23 febbraio 2017

Gli scozzesi snobbano la Champions e hanno le loro buone ragioni

Fettine di Coppa: ottavi di CL (andata, seconda settimana)

Quelo che ha appena calciato somiglia vagamente ad Harry Kane.
Ma è Andrew Shinnie, nativo di Aberdeen, centrocampista
che presta la sua opera agli Hibs, sebbene sia
di proprietà del Birningham City.
Parecchia gente, a Edimburgo, ha snobbato ieri gli ottavi di Champions e trascorso la serata non davanti alla tivù ma a Easter Road. Che è poi lo stadio dell'Hibernian Football Club, fondato nel 1875 e, qui, di casa dal 1893. Beh, era una serata speciale, una serata di coppa anche per loro; una coppa giunta, come la Champions, agli ottavi di finale: la Scottish Cup, che si disputa dal 1873, dunque una competizione seconda, per longevità, solo alla più prestigiosa Challenge Cup (FA Cup vulgariter) d'Inghilterra. A rendere ancora più speciale la serata, per la gente di Edimburgo, c'era che il passaggio ai quarti se lo contendevano le due squadre cittadine. Gli Hibs, appunto, che ne sono (incredibilmente, va da sé) i detentori, e gli Hearts (Heart of Midlothian Football Club), in un replay, fra l'altro, a campi invertiti. Un derby che si è disputato ormai quasi trecento volte. Ma una sfida tra club appartenenti a categorie diverse, perché gli Hibs militano da un paio d'anni in Championship, mentre gli Hearts galleggiano dignitosamente, alle spalle delle solite grandi di Scozia, nella Premier League. Bene: hanno vinto gli Hibs, senza discussioni, tre a uno, e i loro fans avranno senz'altro pensato che ne valeva la pena, eccome, di ignorare il Leicester e pure la Juve, alle prese con palloni che, probabilmente, non considerano più importanti dei loro.

Il nuovo idolo del Mestalla:
 è già adorato dai compagni di squadra
In Spagna invece la coppa non la snobbano, anzi diciamo che sono soprattutto i network televisivi a non volerselo permettere, e infatti il recupero del Mestalla tra Valencia e Real Merengues si è giocato nel tardo pomeriggio, consentendo a tutti di vedere tutto, anche la partita del Sevilla e quella del Porto. Ai Blancos è andata malissimo, perché - incassando una sconfitta - ora è possibile che il Barça si rianimi, si riaccenda, si ricompatti. Sulla carta, il distacco tra le due può essere di quattro punti (il Real ha ancora un match da recuperare: il suo ritardo è dovuto alle amichevoli giocate in Giappone  a metà dicembre e 'spacciate' per coppa del mondo riservata alle squadre di club), ma in classifica, per ora, è rimasto di un punto. E anche l'Atleti può ripensare alla Liga con qualche minimo appetito, sicché la sfida del week-end tra Colchoneros e Azulgrana, al Manzanarre, si prospetta davvero bollente. A illustrare la tarde valenciana, una prodezza di Zaza, che non sarà mai un attaccante normale. Mai giocate banali le sue: nel bene, e nel male. Decisive (nel bene e nel male) in partite spesso importanti.

Torniamo alla Champions. Non c'era grande speranza di vedere bel calcio, nelle sfide di andata in cartellone a Siviglia e Oporto. E infatti ci si è divertiti pochissimo. Le Foxes hanno tenuto botta in maniera onorevole, senza neppure organizzare quel gran catenaccio, uscendo più che vive dal Sánchez Pizjuán, ma gli uomini di Sampaoli hanno giocato un match davvero confuso e deludente. Il leggendario Vardy ha fatto in tempo a scrivere il suo nome nella storia della competizione, l'ex sampdoriano Correa ha preteso di calciare un penalty che si era procurato e come spesso capita in questi casi l'ha telefonato a Schmeichel. Jovetic l'ha poi messo in condizioni di redimersi, ed era il due a zero. Ma poi, appunto, Vardy ha permesso alla gente di Leicester di sciamare cantando per le strade di Sevilla, e quella che si giocherà in Inghilterra è una delle poche partite di possibile significato agonistico tra quelle in tabellone per il ritorno degli ottavi.

"Bel numero, Jojo, ma non siamo al circo", fa notare Wes Morgan

Nostra Signora, dal canto suo, ha espugnato il Dragão con facilità irrisoria. Prestazione tuttavia non giudicabile, poiché la superiorità numerica goduta per due terzi di partita non esalta più di tanto il risultato e una qualificazione che pareva già sulla carta agevole e che, ora, è palesemente scontata. Ai lusitani era lecito credere di poter impantanare gli avversari, usando astuzie tattiche, accortezza difensiva, palleggio lento. Ma occorrono appunto giocatori astuti, e il povero Alex Telles certamente appartiene a un'altra categoria. Cos'altro dire? Nulla. Anzi, sì. La regìa ha più volte inquadrato bella gente in tribuna, gente che non paga mai il biglietto. Cercando di immortalare così la serata di Leonardo Bonucci, escluso per aver commesso nefandezze che nessuno realmente ha capito o conosce, con eccezione di lui medesimo e del suo (ancora per poco) allenatore. Una sfinge. Lo si è visto arrivare con una bandiera del Porto, forse acquistata al mercatino fuori dello stadio (se c'è); poi lo si è visto cambiare di posto, e piazzarsi su uno sgabellone modello bar da stazione ferroviaria o aeroportuale; poi lo si è visto in piedi (sempre lì, ma qualcuno gli ha sottratto lo sgabello), poi parlottante con Nedved. Senza mai cambiare espressione. Un'espressione da animo incupito e irritato più che in preda a malinconia e pentimento. 

Momenti tristi

Il bello, tutto il bello del gioco (errori compresi) si è visto nella partita di martedì all'Etihad (mentre a Leverkusen l'Atletico ha facilmente domato un dimesso Bayer, ma senza incantare). Una giostra infernale, una partita tirata a ritmi che raramente si vedono. Il Pep l'ha sfangata, i suoi hanno confezionato una bella rimonta sul Monaco (dove tirano calci al pallone giovani pedatori di formidabile talento). Sta provando a giocarsi d'azzardo quel che resta della stagione con Yaya davanti alla perforabilissima difesa, e davanti a lui Silva e De Bruyne (centrocampisti offensivi, se mai ce ne sono due autenticamente definibili come tali), e sulla loro linea, larghissimi, Sterling e Sané. Colpisce l'inversione di posizione tra questi ultimi due, normalmente abituati a giocare sulla fascia opposta (Sterling a sinistra e Sané a destra). S'inizia forse la tendenza a invertire il trend degli esterni invertiti: sicché i medesimi vanno più in verticale, puntando il fondo piuttosto che accentrarsi rientrando sul piede preferito. Tre gol dei Citizens sono arrivati da lunghe fughe esterne (una di Sterling e una di Sané) e rapidissimi scambi centrali; due volte gli Sky blues sono andati in porta col pallone. 

Mai una squadra di Guardiola ha giocato alla velocità del City di quest'anno. I ritmi alti del gioco sono nota e riconosciuta (e apprezzata) prerogativa della Premier League; a modo suo, Pep vi si sta adattando, e c'è da credere che, se l'esperienza proseguirà, lascerà segni di grande bellezza.


Mans