6 marzo 2014

L'imbarazzante divario

5 marzo 2014, Estadio Vicente Calderón, Madrid
Pedro ha appena segnato l'unico gol della serata.
Tutti gli azzurri lo ignorano:  disinteressati o depressi?
Pur senza posta in palio, e stretta fra gli impegni agonistici dei club nella fase quasi decisiva della stagione, Spagna-Italia si è giocata - nello stadio dell'Atletico, a Madrid -, ed è una sfida che merita sempre di essere commentata. D'altra parte, i risultati dicono che si tratta, al momento, delle due nazioni dominanti nel calcio continentale: Spagna-Italia fu la finale di Euro 2012, e Spagna-Italia è stata la finale dell'europeo under 21 nel 2013. Un complessivo otto a due dà la misura della distanza che c'era tra noi e loro, e che assolutamente non c'è tra noi e chi, a quelle due finali, non è arrivato. Ieri sera la nazionale italiana è stata sconfitta ancora una volta: di misura se si bada al tabellino, nettamente se si bada al gioco. Nettamente: cioè chiaramente, inequivocabilmente, e aggiungerei inevitabilmente.

Inevitabile, la sconfitta era temuta da Prandelli alla vigilia - probabile temesse uno score più evidente -, ma solo a match concluso si è capito quale fosse la sua principale preoccupazione. Nei due giorni in cui è potuto stare insieme ai giocatori, nelle due sedute di allenamento che ha potuto dirigere, Cesare ha registrato un palese deficit di condizione. La differente brillantezza atletica tra i nostri e gli spagnoli è risultata - ha detto davanti alle telecamere - "imbarazzante". I giornalisti della RAI, rinunciando a fare il proprio mestiere, hanno dissimulato il proprio stupore e non gli hanno domandato quali fossero i motivi di questo inatteso handicap. Sì: inatteso, perché le stagioni sono allineate e il numero di partite giocate dai nostri e dai loro è su per giù lo stesso.

Quel che forse Cesare non avrebbe detto, ciò che forse nessuno voleva ascoltare, è probabilmente questo: il campionato italiano si gioca a ritmi tali (cioè così bassi) che i giocatori (sottinteso: i giocatori migliori) non riescono a raggiungere una 'forma' e una capacità di corsa (intesa come velocità e resistenza) tali da metterli in grado di competere atleticamente con i colleghi dei campionati continentali più importanti. Non è colpa delle tabelle e delle modalità di training messe a punto da allenatori e preparatori dei club (anche pensandolo, converrebbe non dirlo: inizierebbe una guerra di cui non si avverte alcun bisogno); è 'colpa' della mediocrità del nostro movimento. La Juventus domina la Serie A da tre anni, ma fatica a dare un uguale senso di superiorità quando ha di fronte XI non certo di élite, come il Copenaghen e - in certa misura - il Galatasaray. Quindi, se è così, Prandelli vorrebbe dirci e farci sapere che, finora, lui ha fatto miracoli, ma non è detto che continuerà a farli.

Gabriel Paletta: per il Brasile, la sua valigia è già pronta
Giocando contro la Spagna, un certo divario tecnico va messo nel conto in partenza, e non sorprende
nessuno. Al Calderon, l'Italia ha contenuto a fatica, ha sprecato energie in un pressing mai davvero aggressivo, ha lavorato malissimo tre palloni su quattro in fase di costruzione. Ha tenuto al centro della difesa grazie alla presenza di un oriundo concentratissimo e voglioso, Gabriel Paletta, che - se ieri sera ha esibito le sue capacità 'normali' - dalla formazione di partenza non dovrebbe uscire mai più. Grazie alle sue chiusure, frutto di tempismo e senso della posizione, il temuto Diego Costa non ha visto palla o quasi, e non ha comunque mai concluso con pericolosità. Prandelli ha trovato l'uomo che gli consentirebbe di tenere Bonucci in panchina o (come sarebbe auspicabile, non fosse per l'assoluta penuria di gente affidabile in quel ruolo) addirittura a casa. E' questa l'unica notizia positiva di una serata altrimenti nerissima, che alimenta ben poche speranze e nessun entusiasmo. Senza la regia di Andrea Pirlo, il nostro gioco si arena immediatamente, vive di sprazzi individuali, di improvvisazione: ma non c'è nei singoli la qualità che un tempo consentiva di subire e contrattacare velenosamente. Cesare, poi, dev'essere ancora in alto mare per quel che riguarda la scelta dei due esterni d'attacco, che lui vorrebbe disposti al sacrificio della difesa oltre che alle scorribande offensive. Cerci è potenzialmente devastante in contropiede, ma non può sfiancarsi su tutta la fascia; Candreva sta tornando ai livelli di mediocrità che ben si conoscevano prima della Confederations Cup. Non è facile individuare alternative migliori. Tra i difensori esterni, l'unico che sembra di possibile levatura internazionale è De Sciglio; il che significa che abbiamo almeno due 'maglie' scoperte o quasi, cui vanno aggiunte l'imprevedibilità (nel bene e nel male) del centravanti (ormai pare chiaro che sarà Balotelli, con Osvaldo primo rimpiazzo), l'incompiutezza (ormai definitiva) di Montolivo e quella (involutiva) di Marchisio, e la lentezza complessiva dei centrocampisti. Un quadro forse non desolante, ma molto - molto - preoccupante.

Turbamenti
Prandelli dovrà avere la fortuna di indovinare la rosa - cioè di non portare in Brasile gente alla canna del gas; dovrà azzeccare la preparazione, tenendo conto dei climi e degli avversari che troveremo (già alla prima partita ...) da quelle parti; dovrà (e dovremo con lui) sperare che (come spesso è accaduto) vi sia la fioritura estemporanea e irresistibile di un Paolo Rossi o di un Salvatore Schillaci; dovrà probabilmente accantonare - in nome del risultato - le linee-guida del suo progetto originario, basato su gioco, palleggio, padronanza della partita. L'impressione è che la 'sua' nazionale abbia dato il meglio due anni fa, raggiungendo una più che insperata finale, e che da allora (nonostante la facile qualificazione al mondiale) non vi siano più stati progressi. Né, d'altra parte, i giovani migliori sembrano già (ammesso siano destinati a diventarlo) della caratura necessaria per incantare gli scettici e sorprendere gli avversari. Insomma, possiamo soprattutto confidare nella tradizione: in fondo, non 'toppiamo' due mondiali di seguito dalla lontanissima Coppa Rimet del 1966. Con una (forse solo apparente) aggravante: oggi, a differenza di allora, i nostri club non dominano la scena europea ...

Mans