Mischiate il rosso del Liverpool con il blu dell’Everton e otterrete il colore della Mersey. La FA Cup ci regala un derby nell’epifania di Anfield Road tutto da gustarsi. Ma bontà sua il derby di Liverpool divide senza dividere. A proposito di tifosi: “No way, man, I' m a bluenote”. In una intervista radiofonica concessa a RadioMerseyside Paul McCartney smontava le illusioni di quanti lo immaginavano sostenitore del Liverpool, forse dimenticando qualcosa della propria biografia, o forse cercando nuovi consensi, ammise: “È vero che simpatizzo per l'Everton ma dato che a me della rivalità o delle questioni politiche non me ne importa un fico secco se il Liverpool va in finale di Champions io tifo per la squadra della mia città”. I suoi amici di sempre, quelli d' infanzia, gliela giurarono. Uno, noto come Dickie the Dick, minacciò di riportarlo per le strade di Allerton con un barile di birra da svuotare come penitenza. Sessanta anni fa i Beatles pare si spartissero le simpatie: Paul e George Everton mentre John e Ringo (cui andrebbe aggiunto anche Pete Best ossia il batterista più sfigato della storia) Liverpool. Ci sono anche altre versioni e il dibattito resta aperto. In ogni caso di certo c'è che nessuno dei quattro amasse particolarmente il football (John tirava qualche calcetto, Paul mai, Ringo preferiva il rugby e da ragazzino George era un folle collezionista di modellini d’auto Stirling Moss). E poi insomma la Kop che intona "You' ll never walk alone" era impressa su “Meddle” dei Pink Floyd, e mica va bene... A scanso di equivoci Brian Epstein (il manager) li obbligò a non pronunciarsi mai in pubblico sulle loro simpatie sportive per evitare di confondere i fans.
Ma a Liverpool come detto esiste sì la rivalità ma non l’avversione. Che si ami il Liverpool oppure l’Everton è importante, anzi fondamentale, essere uno Scouser, l’appellativo con cui viene definito l’accento a tratti incomprensibile degli abitanti della città. Il termine deriva da uno stufato di carne di origine scandinava (il lapskaus) che i marinai e i cittadini più poveri erano soliti mangiare in quanto nutriente ed economico. Nel 1989 dentro un Wembley costipato di pubblico e commozione si giocò una finale di Coppa a un mese dai fatti di Hillsborough e tutti cantarono Abide With Me abbracciati come fossero (e lo sono) un'unica famiglia, solo con gusti diversi, raggiungendo uno dei punti più alti dell’emotività legata al calcio inglese. Poi certo, ci fu una partita, surreale, pirotecnica, risolta dal solito famelico Ian Rush e la sera stessa qualcuno scrisse su un muro di Liverpool: “Dio salva, ma Rush ribatte in rete”.
Eppure gli “evertonians” affermano con una certa sicurezza che la vera squadra del popolo sono loro; loro che vendettero Anfield al neonato Liverpool costruendosi il Goodison un miglio più su nel verde dello Stanley Park. Per le fredde statistiche in FA Cup è andata meglio ai rossi con 9 successi contro 8 comprensivi di due finali disputate nel decennio degli ’80 quando in ogni caso l’Everton di Howard Kendall ebbe la forza di salire in due occasioni sul trono d’Inghilterra, e in un caso lo fecero conquistando 90 punti e segnando 88 reti di cui 23 firmate dallo scozzese Greame Sharp, mettendosi dietro, molto dietro, proprio i vicini guidati da uno dei figli prediletti della Kop come Kenny Dalglish, che a sua volta aveva ricevuto le consegne dall’iconico Joe Fagan.
Ok: segnatevi sul calendario le 16 del prossimo 5 gennaio.
Simone Galeotti