26 ottobre 2015

Il finalizzatore

Cartoline di stagione: 10° turno 2015-16

Mentre la Bundesliga è signoreggiata senza pietà dal Pep, in Inghilterra nessuna nave ha voglia di prendere il largo. Brutto derby a Manchester, ed ennesima orrida prestazione (tecnica e nervosa) del Chelsea (l'unico a dare spettacolo è Mou, bisogna ammetterlo: ma lo fa solo quando perde, e ultimamente capita spesso), a Upton Park. E se fosse l'anno dei Gunners? Prima o poi ... Ancora interlocutoria ed equilibrata la stagione spagnola, che quando non gioca Leo si intristisce. 

E' lui, Kalidou Koulibaly, l'homo novus di Sarri
Possiamo quindi dedicarci alle cose di casa nostra, anche perché sembra che ci sia un campionato vivace, e visto che le pretendenti stanno venendo allo scoperto, così come le false candidature. Abbiamo osservato, tuttavia, solo l'Inter (a Palermo) e il Napoli (a Verona). Le impressioni ricavate dalle partite precedenti non ne sono risultate stravolte. Il Napoli è un XI di corsa e di qualità vigorose, che ha corretto magnificamente le lacune delle ultime due stagioni e rimesso a lucido alcuni uomini (il centrale senegalese anzitutto, che ha lasciato per strada una quindicina di chili di troppo, quelli che evidentemente lo facevano apparire troppo lento e macchinoso per una squadra di vertice); gioca a due tocchi, nessuno (a parte gli attaccanti dotati) porta palla. Il Napoli ci piace, e ci piace più della Roma.

L'Inter, invece, sta tornando sulla terra, dopo l'orbita fuori controllo delle prime cinque partite (e i quindici punti, di cui dieci ampiamente immeritati). Il gioco mostrato finora è pessimo; ha recuperato muscolarità e solidità difensiva, ma non produce nulla (solo qualche estemporanea azione di contropiede) davanti. E infatti l'uomo messo sulla graticola dalla critica è Icardi, centravanti e bomber 'tipico'. Ma non gli arrivano palloni decenti, ed è il solito facile bersaglio di coloro che credono il football sia esercizio lineare. Non gli arrivano palloni perché gioca in un team pieno di 'atipici'; uno è abbastanza per qualunque squadra, figuriamoci tre o quattro. Mancini ha l'aria di uno che se ne infischia, ha i suoi esperimenti da fare e si diverte così. 

"Prendo la palla e parto. Dritto dritto, mi faccio settanta metri di corsa.
Poi tiro. Tiro in porta. Mica la passo, e no!"

Chiudo citando Ginone Bacci, vecchia pennaccia e linguaccia toscana, già operoso sulle pagine di Tuttosport ma di fede criptonerazzurra (nemmeno troppo cripto). Analizza lucidamente e ironicamente il calcio del nord dagli studi delle antenne locali, e Fredy Guarin è uno dei suoi 'soggetti' preferiti. Lo considera un grande finalizzatore. Già. Nel senso che, quando la palla arriva tra i suoi piedi, regolarmente, l'azione finisce ...

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Mans

19 ottobre 2015

Vedi Napoli e poi... nasci

In Ripa Arni

"Vedi Napoli e poi muori" recita un modo di dire che celebra, assai giustamente, una delle città più belle e complicate d'Italia. Per chi, come il sottoscritto, ha indelebilmente legata la propria gestazione calcistica (da tifoso, s'intende) a quella città e al suo profeta per eccellenza: Maradona, Napoli-Fiorentina non è mai una partita come le altre. Per molti miei co-tifosi la gara dell'anno, quella su cui puntare ogni energia psico-fisica, ogni fisima esaltatoria, su cui scaricare ogni frustrazione extra-calcistica è la gara contro la Juventus. Non posso dire, in tutta onestà, che quella partita sia per me "normale". Non lo è e non lo sarà mai, ma la vera partita che rappresenta il mio amore per il calcio e per la Fiorentina è quella contro i Partenopei. Il marchio indelebile dell'immortale lirica pallonistica sull'anima contro la radice più profonda del tifo. L'innamoramento per il Dieguito de la gente contro l'ancestrale senso di appartenenza cittadino, il credo residuale dell'ultimo rito collettivo cui tutti, più o meno, apparteniamo. Mi sono avvicinato a questa partita come chi è orfano delle schiene su cui era marchiato a sangue il numero 10. D'altra parte se mancano sia Maradona sia Baggio, che Napoli-Fiorentina è? Alla fine è stata una bella partita, arbitrata bene dal livornese Banti e giocata anche meglio dai due allenatori, entrambi più bravi della media di chi siede sulle panchine della serie A.

La Fiorentina si è avvicinata a questa partita con la serenità di chi è lassù a dispetto dei santi. Nessuno chiedeva ai ragazzi di Sousa, a inizio stagione, di vincere lo scudetto. La prima posizione, meritatissima, è un regalo che i Viola hanno fatto a se stessi e alla città. Basta così. Se dura bene, altrimenti andrà bene lo stesso. Gli investimenti del Napoli invece sono stati ben altri e ben altre sono, di conseguenza, le aspettative della sua gente e della sua società. Insomma, la pressione ieri era tutta sugli uomini di Sarri. Nel primo tempo lo si è visto anche troppo bene. Fiorentina sontuosa, magnifica nel far girare palla: "la Fiorentina è la squadra più forte del campionato a ritmi bassi", ha commentato Sarri a fine gara. E ha perfettamente ragione. I Viola hanno fatto per 45' la partita che volevano al cospetto di un Napoli sorpreso e impaurito. Geniale la mossa di Sousa di schierare Bernardeschi, quando il Napoli si aspettava chiaramente Ilicic dietro a Kalinic, lasciando spazio di manovra a Valero che prendeva palla davanti alla difesa e la portava nell'area avversaria col filtro di Vecino (sempre più una certezza) e Badelj (vero simbolo dei ritmi bassi di cui sopra). 

Lorenzo Insigne esulta dopo lo splendido gol
con cui porta in vantaggio il Napoli
Nella ripresa appare, risorto, il Lorenzo infortunato della Nazionale. Splendido il movimento a uccellare un disorientato Tomovic e altrettanto bella la conclusione di interno destro con cui ha superato Tatarusanu. Ma la Fiorentina non ci sta e, in casa di una vera candidata allo scudetto, riprende a fare la partita. Entra Ilicic e mette un pallone al bacio per il "quasi" miglior centravanti della serie A, Kalinic, il quale di esterno destro prende in controtempo Reina e segna un gol favoloso. 


Nikola Kalinic guarda al cielo dopo aver pareggiato
i conti con uno splendido gol
Peccato che Ilicic si faccia ingenuamente rubare palla dal miglior centravanti della serie A (lui si che lo è), Higuain, il quale scambia con Mertens e in corsa brucia Tatarusanu: 2-1. La Viola non accetta la sconfitta e si butta all'assedio della difesa napoletana,  la quale regge bene e porta a casa la vittoria. Le vittorie sono sempre meritate così come lo sono, evidentemente, le sconfitte. Ma ci sono vittorie e vittorie, quindi ci sono sconfitte e sconfitte. Quella di ieri è una sconfitta nata da errori individuali pesanti: il mancato movimento, quelli bravi direbbero diagonale, di Tomovic a inseguire Insigne e l'errato controllo in mezzo al campo di Ilicic. Capita. E se capita su un campo come quello di Napoli, dopo una partita giocata sempre alla pari, allora va bene.

El Pipita Higuain esulta: ha messo il sigillo finale sulla vittoria


La Fiorentina non deve vincere lo scudetto e non lo vincerà. Ma farà un campionato di vertice. Tutti, da ieri, hanno capito che per battere questa squadra dovranno giocare al massimo e non sbagliare niente. A volte, dopo aver visto Napoli, si nasce.

Cibali

5 ottobre 2015

Bicchieri mezzi pieni e bicchieri completamente vuoti

Cartoline di stagione: 8° turno 2015-16

Poche cose davvero notevoli in questo week-end e poche annotazioni ad memoriam. Fa rumore la seconda presa di San Siro (con goleada) in sette giorni. Trasferte con pic-nic per le comitive di Sousa e Sarri. Ma i punti in classifica determinano l'umore dei tifosi (ovvio) e fanno buona stampa (meno ovvio). Dunque, l'Inter fa un punto in due partite (travolto dalla Viola al Meazza -  partita "che non ha fatto testo" -, concede alla Samp una quantità impressionante di situazioni da gol in azioni di contropiede prima di strappare un pareggio), ma resta seconda in classifica e dunque il bicchiere è mezzo pieno. Il bicchiere del Milan è invece totalmente vuoto, e non c'è bisogno di spiegare perché. 

Immagine datata, ma sempre attuale

L'Inter ha un reparto di mezzo cingolato ma lento. Davanti, parecchi solisti (i vari slavi) e un grande finalizzatore (l'argentino). Otto gol segnati e sei subiti in sette partite sono uno score da media classifica (sesto-nono posto), e questa pare la dimensione (reale e attuale) dell'Inter; ha almeno sei-sette punti in più di quelli che meriterebbe, conseguendo vittorie mai limpide solo con le cenerentole della Serie A (cugini compresi). Dopo la sosta - momento sempre delicato - ospiterà la Juve, e lì capiremo molto di come sarà la stagione delle due. 

Il Milan ha già rimesso nel baule ogni ambizione, e può starsene chiuso in camera a meditare sui propri errori - innumerevoli. I milanisti devono invece sperare che la dirigenza non faccia colpi di mano, decidendo di sollevare l'allenatore: la squadra rischierebbe un precipizio senza rimedio. Potrà restare a galla solo tirando fuori gli attributi (se ci sono), lottando da provinciale. Come altre volte, in passato, è già successo.

Quelle che giocano in Europa sembrano le più forti, e sono cinque. Le cinque che potrebbero trovarsi nelle prime cinque posizioni a fine stagione. Sorprendenti performance di gioco da parte di Fiorentina e Napoli; ancora parzialmente inespresse Roma e Juventus; in ripresa la Lazio. Speriamo l'equilibrio perduri.

Equilibri precari anche altrove. Il Siviglia bastonato dalla Juve bastona il Barça che aveva bastonato la Juve qualche mese fa. L'Arsenal infinocchiato dai greci ci mette pochi minuti a stendere lo United - l'Arsenal è capace di queste imprese. Il City passa dalla depressione all'esaltazione in pochi giorni, ma c'è voluto il Newcastle per divertire quelli che frequentano l'Etihad. Invece, quelli che credevano in un new deal a Dortmund si sono visti improvvisamente di fronte la sagoma gigantesca del Bayern. In Germania anche quest'anno sarà una bella lotta: per il secondo posto. 
E forse anche in Europa.

Di pura prepotenza: cinque a uno
Alla prossima.

Mans

1 ottobre 2015

Gli staffettisti giallorossi e l'ingordigia di Lara Croft

Fettine di Coppa: fase a gironi (2° turno)

Come già il primo, anche il secondo turno dei campionatini di CL è stato discretamente godibile. Il divertimento, del resto, è proporzionale all'incertezza delle partite - e sono state quasi tutte incerte, alcune ribaltate, altre quasi -, e di conseguenza a quella delle classifiche nei singoli gironi. Vi sono club che avevano prenotato o quasi un posto negli ottavi già prima di iniziare a giocare, e che ora dovranno sudare per conquistarlo.

I colori delle maglie del City e del Borussia
sono l'unica nota stonata di una bella partita

Le inglesi, per esempio. Tutte. Ieri - dopo il bagno di martedì - si sono salvate, sul filo di lana e rischiando l'osso del collo. E' un tema, è un tema attuale, è un trend, se continuerà occorreranno approfondite analisi da parte degli osservatori d'Oltremanica. Per ora, rileviamo solo come quel che spendono sul mercato le due di Manchester (soprattutto i Citizens: 135 mln di saldo negativo; solo 32 lo United) sia sufficiente per tenerle al vertice in Premier; non in Europa. Club di blasone minore sono in grado di tener loro agevolmente testa. Lo stesso vale anche per l'Arsenal, tendenzialmente meno 'spendaccione' (14 mln di saldo, negativo s'intende). Un XI esperto come quello dell'Olympiakos, dominante da anni nel campionato greco, sempre presente nella fase a gironi di CL, può tranquillamente pensare di fare la voce grossa all'Emirates e portare a casa i tre punti. Quanto al Chelsea (meno 23 mln sul mercato), un conto è giocare contro i cestisti del Maccabi, un altro vedersela con il Porto ...

Delle nostre, convincente e autorevole la Juve. Restituita al modulo-Conte - cioè al suo autentico imprinting epocale -, recupera Khedira e domina il Siviglia. Allegri farebbe bene a lasciare le cose come sono state per anni, non sarà lui a poter dare un'impronta alla squadra. Solo se non tocca nulla, le cose possono andare ancora bene per Nostra Signora. Se invece pretende di innovare, se vuole convincersi (e convincere) d'aver delle idee, di possedere un 'pensiero' calcistico, rischia la panca e quella credibilità che si è guadagnata negli anni senza meriti particolari. L'abbiamo già detto e (del resto) lo dicono tutti: Pirlo e Tevez non sono clonabili, ma Khedira (se sta bene) vale almeno quanto Vidal, e i nuovi (a iniziare da Dybala) sono bravi. Morata può solo migliorare. Pogba è indecifrabile, ma pazienza. La Juventus può vivere un anno di transizione, ma ha basi tecniche solidissime e un futuro ragionevolmente sereno.

Non inquadrato, il quartetto composto da Gervinho, Iturbe,
Salah e forse Florenzi
La Roma, dal canto suo, non passa là dove anche Napoleone Bonaparte non riuscì a sfondare, ma il modo è stato scandaloso. I regali fatti al Bate nessuno li restituirà. I tre velocisti schierati davanti sembrano buoni per allestire (con un altro elemento) una bella staffetta 4x100, non per giocare assieme al gioco del calcio. Sicché la faccenda si complica maledettamente, e già da ora un posto negli ottavi pare un miraggio. Si spera almeno in una qaulificazione, con buona e conseguente raccolta di punti-ranking, in Europa League.


Altri spiccioli. In Svezia, CR7 ha raggiunto e superato Raul. Ormai tenere il conto dei suoi gol è abbastanza difficile. E lui è sempre più ingordo. Sempre più ossessionato, anzi. Alcuni primi piani di ieri, successivi a sue conclusioni abilmente sventate dal portiere degli svedesi, ne hanno rivelato dispetto, rabbia, insoddisfazione. La sua metamorfosi, nel corso del tempo, è stata strabiliante. Era un'ala - un attaccante esterno -, da giovane, ora è una macchina da gol. Eppure ... Eppure, se si confrontano i suoi sei anni all'UTD con i suoi sei al Real (dunque escludendo la stagione in corso) si nota una cosa. Cresce il suo palmarés di premi individuali, ma il bottino di squadra è tutto a favore dei Red Devils. A Manchester Lara Croft vinse (in sei anni) tre campionati, due coppe di lega, una FA Cup, una Champions e un mondiale per club; a Madrid un solo campionato, due coppe e una supercoppa di Spagna, una Champions e un mondiale per club. La forza 'storica' delle due squadre nei due cicli è certamente paragonabile. Cosicché, al servizio più di se stesso che della squadra non ha fatto vincere al Real più di quello che, probabilmente, avrebbe vinto anche senza di lui.

Alla prossima.

Mans