Addio Milan!
Analizzare il momento del Milan non è semplice. E chi ci prova non fa altro che generare ulteriore caos in una condizione di entropia che cresce fuori da ogni previsione matematica. Le crociate non mi sono mai piaciute, ma del resto il tifo è una fede e non si possono condannare più di tanto i fedeli. Non mi piace la crociata contro Montella, la trovo semplicistica e anche un po’ troppo emotiva.
Le responsabilità del tecnico campano sono sotto gli occhi di tutti, ma credo ci siano degli elementi che non ne hanno facilitato il compito. Ho forti perplessità sulla costruzione della rosa: alla luce di queste prime otto giornate (e molte partite di Europa League) mi pare inadatta a qualsiasi modulo. Il 352 è stato adottato per facilitare Bonucci, uno dei giocatori col rendimento peggiore in squadra, e ha penalizzato Suso che, con tutte le difficoltà mostrate in fase di contenimento, rimane l’unico capace di pensare in maniera offensiva, di inventare e produrre qualcosa di imprevisto. Kessié è stato sovrastimato per quel che concerne l'attitudime difensiva: non è in grado di fare filtro con costanza (almeno non in questa fase della carriera) ed è stato caricato della responsabilità di tenere a galla il centrocampo mentre si spendeva una gran parte del budget in altre zone del campo. Rodriguez è compassato e pur avendo interpretato in passato il 352 non sembra avere la gamba giusta per bruciare la fascia avanti e indietro, caratteristica necessaria e imprescindibile nel modulo attuale. Di Andrè Silva e Kalinic c’è poco da dire: il primo è un progetto di grande giocatore (che però può naufragare per strada), per il secondo parla la carriera. Ci sarebbe da citare anche un certo impaccio di Calhanoglu nel gestire il pallone o un certo immobilismo di Biglia che pare un lontano parente del giocatore conosciuto alla Lazio.
Montella ha la grave colpa di non aver dato alla squadra una chiara fisionomia, di non aver scelto undici titolari e di non essere riuscito a lavorare su concetti base, semplici ed efficaci. Dall'altro lato però ci sono troppi errori individuali, troppe incertezze, troppe sciocchezze che non dipendono dalla disposizione tattica. L’intelligenza calcistica è una cosa che non si può allenare, è una caratteristica intrinseca ancor più importante della qualità del piede. La capacità di andare negli spazi, di vedere il gioco, di capire le situazioni prima che si manifestino. Il gioco del calcio è una combinazione di sottigliezze che vengono ancor prima del contesto tattico, un gioco di uomini che non può prescindere dalle loro caratteristiche.
Le rifondazioni fallimentari della Juventus, della Roma e dell’Inter dovrebbero insegnare molto: il campo ha le sue regole e se ne frega dei prestiti da restituire. La scadenza fissata da Elliott incombe e la necessità di centrare una qualificazione in Champions League ha infestato l’ambiente, ha appesantito le gambe e le maglie, ha ottenebrato le menti. Al Milan è cambiato tutto e quando i cambiamenti hanno questa magnitudo bisogna concedersi il tempo e la tranquillità per lavorare, per capire, per sbagliare. Quando le cose vanno male le responsabilità sono da distribuire secondo un ordine gerarchico. Se un Direttore sportivo esonera un allenatore, sconfessa anche le proprie scelte. È un'autoaccusa, un'ammissione di colpa.
C’è soltanto una cosa che può salvare la stagione del Milan, il suo progetto di crescita, la sua voglia di ambizione: il tempo. E non c’è nessun allenatore che può bypassare il tempo. È un dono che deve essere concesso dalla proprietà.
Il Milan ce l'ha il tempo per cambiare?
Oslo