1 dicembre 2015

Espulsione c'è quando arbitro sventola cartellino rosso

Cartoline di stagione: 14° turno 2015-16

In dieci uomini si gioca meglio, disse un giorno Nils Liedholm, e quello che pareva essere un paradosso di circostanza divenne una delle sue frasi più celebri. Del resto, gli starà spiegando Boskov in qualche giardino del paradiso di Eupalla - dove i due (insieme ad altri) spesso si incontrano nel corso della passeggiata mattutina a far chiacchiere di pallone -, espulsione c'è quando arbitro sventola cartellino di colore rosso (variante di un'altra sua celebre massima).

Già uscito dalla linea laterale del campo,
tra un attimo Nagatomo tornerà
negli spogliatoi del San Paolo.
Già. Il big-match del San Paolo, il rendez-vous tra due XI che, finora, interpretavano le loro partite in modi così diversi da far dubitare che appartenessero allo stesso campionato, l'atteso partitone è finito, come spesso capita, con polemiche tipicamente 'latine', con la rabbia del Mancio per l'espulsione (a suo dire ingiusta: mezzo fallo e un rosso? assurdo) di uno dei giocatori peggiori tra quelli che ha in rosa: il giapponese Nagatomo. Il fattaccio accade agli sgoccioli del primo tempo, col Napule avanti di un gol, un Napule debordante a tratti, a tratti impreciso, visibilmente nervoso, ma attrezzato di un centravanti devastante - se mai l'aggettivo-participio presente può essere meritato da un protagonista della pedata contemporanea. Un Napule indiscutibilmente superiore, che gioca sempre di prima e in velocità (l'ormai solito, noto spartito di Sarri); la tensione, tuttavia va a discapito della precisione e dunque, costretta a difendere la sconfitta dall'alba della partita, l'Inter rientra negli spogliatoi con un solo gol sul groppone e un uomo in meno da ripresentare sul campo. 

Cioè in una situazione psicologicamente più che favorevole.

Già, non è un paradosso e si è visto. In quelle situazioni, le squadre forti - anzi, i giocatori veri, e dunque forti - non sono a disagio. Gli altri temono di avere già vinto ma purtroppo c'è ancora da correre giocare faticare, e non sanno più se attaccare, difendersi, tener palla. Si smarriscono nelle proprie inattese incertezze, perché non sanno bene come si comporterà l'avversario. Lo scacchiere è andato in pezzi. La partita a scacchi è finita, anzi è stata interrotta e ora ne inizia un'altra. L'Inter (che non ha un 'gioco' organizzato per attaccare coralmente) può affidarsi ai suoi incursori, uomini di talento, solisti, egoisti ma pericolosissimi. Specie quando e se non c'è nulla (più nulla) da perdere.
Higuain sfonda una seconda volta, sventrando letteralmente il cuore della granitica difesa nerazzurra. Gigantesco. Poi Ljajic, con un tiretto che riesce a passare senza deviazioni tra diverse paia di gambe, accorcia, ed ecco che la partita, per l'Inter, è in discesa ripidissima. Il Napoli ha le vertigini e l'ansia, mostra di non saper gestire la tensione, sbaglia tutto (passaggi, posizioni, tempi di gioco), non attacca e non difende, non pressa e non arretra. Si offre inerme all'Inter e a uno stadio terrorizzato. 

Per puro caso non finisce due a due. Due pali nelle ultime due azioni, ecco il bottino ospite. I sapientoni, finalmente, si azzardano ad affermare che l'Inter "è da scudetto". Ma è stata una partita 'sui generis', probabilmente irripetibile. 

Restano i dati. Contro la prima e la terza in classifica, il Mancio (ora secondo) ha fatto zero punti. 

Intanto, da dietro, il rombo del diesel bianconero è sempre più vicino e preoccupante. La Roma si va sfaldando more solito, se non cambia guida adesso rischia di uscire da tutte le giostre. Il Milan è in officina, Sinisa sta cercando di assemblare il suo prototipo con quel che ha, e a San Siro sabato sera la gente è tornata a divertirsi. Non accadeva da anni.
Non accadeva da anni, già. Il nostro campionato, quest'anno, è forse il più divertente d'Europa.

Mans