3 luglio 2016

L'irreparabile

Mi telefona un amico. Negli anni pari, tra giugno e luglio, è normale. Ormai sono quasi abituato, anche se mi coglie sempre di sorpresa e, allo squillo, sobbalzo. Stavo leggendo un trattato di psico-archeologia, una disciplina nuova e affascinante, per quanto indigesta. Comunque, poso il libro e rispondo. 
Come va?
Mah, non saprei. Non so cosa pensare.
Riguardo cosa?
(Ed ecco che mi fa esplodere un petardo nell'orecchio destro).
Come riguardo cosa? Ma lo sai o non lo sai che siamo alla definitiva resa dei conti? Che questa volta, cabala o non cabala, statistiche o non statistiche, c'è poco da fare conto sulla tradizione? Lo sai che questa volta potrebbe capitare l'irreparabile?
Beh, l'irreparabile accade sempre, lo diceva anche Cesare Pavese. "La cosa più temuta accade sempre", il mestiere di vivere, Einaudi, 1952, postumo, va da sé, ultima pagina.
C'è poco da scherzare. Loro sono ventimila e noi più o meno cinquemila
Un momento. Da dove mi stai chiamando? Dalle Termopili?
No, dall'Atlantique, non senti che casino?
E cos'è, una nave da crociera?
(Arriva un altro petardo).
Lo fai apposta? Sono a Bordò, allo stadio.
Ah, allora ci dev'essere una partita. Dovevo immaginarlo (in realtà l'avevo capito benissimo). Che partita è?
Beh, è la partita (su 'la partita' si sentivano le maiuscole).
Uhm, fammi pensare. Real Madrid-Barcellona?
Seeee, a Bordò? 
Brasile-Argentina allora?
Italia-Germania!!! (lo dice con voce stentorea e alterata, dev'essere davvero una questione di fondamentale importanza per lui).
Ah ho capito, sai che roba. Non abbiamo mai perso coi tedeschi, lo sanno anche i neonati.
Sì, ma stavolta è diverso. Loro sono i campioni del mondo.
Anche noi lo siamo stati, parecchie volte. E anche quando non lo eravamo, li abbiamo sempre battuti, se la memoria non mi inganna.
E' vero, ma prima o poi l'irreparabile accade, come diceva quel tale amico tuo. E potrebbe accadere stasera. Me lo sento, maledizione. Va beh, ti saluto, devo mettermi a cantare.
A cantare?
Sì, non senti? E' partito l'inno di Mameli. Venderemo cara la pelle. Frate-elliii d'Ita-haliaaa ... 
Va bene. Buona partita.
Non mi ha nemmeno salutato, ha chiuso la conversazione così, brutalmente. Non è la prima volta che succede. E va beh.

Leggo ancora un po' (questo libro è davvero insensato), poi esco a fare due passi, le strade sono deserte. Vedo che qualcuno ha esposto la bandiera italiana, certo lo facciamo solo quando c'è il calcio, che paese bislacco. Poi torno, c'è aria di temporale. Accendo il computer, vediamo cos'è successo. Ah, abbiamo perso ai rigori. Pazienza. Stacco il telefono, non si sa mai. Sui social tutti insultano Pelé. E che c'entra Pelé? Ah no, ho capito. Pellé, ha sbagliato un calcio di rigore, che ci sarà mai di così strano. Che paese bislacco.