Una cosa è certa: mai un derby milanese di Serie A si è giocato così presto. Due soli precedenti, ma sono tardo-settembrini, uno recente (quello risolto dall'inusuale zuccata di Ronaldinho nel 2008) e uno lontano (risolto - nel senso di messo in definitiva parità - da Peppino Meazza: era il 29 settembre 1935). In effetti, il più delle volte, il derby d'andata è stato messo in calendario tra fine ottobre e novembre, tra la sesta e la decima giornata (a occhio). In pieno autunno. Quando la classifica è, se non definita, perlomeno abbozzata. E le squadre assestate. E i rapporti di forza tra le due rivali misurabili.
L'aria del derby si respirava bene, nei pomeriggi dell'infinita vigilia. I bambini andavano al parco con la maglia della propria squadra sopra il maglione, e le partitelle erano più accese e più lunghe del solito. Si scivolava, sui tappeti di foglie già cadute, che talora coprivano strati di fango. Si dormiva poco, il sabato notte. La domenica mattina trascorreva studiando e ristudiando l'album Panini dell'anno precedente (quello nuovo non era ancora uscito). L'emozione era forte, nessuna partita poteva avere più fascino del derby. Nessuna era più temuta. Si accendeva la radio, e si aspettava tremando il collegamento con Enrico Ameri, che avrebbe detto quanti gol le due squadre avevano segnato nel primo tempo. E poi si aspettava (e si temeva) il ritorno della sua voce, che poteva interrompere in qualsiasi momento i radiocronisti al lavoro su altri campi: a malapena distinguibile nel boato dello stadio, Ameri avrebbe detto come il punteggio sarebbe cambiato. E in ogni caso, si attendeva - e si temeva - il lunedì, quando a scuola sarebbe comunque andata in scena l'inevitabile resa dei conti tra compagni di fedi opposte.
Bei ricordi, e certo a ogni anno che passa il clima sembra sempre più lontano da quello. Quest'anno ancora più del solito. Non solo perché, tecnicamente, siamo ancora in estate. Non solo perché i due club non vivono la fase più gloriosa della loro storia. Non solo perché si gioca in notturna, in 'posticipo', come pretendono i lauti contratti con i magnati delle tivù a pagamento. Non solo perché il vero derby in questo week-end va in scena a New York, tra due vecchie ragazze pugliesi che probabilmente saprebbero giocare a pallone meglio dei tanti brocchi che inquinano il roster delle nostre amate cugine. Si potrebbe continuare nel catalogo delle differenze. C'è un soprattutto, però: soprattutto perché è un derby insignificante. Non conta nulla per la classifica (mancheranno 35 partite, con 105 punti in palio), non conta nulla per il prestigio (c'è un'inflazione di derbies, è il terzo in un mese e poco più). Non ci si aspetta un bel gioco. Anzi, tutti si attendono una brutta partita - e così probabilmente sarà. Perché? Perché sono assai probabilmente due pessime squadre. Una, anzi - il Milan - lo è certamente, le sue lacune strutturali sono ben chiare a tutti ma non in società; l'altra - l'Internazionale - non si sa cosa sia, per ora è un progetto di squadra scritto sulla carta da Mancini, che ha finalmente completato il suo album. Dunque vedremo un derby tra le 'figurine Mancini' e un'armata Brancaleone guidata da una bandiera dell'Inter - un serbo che, qualche tempo fa, disse "non allenerò mai il Milan: piuttosto, la fame". Detto fatto. L'unico slavo del Milan è dunque una bandiera dell'Inter, e tra le figurine dell'Inter gli slavi sono in maggioranza. Una collezione di figurine assemblata senza dimenticare nessuno dei paesi che componevano la Jugoslavia. Qualche anno fa sarebbe stato un azzardo impensabile. Chissà ora, se e quanto e come riusciranno ad andare d'accordo, a giocare insieme e di squadra. Certo, sono tutti bravi, sulla carta. Tutti tecnicamente dotati. Qualcuno dotatissimo. Ma il campo spesso dice altre cose.
Sulla carta l'armata Brancaleone di Sinisa è - a detta di tutti - sfavorita. Il luogo comune vuole che il derby sia appannaggio della sfavorita. Sarebbe bello controllare quante volte ciò è realmente accaduto. Pochissime, probabilmente. Ma è uno 'sfavore' teorico - sulla carta, appunto. A occhio, quello dell'Inter è un XI talmente embrionale da risultare facilmente vulnerabile. Quello del Milan talmente stolto da poter risultare persino imprevedibile. Sarà quindi una partita 'ignorante', vincerà la squadra meno debole e ci saranno tanti gol. Anzi, credo che nessuna delle due sarà in grado di sfruttare sino in fondo le debolezze dell'altra, e dunque finirà con un pareggio. Ma con tanti gol. Due a due. Anzi, esageriamo. Tre a tre, con pareggio di Balotelli su punizione al 93°. Così, giusto per dare ai media l'opportunità di parlare di Mario per motivi più attinenti alla sua (teorica) professione ...
Mans