15 febbraio 2018

Grazie in anticipo al Real (alla fine si dice perché)

Fettine di coppa - CL (ottavi, andata: prima settimana)

Il ritorno degli inglesi, anzi delle inglesi. L'armata britannica muove possente - onusta di ricchezze e di ambizioni - alla conquista del continente, pressoché abbandonato alla balìa d'Hispania e Catalunya negli ultimi anni. Saranno sfide - quando verrà il momento, e il primo arriverà già la prossima settimana, a Stamford - ruvide e veloci. Saranno ordalie.

Ma che giocatore è diventato?
Ma diciamo la verità. Le goleade esterne del City e dei Reds si potevano prevedere, anche se magari le loro dimensioni impressionano. Ha più peso specifico la rimonta degli Spurs allo Stadium, arrivata dopo che il solito inizio tremendo della Juventus sembrava avere chiuso la pratica. Giusto il tempo di aprirla. Dicono che qualcuno al decimo minuto stesse già lasciando lo stadio: a furia di vincere facile, lì, ci si annoia. Solo qualcuno, eh, gli altri assaporavano l'idea del contropiede, delle serpentine negli spazi di Douglas Costa. La muraglia, tutti pensavano, non sarebbe mai caduta. Chi riesce a far gol alla Juventus, da tempo immemore? Nessuno. Quasi nessuno. L'ultimo è stato Caceres, un ex, uno lasciato partire a zero, un reprobo. Ci sta. Certo, però, il Tottenham non sembra qualcosa di simile al Sassuolo e nemmeno alla Fiorentina. Con tranquillità, con atteggiamento ben diverso da quello che portò alla rovina il tremebondo Barça di un anno fa proprio su queste zolle, gli inglesi (molti davvero inglesi, di passaporto e di nascita) hanno risalito la china e fatto saltare i nervi di Allegri. Che, saggiamente, a un certo punto ha deciso di difendere il due a due preferendo non rischiare di incassare il terzo.


E' una Juventus davvero brutta. Se poi produce un risultato brutto, sarà bene iniziare a rifletterci su. Il prode Massimiliano, a caldo, ha dichiarato che gli obiettivi prioritari del club sono campionato e Coppa Italia. In Champions si cerca di andare più avanti che si può. Discorsi da allenatore del Celtic e del Brondby, non da uno che in finale ci è arrivato già due volte. Il popolo insorge, la dirigenza tace (acconsentendo? dissentendo? Vai a sapere. Mah, sarà solo questione di fatturato, è possibile).

Il grande match, la grande attrazione degli ottavi era in cartellone ieri sera. Scenario usuale, da quando la Coppa esiste. Anche lì, 'sembrava' che qualcosa di storico potesse accadere. Le apparenze ingannano, specie nel football. Sembrava che il PSG potesse annientare i Blancos nel loro stadio. Niente miedo escénico per i Neymar e i Dani Alves, e pare ovvio. L'enfant prodige insacca e sembra una prodezza, ma è Navas a spiazzarsi da sé. Partita in cui il fattore 'tattica' è assente. Spazi aperti in tutte e due le metà del campo, si potrebbero vedere molte reti. Un rigorino più che generoso rimette in sesto il Real. Che, come spesso succede in queste occasioni, viene fuori alla distanza. Il terzo gol di Marcelo, per quanto fortunoso, arriva alla fine di una fase di possesso alto, sul lato sinistro, che è un vortice di tecnica e di potenza. Tutto acquista un senso. Pensi che a questi, ormai, se devono giocare contro il Getafe o contro il Levante, alle tre di pomeriggio, magari al Bernabéu pieno a metà (o vuoto a metà), viene sonno. Chi c'è stasera? Il PSG? Oh, finalmente. Sembra di sentirli. Zidane in queste circostanze si rilassa, se il calcio per lui ha uno scopo è quello di poter vivere queste serate.

Beh, sono espressioni che dicono molto

E gli altri? I parigini? Sono nati nel 1970, nell'anno in cui iniziava il dominio olandese (culturale e anche nell'albo d'oro della coppa), quando il torneo aveva già una lunga e gloriosa storia, densa di leggende e di favole, di cadute e rinascite. Il Paris è una squadra forte ma 'finta', senz'anima. Costruita a tavolino. Senza tradizione, senza orgoglio. Se avverrà, ringrazieremo il Real per aver cacciato dall'Europa quelli che cercano di conquistarla usando solo la potenza del denaro.

Mans

10 febbraio 2018

Addio Serie A

L'uso politico del moviolone (nelle partite di Napoli e Juventus) e lo strapotere (tecnico, finanziario, politico e 'psicologico') della Juventus hanno ormai screditato del tutto la Serie A.
Inutile scendere nei dettagli, tutto è sotto gli occhi di tutti.

Per questo scegliamo di non seguire più il nostro (falso) campionato.