30 settembre 2012

Fratelli d'Italia

La Gazzetta dello Sport.it - 30 settembre 2012, tardo pomeriggio.
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Serie A, sesta di andata. Il Toro sbanca Bergamo (cinque a uno). Sbigottiti i molti spettatori presenti allo stadio "Atleti Azzurri d'Italia"; e come loro, l'inviato della Gazzetta. Risultato "clamoroso". Nell'era telematica, tuttavia, la rapidità dell'informazione non è confortata dall'esattezza; e così la gloriosa arena di Bergamo è stata da oggi intitolata, sul più importante foglio sportivo della nazione, ai "Fratelli d'Italia". L'epocale "clamoroso al Cibali" di Sandro Ciotti è stato per l'ennesima volta riciclato e adattato alla circostanza. Con variante inedita: "clamoroso al Fratelli d'Italia". Lapsus freudiano? Ah, i dettagli.

Mans

23 settembre 2012

Old & Newton

22 settembre 2012, Juventus Stadium, Torino
Il ChievoVerona sfoggia la tenuta "inglese" contro la Juventus
Fa piacere constatare che alcuni degli attuali protagonisti della pedata nazionale sappiano coltivare la memoria del gioco più bello del mondo. La maglia con cui l'AC ChievoVerona [sic, tuttoattaccato] è scesa in campo contro la capolista nel suo nuovo stadio torinese - inaugurato, non va scordato, l'8 settembre 2011 con un'inattesa, quanto memore, partita contro il Notts County FC, fondato nel 1862 e che aveva fornito le nuove maglie bianconere alla Juventus nel 1903 [leggi il bell'articolo di Richard Williams] - si configura come un gesto di omaggio alla Vecchia Signora.

La tenuta dei veronesi ricalca, volutamente, quella del Newton Heath Lancashire and Yorkshire Railway FC, la squadra degli operai del deposito delle ferrovie nell'omonimo sobborgo di Manchester, fondata nel 1878, che è all'origine del Manchester United. Il Newton fu infatti messo in liquidazione nel 1902 e rilevato da alcuni imprenditori che il 28 aprile dello stesso anno lo rifondarono col nome di Manchester United FC mutandone i colori sociali del verde-oro (giallo) al rosso-nero [leggi].

La baffuta rosa del Manchester United nel 1992-1993
Chi sono i secondi da destra nelle file in piedi?
E chi è l'unico bianco senza mustacchi?
La scelta del Chievo si deve al suo presidente Luca Campedelli, che l'ha motivata con la consueta laconicità: «È la maglia del Newton Heat e mi è sempre piaciuta molto. Così l'ho voluta riproporre quest'anno» [leggi] come terza maglia della squadra. Un atto che rende merito alla passione calcistica del dirigente veronese. Una scelta di cultura, senza alcun legame storico diretto e, perciò, tanto più significativa e da apprezzare. Nella stagione 1992-1993 anche il Manchester United aveva indossato la maglia del Newton Heath per ricordare il centenario della partecipazione dei progenitori alla First Division. Una scelta di memoria: altrettanto bella. Gli "ignoranti", allora come oggi, si sono invece limitati ad esternare il loro (dubbio) gusto estetico: che non interessa a nessuno.

Azor

22 settembre 2012

Problemi ed errori della Beneamata - Il peccato originale

2 maggio 2010, Stadio Olimpico, Roma
L'immediata agiografia dei tifosi laziali
è spesso rimossa dai tifosi interisti 
Proseguo la riflessione sulle vicende recenti della Beneamata. Come ho già scritto nel messaggio precedente sul tema [vedi], il peccato originale è stata - a mio avviso - la sopravvalutazione del Triplete. Tra i tifosi si tende infatti a dimenticare volentieri la dose di fortuna che accompagnò la parabola mourinhana anche in quell'anno. Pochi, tra loro, conoscono l'opinione che, del loro illustre concittadino, hanno i suoi amici di Setubal: "Noi diciamo che è nato con il culo nel burro" [fonte: S. Modeo, L'alieno Mourinho, 2010, p. 169]. E altrettanto pochi amano ricordare che: all'85° minuto del ritorno con la Dynamo Kiev il 4 novembre 2009, la squadra era virtualmente eliminata dal girone di Champions; che da quel momento la Roma di Ranieri le recuperò 14 punti e la superò in vetta l'11 aprile 2010 alla 33a di campionato; che all'andata a San Siro contro il Barcellona il 20 aprile la direzione arbitrale del portoghese Olegário Faustino Manuel Benquerenca Bartolo fu perlomeno svagata (per non dire assai casalinga), come già lo erano state quelle degli ottavi di Champions contro il Chelsea; che ci volle una doppietta del doriano Pazzini all'Olimpico la sera del 25 aprile per tornare in testa alla classifica; che la Lazio in pratica non giocò la partita della 36a giornata; e che a 35 minuti dal termine del campionato lo scudetto era cucito sul petto della Roma. Si preferisce - come è ovvio - esaltare l'espugnazione di Stamford Bridge, l'1-9-0 del Camp Nou, le prodezze leonardesche di Milito tra Roma, Siena e Madrid nel volgere di due settimane. Ma questo esercizio selettivo della memoria si rende complice del processo di sopravalutazione delle vittorie, acchiappate sul filo, del maggio 2010, e non riesce a spiegare - se non con la delusione stizzita e l'imputazione errata delle responsabilità - il declino repentino e strutturale della squadra nel volgere di una mezza stagione.

Bene inteso, non intendo sminuire il valore assoluto del Triplete, del quale gaudo come tutti color che han nel cuore i colori del cielo e della notte. Semplicemente, da storico e non da tifoso, cerco di comprendere le ragioni di quel che è accaduto dopo. E come sempre, negli svolgimenti umani e sociali - e lo mundo pedatorio non fa eccezione - il dopo si spiega anche alla luce del prima. Il Triplete costituì infatti una gloriosa eccezione, un unicum, rispetto a un declino, atletico e tattico, che quella squadra aveva imboccato sin dall'autunno del 2009. Il merito dello scarto e dell'impennata di Maggio va ai giocatori, in primo luogo, e al tecnico, che, se possiede una qualità, è certamente quella di saper motivare i suoi prodi e di saper estrarne le energie più riposte. L'esito fu fausto ma mascherò le fragilità dell'impresa. Tutto l'ambiente - da Moratti alla società, alla squadra, alla stampa beota e alla tifoseria - volle confondere uno stato di eccezione con un destino di grandezza. Basti ricordare come, alzando la coppa, Milito batté cassa in Mondovisione e come, dopo nemmeno un'ora, Mourinho salì sulla limousine del Real, conscio che il futuro di quella squadra (e quindi anche suo) era ormai alla spalle.

L'unico fuoriclasse nerazzurro dell'anno del Triplete:
Samuel Eto'o Fils
Andrebbe fatto anche un discorso di realismo. Se scorriamo il tabellino, dei titolari dell'impresa di Madrid solo uno può essere ascritto al rango dei fuoriclasse: Samuel Eto'o. Zanetti e Maicon sono stati certamente dei campioni. Gli altri, da Júlio César a Samuel, da Cambiasso a Sneijder o a Milito, sono solo dei grandi giocatori, come dimostra anche il loro esile palmarès nelle competizioni internazionali. Intendo dire: non sono certo al livello dei Casillas, dei Buffon, dei Giggs, degli Iniesta o dei Pirlo. Ma l'ubriacatura collettiva del momento li fece vedere più grandi di quel che erano e valevano. Soprattutto, fece credere che avrebbero potuto confermarsi a quei livelli. Pochissimi si resero conto che quei successi erano un'eccezione. Il primo a non valutare in modo adeguato la situazione fu Moratti che, eguagliata l'impresa del padre, subì un'evidente calo di tensione, aggravato dallo stato di vedovanza inconsolabile in cui lo precipitò l'addio di Mourinho. La sazietà contingente del trionfo si tradusse nella parola d'ordine che la "squadra che vince non si tocca". Ed è qui - a mio avviso - che si annida il vulnus del declino successivo, e attuale, della squadra.

Ho già argomentato degli errori continuativamente compiuti da allora sul mercato. E anche qui, bene inteso, non perché Moratti e Branca siano degli incompetenti: basterebbe ricordare la loro capacità di costruire la squadra vincente insieme a Mancini (e a Oriali) e i colpi azzeccati nell'estate del 2009. Più semplicemente, sopravvalutarono l'organico e sottovalutarono l'urgenza, innanzitutto anagrafica, di rinnovarlo. Al contrario di quanto hanno fatto e fanno tutte le squadre di vertice (da ultima, nel suo piccolo, l'invitta Juventus, che ha testé rafforzato la rosa con titolari come Asamoah, Giovinco e Isla). Qui sto parlando di conduzione tecnica, e il Direttore dell'Area Tecnica è stato in questi anni, ed è ancora, Marco Branca. Cui si dovette la capacità di puntare a un successore di Mourinho di alta qualità come Rafa Benítez. Ma a quella scelta (che gli consentì, peraltro, di fare fuori in società il nemico personale, Lele Oriali) Branca non fu in grado di far seguire un rinnovamento qualitativo dei ruoli. Il pasticcio, soprattutto, fu quello di chiamare in cucina uno chef di nome e poi di fornirgli delle materie prime di scarsa qualità.

Azor

20 settembre 2012

Real Madrid CF - Manchester City FC 3:2

18 settembre 2012, Estadio Santiago Bernabeu, Madrid
La partita di cartello della prima serata di CL della stagione ha offerto alcuni tra i più emozionanti 22 minuti finali di una partita europea di coppa, con il Real sotto a tre minuti dal termine e poi trionfatore grazie a una reazione agonistica e nervosa tipicamente "mourinhana" che è tutta nelle espressioni degli autori delle due reti finali, Marcelo e Cristiano Ronaldo
Tabellino | HL [5:21] | FM | Analisi tattica
Commento di Brian Glanville (World Soccer):
"And once again in Europe Mancini was guilty of a serious misjudgement in defence"

19 settembre 2012

Terra incognita

Passato il mezzo del cammin della sua vita, José Mário dos Santos Mourinho Félix si sta avviando in una Terra per lui (quasi) incognita: il terzo anno nella stessa società, la terza stagione con lo stesso gruppo di giocatori. L'unica volta che ha perlustrato tale "Zona" (un luogo, innanzitutto introspettivo [vedi]) fu al Chelsea nel 2006-2007 e i risultati furono deludenti rispetto alle glorie dell'annata precedente e alle attese di Roman Abramovic. Maceratosi nei dubbi per tutta l'estate, il magnate russo lo esonerò infine il 20 settembre 2007, dopo che lo Special One aveva fallito per il terzo anno consecutivo la conquista della Champions League e avviato la nuova stagione con risultati assai deludenti.

Béla Guttmann: a parte il look, uno dei totem di José Mourinho
Mourinho, come ha scritto Arrigo Sacchi, "non possiede uno stile di gioco unico e neppure un'identità definita, ma si adatta all'avversario come un guanto alla mano". E' semmai nella capacità di "tirar fuori le risorse umane più nascoste e dare certezze e convinzioni a tutti" che l'allenatore lusitano eccelle come pochi altri nella storia del calcio. Come ha osservato finemente il maggiore dei suoi biografi, Sandro Modeo, è infatti Béla Guttmann - un anarchico individualista, ebreo errante, allenatore di straordinarie qualità psicologiche, di grandi vittorie e molti buchi neri - "uno dei modelli condizionanti" (insieme ad Harry Houdini e Artur Jorge) di José Mourinho [S. Modeo, L'alieno Mourinho, p. 29 (e p. 9 per la citazione da Sacchi)].

"Il terzo anno è fatale", ammonì Guttmann, che cercò quasi sempre di evitare di ritrovarsi a fare i conti con il calo della soglia motivazionale dei giocatori, della loro capacità di concentrarsi ulteriormente su obiettivi vincenti (la famosa "fame" nella vulgata mediatica, variante del più compassato "imborghesimento"), della sicurezza nella leadership dell'allenatore. Tanto più ciò vale per gli allenatori che puntano, prima che sul gioco, sul lavoro sul sistema nervoso dei giocatori.

Come tutti, Mourinho ha costruito la propria carriera sulle occasioni e dunque non è per progetto personale, ma per le offerte ricevute in virtù dei risultati conseguiti, che è rimasto solo due anni al Porto e all'Inter, dove ha finora conquistato i suoi maggiori successi internazionali. A Londra e a Madrid ha prolungato invece la sua esperienza. Col Chelsea consumò intensamente il proprio rapporto con l'ambiente e con i giocatori tra il primo e il secondo anno per poi andare incontro a una stagione fallimentare. Col Real, dove nella seconda stagione ha probabilmente intaccato le estreme riserve di energie nervose dei giocatori per riuscire a spezzare l'egemonia culturale del Barcellona di Guardiola, ha appena avviato la terza annata con i peggiori risultati in carriera: 3 sconfitte, 1 pareggio e 3 sole vittorie (due delle quali, col Barça in Supercopa e col City in Champions, là dove la posta in palio ha fatto necessariamente alzare la soglia nervosa). Quando, dopo la sconfitta col Siviglia, Mourinho ha dichiarato "non ho una squadra", "in pochi si impegnano, tanti hanno la testa altrove", "manca spirito di sacrificio, non c'è voglia di lottare", ha detto la verità.

L'allenatore neuronale
Una conferma indiretta della crisi del terzo anno delle squadre allenate da Mourinho viene dal logoramento e dal senso di svuotamento che anche i giocatori del Porto e dell'Inter hanno patito nella stagione successiva al suo abbandono. In Italia il fallimento della stagione nerazzurra 2010-2011 (errori di mercato, due allenatori, precoce eliminazione in Champions League e fine della striscia di scudetti vincenti) è stato prevalentemente imputato alla sua fuga a Madrid, ma probabilmente anche con lui al timone la squadra avrebbe conosciuto una flessione profonda.

La quaestio è dunque molto semplice nella formulazione: se sia fondata o meno l'ipotesi che vede nell'intensità del rapporto "neuronale" che Mourinho instaura con i suoi giocatori il nucleo ultimo di valore ma anche il limite strutturale della sua grandezza di allenatore. La capacità di empatia sembrerebbe risolvere la sua condizione di efficacia nello spazio di 24 mesi. Superati i quali la sua maîtrise professionale parrebbe rientrare nell'ordinarietà del mestiere, accentuata dall'assenza di un'idea originale di gioco. La stagione che è appena cominciata secondo queste declinazioni darà molte risposte. Peraltro mai definitive nel "mistero senza fine (e bello)" che è la nostra amata pedata.

Azor

16 settembre 2012

Il pronosticabile inabissamento dell'AC Milan

Un breve commento merita il (pronosticato) rapido inabissamento del Milan all'apertura del campionato. Tre punti in tre partite; tre partite (due interne, perse) teoricamente non problematiche. E' un trend che potrebbe invertirsi; ma difficilmente la squadra sarà in grado di decollare. Più probabile prosegua, altalenante, traiettorie di profondità.

Max Allegri
alla fine di Milan - Atalanta
E' palesemente una squadra male assemblata (a centrocampo, doppioni di doppioni) e guidata ancora peggio. Allegri stesso non nasconde una certa sfiducia nei suoi, il che è grave sintomo di inadeguatezza: a Cagliari non aveva questo atteggiamento, ma certo non era abituato a vincere campionati. Chiaramente, non ha più nulla da offrire - sul piano 'didattico', sul piano progettuale, su quello delle motivazioni - a Milanello. Forse finalmente consapevole dei propri limiti, incapace di variare l'assetto tattico sul campo, a corto di idee, intristisce. E la squadra con lui.

Sulla mediocrità dell'allenatore ho già espresso da anni il mio parere; inutile insistere. Dopo aver liquidato i grandi vecchi, si trova fra le mani una rosa equilibrata solo sul piano anagrafico: 11 pedatori sotto i 25 anni (compresi), 17 entro i 30 (compresi), solo 4 ultratrentenni. Nella prima fascia (dei più giovani) sono però solamente 5 i potenziali titolari: De Sciglio, Pato, Acerbi, El Shaarawy, Bojan; si riducono a due, massimo tre, perché i tre attaccanti difficilmente potranno convivere anche in brevi spezzoni di partita. De Sciglio, poi, ha in Abate un concorrente dall'autorevole pedegree, sistematicamente nel giro della nazionale. Rimane, in pratica, solo Acerbi: a lui l'onere di rimpiazzare - assistito da Bonera, Mexes e Yepes - i grandi totem, Thiago e Nesta.

Il leader dell'AC Milan - stagione 2012-13 
Il gruppone di mezzo costituisce anche l'ossatura della squadra: spicca la frequenza di mediani e incursori (o pseudo-incursori) - Muntari, Nocerino, Traoré, Flamini, Constant, De Jong - o pedatori la cui 'specialità' è indefinita o tuttora inespressa (Emanuelson e Montolivo). Nessun facitore di gioco, nessun (d'altra parte inutile nella scacchiera disegnata da Allegri) esterno se si esclude Mesbah, nessuno identificabile come possibile 'leader'; soprattutto, nessuno che dia l'impressione d'essere alle soglie di un salto di qualità tale da essere considerato (almeno potenzialmente) un 'grande' giocatore. Spicca, in questa fascia, Boateng; il quale rischia, per eccessiva e prematura responsabilizzazione, il naufragio in un ruolo che ha bene interpretato nei sue primi due anni al Milan grazie alla presenza di un riferimento (e generatore di spazi) come Ibrahimovic. Giocare con lo zingaro o con Pazzini non sarebbe la stessa cosa nemmeno per Pelé. Anche perché Ibra è capace di giocare per gli altri (quando prende qualcuno in simpatia), Pazzini è come Inzaghi ma con un senso del gol e una cattiveria agonistica e una passione calcistica nemmeno lontanamente paragonabili. Non sa giocare per la squadra, e dev'essere la squadra (o il reparto offensivo della squadra) a lavorare per lui; altrimenti è pura zavorra.
Complessivamente, la qualità tecnica della squadra pare molto modesta; e quella poca che c'è, nei piedi sbagliati (Robinho, su tutti; ma anche Emanuelson, El Shaarawy, Pato), in ruoli inessenziali o imperscutabili, in pedatori fisicamente inaffidabili, discontinui, destinati ad entrare e ad uscire senza acquisire una posizione stabile in campo (il discorso vale soprattutto per Pato e per il Faraone, ma anche per Bojan).

Tutta la tristezza dell'AC Milan nell'espressione
di Adriano Galliani
Questi sono gli uomini che la società ha messo a disposizione, dopo una riduzione epocale del monte-ingaggi, fissando un budget per il mercato ridotto all'osso e male impiegato. L'impressione è di una società 'stanca', costretta a subire le necessità della squadra, i cicli anagrafici dei giocatori, senza tramutare il bisogno in programmazione, in slancio progettuale e ambizioso. In questo atteggiamento inedito è la soluzione di continuità. Pesa, sul Milan, la gloria recente; l'impossibilità di restare ai vertici ha prodotto abulìa, impoverimento. Apatia che si riflette anche nell'atteggiamento del pubblico, sempre più distante, sempre meno numeroso al Meazza. La depressione ambientale, ben percepita dalla squadra, non può che produrre ulteriori avvitamenti. Nella stagione 2012-2013, giostra nella Serie A un Milan destinato ad intristire nella propria pochezza, galleggiando in un presente mediocre appesantito dall'incapacità di immaginarne il futuro. Non credo di essere troppo lontano dalla verità affermando che si tratta del Milan più inespressivo e inconsistente nella storia più che secolare del club.

Mans

12 settembre 2012

Problemi ed errori della Beneamata - Il mercato

Da tempo avevo in animo di fare qualche riflessione sulle vicende recenti della Beneamata, e ho atteso la conclusione dell'ennesima tornata del "mercato" per provare a individuare qualche linea interpretativa di quel che è successo dal maggio 2010. Comincerò, qui, dall'analisi del mercato. Poi dedicherò un altro messaggio all'analisi della conduzione tecnica. E infine proverò a fare una ricostruzione più ampia della storia recente e delle prospettive.

Dico subito che ritengo la gestione del post "Triplete" il peccato originario del declino successivo. Riflettiamo su un dato: l'Inter batté in finale di Champions il Bayern; nell'edizione successiva fu eliminata ai quarti dallo Schalke con due secche sconfitte; e nel 2012 è stata fatta fuori dal Marsiglia agli ottavi. Una traiettoria in discesa. Il Bayern, invece, è stato eliminato agli ottavi nel 2011 proprio dall'Inter (in una rocambolesca partita risolta dai guizzi individuali di  Etoo e Pandev, poi dati via ...), ma nella scorsa edizione si è nuovamente giocata la finale: non un declino, dunque, ma una riconferma ai vertici dopo due anni. Destini incrociati, sui quali occorre interrogarsi. Forse basta partire dalle formazioni messe in campo dal Bayern. Nel 2010 a Madrid: Butt, Van Buyten, Demichelis, Badstuber, Lahm, van Bommel, Schweinsteiger, Altintop, Robben, Olic, Müller (subentrati Klose e Gómez). Nel 2012 a Monaco: Neuer, Lahm, Boateng, Tymoshchuk, Contento, Schweinsteiger, Kroos, Robben, Ribéry, Müller, Gómez (subentrati Van Buyten e Olic). Dei titolari del 2010 ben cinque sono stati ceduti in due anni, e alcuni giovani promossi titolari. Osserviamo ora le formazioni dell'Inter. Nella finale 2010: Júlio César, Lúcio, Samuel, Maicon, Chivu, Cambiasso, Zanetti, Sneijder, Pandev, Eto'o, Milito (subentrati Stankovic, Muntari e - alla memoria - Materazzi). Nella seconda partita contro il Marsiglia nel 2012: Júlio César, Lúcio, Zanetti, Maicon, Samuel, Nagatomo, Sneijder, Stankovic, Poli, Forlán, Milito (subentrati Obi, Cambiasso e Pazzini). Dei titolari del Triplete mancavano solo Etoo e Pandev: gli altri, invece, c'erano ancora tutti, ma con due anni di anzianità in più. E' palese che non c'è stato rinnovamento, nei tempi e nei modi adeguati.

Dejan Stanković ed Esteban Matías Cambiasso Deleau.
Simboli di un passato glorioso e di un presente senza futuro
Probabilmente basterebbe fermarsi qui per capire perché l'Inter si è inabissata mentre il Bayern è sempre ai vertici, come conferma la grande partenza in campionato di quest'anno e la Supercoppa di Germania già portata in bacheca. Ma andiamo avanti. Lo svecchiamento della rosa dell'Inter è ancora molto parziale, nonostante quello che strombazzano i media. Basti osservare come attualmente la media d'età della rosa sia ancora l'ottava del campionato, dunque non tra le più giovani. Sono ancora sotto contratto, dei reduci dal Triplete, il 39enne Zanetti (scadenza nel 2013), il 34enne Samuel (2013, con opzione per un altro anno!), i 33enni Milito (2014) e Stankovic (2014), il 32enne Cambiasso (2014), il 31enne Chivu (2015) e il 28enne Sneijder (2015). Cui si devono aggiungere il 37enne Castellazzi e i 30enni Cassano e Palacio, sopraggiunti nel frattempo. La Roma che ha schiantato l'Inter a San Siro qualche sera fa ha una media d'età di 25,5 contro i 26,8 della Beneamata: questo spiega anche la differenza di corsa e di ritmo che si sono viste in campo.

Consideriamo ora le cinque sessioni di mercato dall'estate post Triplete [fonte]. In quella prima tornata furono venduti Balotelli (per 29,5 milioni), Quaresma (7,3), Khrin (2,7), i già prestati Burdisso (8) e Jimenez (3,7) e i giovani Filkor (1), Daminuta (1), Siligardi (0,8). A "rafforzare" lo squadrone arrivarono Biabiany (4,2), Coutinho (3,8), Castellazzi (0), e il giovane Livaja (0,18). La rosa collassò tra novembre e dicembre e la società fu costretta a mettere una toppa nella sessione di mercato di gennaio, acquistando Pazzini (18,5), Ranocchia (18,5), Nagatomo (2+4,5 l'anno dopo) e Kharja (0); e mandando via Biabiany (7, dunque con plusvalenza) e Mancini, e in prestito Santon e Muntari. Degli acquisti di quell'annata sono stati poi rivenduti Pazzini e Kharja. Al momento, solo Nagatomo e Ranocchia sono dei "quasi titolari"; Castellazzi ha giocato molto per gli acciacchi altrui, e Coutinho nemmeno adesso può dirsi un titolare.

Passiamo al 2011-2012. In estate furono ceduti Etoo (27) e Santon (5,65) e dati in prestito Pandev (1,5) e Mariga (1,5). A "rafforzare" la squadra arrivarono: Alvarez (11,9), Forlan (5), Jonathan (5), Viviano (4,1), Castaignos (1,5), più, in prestito, Zarate (2,7) e Poli (1). Il crollo verticale della squadra obbligò a un'ennesima campagna invernale di riparazione, con gli acquisti di Juan (3,8), e i prestiti di Palombo (1) e dell'acciaccato Guarin (1,5). In quella sessione furono ceduti Motta (11,5) e Viviano (8,5), e dati in prestito Coutinho, Jonathan, Mariga e Muntari. Degli acquisti dell'anno scorso sono stati poi ceduti Forlan e Castaignos, e non rinnovati i prestiti di Zarate, Poli e Palombo. Ma nessuno degli acquisti dello scorso anno, a parte Guarin, è un titolare.

Se osserviamo bene, dunque, in quattro sessioni di mercato i dirigenti sono riusciti ad assicurarsi solo un giocatore poi titolare (Guarin), due "quasi" (Ranocchia e Nagatomo), un sostituto (Castellazzi) e un giovane che non è ancora riuscito a imporsi (Coutinho). Un fallimento.

Le punte della Nazionale Mattia Destro e Mario Balotelli.
Simboli di un futuro non più nerazurro
E veniamo al mercato appena concluso. Sono arrivati Palacio (10,5), Pereira (10,5), Handanovic (6), Cassano (5); è stato completato l'acquisto di Guarin (con altri 11 milioni); e sono arrivati in prestito Silvestre (2), Gargano (1,25) e Mudingayi (0,75). Sono stati ceduti: Pazzini (12,5), Pandev definitivamente (7,5), Castaignos (6), Maicon (6), Faraoni (3); svincolati a tasso zero Muntari, Lucio, Forlan, Julio Cesar; non rinnovati i prestiti di Poli, Zarate, Palombo; e dati in prestito i giovani Bardi, Benedetti, Cristeig, Longo e Donati. La società comunica di essersi alleggerita di 40 milioni lordi di stipendi (che rimangono comunque 100 lordi, terzi solo a Milan e Juventus, rispettivamente assisi a 120 e 115), che compensano in parte il deficit di 11,5 milioni alla fine dei trasferimenti, e che vanno giustamente incontro al Fair Play finanziario voluto da Platini. Dalle prime uscite pare di capire che sarà titolare certo solo Handanovic. Buone chances avranno (forse) Palacio, Pereira e Gargano. Mentre faranno molta panchina Silvestre, Cassano e Mudingayi. Nemmeno questa sessione, cioè, promette bene a medio e lungo termine, tanto è vero che abbiamo già rivisto in campo quasi stabilmente - lasciando stare l'"anomalia" di Zanetti - i "tripletisti" Milito, Sneijder, Cambiasso e Samuel, tra un acciacco e l'altro, e siamo in gioiosa attesa di rivedere titolari anche Stankovic e Chivu.

E' ovvio che nel mercato si sbagli sempre qualcosa, ma una squadra si mantiene ai suoi livelli - nel nostro caso a quelli del Triplete o del Bayern - se ad ogni sessione di mercato si acquistano almeno uno o due titolari, non dei rincalzi. E' su questo punto che i dirigenti della società hanno gravemente mancato. In cinque sessioni, dall'estate 2010, i titolari certi portati in formazione sono solo due: Handanovic e Guarin. Altri giocatori sono solo dei "quasi" titolari (Ranocchia, Nagatomo, Pereira, Gargano e Palacio), dei quali possiamo solo sperare che almeno uno o due si affermino definitivamente. In più abbiamo gli spiccioli di classe di Cassano. Senza che - si noti - si sia affermato come titolare un giovane del vivaio: non ho citato finora le cessioni dei giovani Bonucci e Destro che, con Balotelli, sono forse gli errori di prospettiva maggiori della società in questi ultimi due anni (senza dimenticare la vicenda Santon).

In sostanza, già tra l'estate 2010 e l'inverno 2011 andavano acquistati perlomeno tre giocatori con qualità di titolari. Invece non arrivò nessuno adeguato al ruolo e, per di più, fu venduto Balotelli (per fare cassa, si disse, ma anche per il giudizio sciagurato di Mourinho, che continuò a fare Vangelo). Solo nel corso del 2012 sono arrivati finalmente due titolari certi: Handanovic e Guarin. Per concludere provvisoriamente: la gestione fallimentare del mercato spiega già molto, di per sé, del perché la squadra del Triplete ha vissuto un declino costante, invecchiando nel suo logoramento, senza la capacità di rigenerarla mantenendola ai suoi livelli.

Azor

3 settembre 2012

El verdadero nueve

Era da molto tempo che non si vedeva sul campo una prestazione memorabile come quella di Radamel Falcao García Zárate nei primi 45 minuti della finale di Supercoppa europea: traversa di destro al 4°, gol di sinistro in pallonetto al 6°, raddoppio appena dentro l'area di sinistro di precisione nell'angolino opposto al 19°, palo di testa al 29°, e terzo gol di sinistro incrociato con palla in mezzo alle gambe di Cech al 45°. Performance ciclopica che ha annichilito in un amen il Chelsea delle belle figurine e degli acquisti paperonici.

Lo scatto è una delle caratteristiche di Radamel Falcao,
che qui brucia Ramires nell'azione del terzo gol
Mentre il calcio di avanguardia comincia a rinunciare al centravanti "classico" in favore della rotazione di attaccanti dotati di tecnica e palleggio (con Barça e nazionale spagnola a dettare la linea), queste annate roboanti di Falcao - capace di risolvere da solo già tre finali europee tra i 24 e i 26 anni - confermano la tradizione e la pluralità dei percorsi dell'evoluzione tattica. Per fortuna.

Attenzione, però: Falcao non è un centravanti vecchia maniera, cioè posizionale: al contrario, fa del movimento continuo la caratteristica che ne arricchisce il senso del gol e l'implacabilità realizzativa (già 37 eurogol in appena tre stagioni). Ne avevo già scritto nel maggio scorso [vedi] dopo la finale di Europa League quando aveva schiantato con due perle l'Athletic di Bielsa. Mi fa piacere constatarne continuità e progressione di carriera. Scontato dire che è attualmente il migliore al mondo nel ruolo di bomber.

Sarà uno spettacolo seguirlo in Europa League anche quest'anno, dove l'Atletico del Cholo Simeone si ripresenta vento in poppa, favoritissimo. Auguriamoci anche che Radamel riesca ad aiutare la sua Colombia a qualificarsi per i mondiali del 2014 perché meriterebbe palcoscenici ancora più blasonati. Ha un contratto con l'Atletico fino al 2016, con un una clausola di rescissione fissata a 75 miloni. Se pensiamo che il PSG ne ha appena spesi 43 per la stellina Lucas, e che la neo clausola di Cavani è stata fissata a 60, la quotazione appare sensata. L'Anzhi ne ha offerti 68 la scorsa settimana, ma sia l'Atletico sia il giocatore hanno declinato: giocare a Machačkala in Daghestan significa scomparire dai radar. Vero Etoo?

31 agosto 2012, Stade Louis II, Principato di Monaco
Chelsea FC - C Atlético de Madrid 1:4
Finale della Supercoppa UEFA
Tabellino | HL [6:05] | Sintesi [27:35] | FM | Racconto fotografico

1 settembre 2012

Il pallottoliere 2012-2013: agosto

Il calcio come specchio della società

Le vicende del mese d'agosto 2012 sono raccontate nelle nostre Storie.

Totalizzatore (luglio-agosto 2012)

Morti in scontri tra ultras: 2
Ultras feriti: 25 (di cui 4 in Italia)
Agenti delle forze dell'ordine feriti da ultras: 5 (4)
Steward feriti da atti di hoologanismo: 1 (1)
Feriti (terzi) da atti di hooliganismo: 1
Giocatori o allenatori aggrediti e feriti da terzi: 1
Aggressioni di giocatori e dirigenti da parte di ultras: 3 (1)
Violenze di hooligans verso terzi: 2 (1)
Giocatori condannati per omicidio colposo: 1
Giocatori denunciati per violenze o abusi sessuali: 2
Giocatori condannati per violenze o abusi sessuali: 1
Giocatori condannati per traffico internazionale di droga: 1
Giocatori coinvolti in inchieste giudiziarie relative a parenti: 1
Resistenza a pubblico ufficiale da parte di giocatori: 1 (1)
Giocatori ubriachi alla guida di automobili: 2 (1)
Multe a giocatori (sobri) per guida pericolosa: 2
Scontri tra ultras fuori dagli stadi: 5 (2)
Scontri tra ultras all'interno degli stadi: 7 (1)
Scontri tra ultras e forze dell'ordine: 1 (1)
Offese verbali di ultras a ufficiali pubblici: 1 (1)
Ultras fermati o arrestati: 85 (35)
Ultras giudicati da tribunali penali e prosciolti: 28 (28)
Ultras condannati da tribunali penali e pene sospese: 3 (3)
Ultras condannati da tribunali penali con pena eseguita: 0
Aggressioni agli arbitri da parte di giocatori durante le partite: 4
Aggressioni agli arbitri da parte di allenatori durante le partite: 1
Partite sospese per aggressione agli arbitri da parte di giocatori: 1
Mega squalifiche a giocatori per "grave condotta antisportiva": 3
Aggressioni e risse tra giocatori durante gli allenamenti: 3 (2)
Partite sospese per violenze tra ultras: 1
Squalifiche a club per violenze ultras ("responsabilità oggettiva"): 5 (1)
Squalifiche di giocatori per doping: 2
Squalifiche di medici per doping a giocatori: 2
Amnistie (disdicevoli) da parte dell'UEFA: 1
Amnistie (disdicevoli) da parte di altre federazioni: 1
Corruzione di dirigenti calcistici: 1
Squalifiche di giocatori o dirigenti per partite truccate: 1
Biscotti: 1
Evasione fiscale da parte di club: 1
Episodi di razzismo tra calciatori: 3
Episodi di razzismo contro calciatori da parte di ultras: 1
Giocatori sull'orlo del fallimento (economico): 1
Dichiarazioni esilaranti: 3 (1)
Terremoti provocati da tifosi: 1
Giocatori ubriachi (paparazzati): 1
Caso Berbatov: 1
Bestiario italico:
- presidenti mitomani: 1
- dichiarazioni pittoresche da parte di presidenti e dirigenti di club: 3
- dichiarazioni evitabili da parte di allenatori incacchiati: 1


NOTA BENE: I dati relativi all'Italia sono sovrastimati rispetto a quelli relativi agli altri paesi per la minore risonanza mediatica di questi sulla stampa italiana.