12 dicembre 2012

Kleines dickes Müller

Al centro dell'attenzione del mondo, Leo Messi. Come sempre, o quasi sempre, quando al centro dell'attenzione del mondo del football c'è il football, prodezze e immaginazione, numeri e arte. La pulce non ha combinato cose in sé memorabili: ha solamente messo nella rete, all' Estadio Benito Villamarín di Sevilla, domenica 9 dicembre 2012, l'ottantacinquesimo e l'ottantaseiesimo pallone di questo anno solare. Ha dunque eguagliato e poi infranto, nel medesimo match, il record detenuto da Gerd Müller, dal bomber per antonomasia. 86 gol, di cui 12 (in 7 partite) realizzati con la maglia della nazionale argentina. 74 gol, dunque, in 60 partite fin qui disputate dal Barça nel 2012 (tra Liga, Champions, Copa del Rey, Supercoppa spagnola). I blaugrana hanno segnato, in quelle 60 partite, la bellezza di 160 reti. L'incidenza di Leo è altissima: segna quasi la metà dei gol della sua squadra (il 46 e rotti per cento). Müller aveva fissato il suo record nel 1972: 85 gol, di cui 13 (in 7 matches) realizzati con la maglia della nazionale tedesca. Il Bayern disputò in quell'anno solare 34 partite di Bundesliga, 4 di Coppa di Germania, 4 di Coppa delle coppe, 4 di Coppa dei campioni: in totale 46: 14 meno del Barça. Spero di non avere sbagliato i conti.

La logica dei numeri non ha fascino, e può talvolta generare valutazioni effimere. Ci sono pedatori che ne prescindono, altri la cui parabola agonistica può esserne scientificamente rappresentata. Gerd Müller è uno di questi. Basteranno pochi cenni a illustrare l'assioma. Gli è capitato di non gonfiare la rete in ventitré occasioni, su un totale di sessantadue apparizioni con la sua nazionale; di queste ventitré, solo sette contavano qualcosa. L'ultimo dei suoi sessantanove gol l'ha segnato nell'ultima partita, che era anche l'ultima e decisiva di un mondiale: naturalmente, fu quello decisivo (a Monaco, nel '74). Era il suo mestiere: risolvere le partite. Nel '70 risolse il quarto con gli inglesi, nell'extra-time; in semifinale fece all'Italia (sempre nei supplementari) il gol del 2:1 (sembrava finita per gli italiani) nonché (quando sembrava finita per i tedeschi) quello del 3:3. La fase finale degli europei disputata in Belgio nel '72 fu decisa da lui: doppietta ai padroni di casa in semifinale; doppietta in finale ai sovietici (ad aprire e a chiudere un inappellabile 3:0). I quali, peraltro, ne avevano già assaggiata la voracità tre settimane prima, nel match organizzato per consacrare l'Olympiastadion di Monaco: 4:1, e lui officiò mettendoli tutti e quattro alle spalle di Yevgeniy Vasilyevich Rudakov, estremo della Dinamo Kiev. Ai compagni non lasciò neanche le briciole: generosamente, poi, ammise al banchetto dell'Heysel un faticatore del Borussia (quello neroverde) senza particolari attitudini realizzative (Herbert Wimmer), giusto perché non si dicesse che voleva esagerare.

In sostanza: Messi è già una 'leggenda'. Certamente. Anzi, di più, una leggenda vivente. Ha vinto molto, non tutto. Anche Müller è pedatore di dimensione leggendaria e indiscutibile. Non si è limitato a vincere molto: ha vinto tutto quello che c'era da vincere, compreso quell'effimero riconoscimento individuale (il Ballon d'or) che non sempre ha premiato davvero i migliori. Lo vinse nel 1970; fu terzo nel '69 (dietro Rivera e Riva), secondo nel '72 (dietro il Kaiser), e ancora terzo nel '73 (dietro Cruijff e Zoff). Curiosamente, fu ignorato nel '74, l'anno del titolo mondiale teutonico (ma c'erano naturalmente Cruijff e Beckenbauer a dominare la scena). Più di 500 gol in partite ufficiali, poco meno di uno a partita, in quindici anni di carriera ad alto livello. Messi giocherà il doppio dei suoi match, difficilmente segnerà il doppio dei suoi gol; forse riuscirà - è un auspicio di molti, non di tutti - a sollevare la coppa del mondo, conquistandola grazie a una serie di prodezze mirabili e stravaganti, come fece Diego nell'86. Chissà: ha solo venticinque anni, e almeno tre appuntamenti possibili con i suoi sogni.

Il tedesco, per ora, guarda e attende che gli eventi facciano il loro corso. Fu un centravanti assolutamente archetipico: il rapinatore d'area, quello in grado di intuire traiettorie sporcate e di calamitare la sfera, sbucando fulmineo da mischie affollatissime e crude [vedi]. "You have to react quickly, or the chance is gone": parole di Gerhard ("Gerd") Müller; quel "Kleines dickes Müller" del 1964 che, in capo a un decennio, divenne per i tedeschi "der Bomber der Nation". Per la Germania e per la Baviera: "Alles, was der FC Bayern geworden ist, verdankt er Gerd Müller". Parola del Kaiser.

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