22 aprile 2013

Quando qualcuno ti sbatte in faccia uno stereotipo

Come ha scritto John Foot in una delle sue pagine più ispirate [libro], "guardando Lilian Thuram, per la millesima volta nella sua carriera, stoppare la palla, alzare lo sguardo e passarla elegantemente a un centrocampista" non si può smettere di seguire e di amare il calcio, perché quei momenti "hanno fatto del calcio il gioco più bello" [vedi].

Con la stessa maestosa eleganza, con la stessa semplicità, Lilian gioca adesso un'altra partita a tutto campo. In una bella, breve, ma intensa intervista concessa a Emanuela Audisio [leggi], Thuram dice ancora una volta, senza retorica, alcune cose importanti sul razzismo e sulla centralità della cultura che meritano, a mio avviso, di non essere lasciate indietro, nel flusso mediatico.

La maestosa eleganza di Lilian Thuram
"Neri non si nasce, lo si diventa. Quando qualcuno ti sbatte in faccia uno stereotipo". 

I pregiudizi germogliano ovunque: "Giocavo in un club di portoghesi, volevo progredire e passare al Fointanebleau, società più forte. Venni sconsigliato dai miei compagni: quelli sono borghesi, non ti accetteranno. Invece trovai un'atmosfera amichevole".

"Bisogna riflettere sul passato per capire l'oggi. Perché c'è un sistema politico che divide in gruppi e ci campa: noi e loro, e loro non sono come noi, ma subalterni. E la stessa discriminazione la soffre la donna. Bisogna educare le nuove generazioni, cambiare il modo di vedere, non esistono per nascita esseri superiori. Ma devi avere voglia di studiare e di conoscere".

"Lo stadio è una fetta della società, la riflette, non la crea. Io ho più paura di chi lavora dentro il sistema. Come François Blaquart, dt della nazionale francese, che voleva imporre delle quote etniche, per limitare la presenza di giocatori neri. Bene ha fatto il Milan ha lasciare il campo dopo gli insulti a Boateng. A togliersi la maglia per primo però non dovrebbe essere il giocatore nero, ma i suoi compagni. Loro dovrebbero reagire e dire: signori miei, questi cori ci offendono, non rispecchiano i nostri valori, noi così non giochiamo. Bisogna lottare, non fare finta di niente. A Parma, in una partita contro il Milan, sento cantare 'Ibrahim Ba mangia banane sotto casa di Weah'. Dico ai miei compagni: devo andarci a parlare. Lascia perdere, è la risposta. Ma la sera non riesco a dormire, mi manca l'aria, quella frase mi picchia in testa, così vado a discutere con la curva. La domenica successiva i tifosi rispondono con lo striscione 'Thuram rispettaci'. Invece di riflettere su quello che avevo detto, si erano sentiti offesi loro".

"In più combatto il luogo comune che i neri siano favoriti nello sport, nella danza, nella musica. Quali neri? E in quali sport? Si dice: i neri sono veloci. All'inizio non erano degni di fare sport perché non abbastanza umani. Poi sono diventati vincenti perché a loro veniva facile essere aggressivi e bestiali. Assurdo. I neri sono stati scienziati, dottori, esploratori, poeti, ricercatori. Ma non ce lo raccontano mai. Hanno inventato tra l'altro il semaforo, l'asciugatrice, la trasfusione di sangue, il floppy disk".

"Come Einstein penso che il mondo è pericoloso non per quelli che fanno del male, ma per quelli che lo lasciano fare".

A me non pare che Lilian Thuram sia "un sociologo pasoliniano" come scrive l'intervistatrice. A me pare che Lilian sia semplicemente un grande campione. Non solo del mondo, ma di cultura e buon senso.

Azor