Ci sono dati interessanti che emergono dalle statistiche del torneo. L'Italia è la squadra che ha corso di più (media km/giocatore) e che ha effettuato più tiri tra tutte le partecipanti. La Spagna quella che ha il maggiore possesso palla, ovviamente, e che ha subito meno gol in assoluto (uno solo, ma da noi). Alcuni commentatori hanno parlato di concretezza "italica" per la solidità e la sostanziale imperforabilità difensiva della Spagna, e di "spagnolizzazione" del nostro gioco per la sua proposizione insistita e per il possesso palla. Sono elementi evidenti, ma c'è anche dell'altro credo.
![]() |
10 giugno 2012, Arena Gdansk, Gdansk Totò Di Natale alla "scocca" |
Un altro dato interessante emerso dal torneo è che sono arrivate in semifinale solo squadre che hanno in comune "il gioco 'giocato'" per dirla con Cesare, vale a dire il calcio attivo (per dirla alla Wilson), la proposizione del gioco. La squadre che hanno puntato sul controgioco - la "rivoluzionaria" Inghilterra, ma anche la Russia o l'Olanda a ben guardare - si sono perse per strada. Il mainstream attuale pare essere (fatta eccezione del Chelsea di Di Matteo) la qualità dei centrocampisti, il possesso palla, la costruzione della manovra.
Significativa, di conseguenza, è anche l'evaporazione dell'importanza dei moduli: si è visto un po' di tutto dal 4-4-2 al 4-3-3 al 3-5-2 al 4-2-3-1 al nostro attuale 4-3-1-2. Ma sono numeri: ciò che conta, come sempre peraltro, è l'atteggiamento (attivo o reattivo), la ricerca del possesso palla, la qualità degli interpreti. L'unica innovazione epistemologica è il 4-6-0, ma sarà da vedere se troverà adepti, soprattutto se la Spagna non dovesse trionfare alla fine. La curva innovativa è la sperimentazione diffusa di un'evoluzione qualitativa degli interpreti e del gioco affidata all'esondazione del centrocampo. Ed è l'Italia di Prandelli ad averla incarnata meglio di altre squadre: se ci riflettiamo bene, probabilmente la nostra nazionale non ha mai avuto un centrocampo della qualità di quello attuale, né nel 1968-1970, né nel 1978-1982, né nel 1990, né nel 1994-1996, né nel 2006-2008. Abbiamo avuto al più Rivera, Mazzola e De Sisti; Tardelli, Antognoni e Conti; ed eccellenze individuali come Giannini, Albertini, Donadoni, e Mancini e Baggino se vogliamo ascriverli ai middlefielders; ma mai tutti insieme 5/6 giocatori della qualità - e soprattutto dell'universalità - di Pirlo, De Rossi, Marchisio, Montolivo, Motta e dello stesso Nocerinho. Solo la Spagna ha la nostra qualità in mezzo al campo.
La sapienza di Cesare è quella di avere individuato e fatto maturare questa eccellenza generazionale senza rinunciare ai ruoli di attacco: nelle sue intenzioni era probabilmente quella di puntare su Pepito Rossi alla Messi (a scapito di chi? Mario o Sant'Antonio?), ma il dato di fondo è quello di un attaccante di ruolo e di peso (ma non un centravanti) come Balotelli e di un altro avanti più leggero e di maggiore fantasia come Cassano, Diamanti o Giovinco, cui si aggiunge il ricorso a Di Natale quando si creano spazi utili al contropiede (ed è significativo il mancato ricorso a Borini, e non solo perché senza esperienza). Alle spalle è la solita difesa all'italiana, solida, rocciosa, anche se certo non della qualità media di quelle del 1968-1970 e 1978-1982 (o di eccellenze individuali come Baresi, Maldini o Cannavaro). Lasciando perdere le inversioni, Cesare ha innovato nella tradizione, ha sviluppato soluzioni nuove senza recidere le radici culturali del nostro gioco.
![]() |
10 giugno 2012, Arena Gdansk, Gdansk Gigi Buffon dribbla El Niño Torres |
Ognuno faccia le sue scaramanzie ... Ormai ci siamo.
Azor