italia non parte mai battuta, qualunque sia l'avversario. Quindi staremo a vedere, senza azzardare pronostici. 

Intanto, il Brasile ha bucato anche la Copa América del centenario. Da par suo. Come si conviene a questa sua epoca triste. Fuori al primo turno. Niente Uruguay e niente Brasile ai quarti di finale, che razza di torneo! Va detto, tuttavia, che l'eliminazione della Seleçao pesa sulla coscienza della squadra arbitrale, incapace di sanzionare la volée di avambraccio con cui, a un quarto d'ora dal termine, Raúl Ruidíaz (attaccante a noi del tutto sconosciuto dell'Universitario de Deportes di Lima) ha insaccato un pallone decisivo e abbastanza storico. 
Magie del Sudamerica!

Dall'angolazione giusta, la magia di Ruidíaz