21 aprile 2014

Unbelievable performance

Cartoline di stagione: 37° turno 2013-14

57.090: è il numero di coloro che non hanno disertato Camp Nou (card) la sera in cui tutto poteva o sembrava poter essere irrimediabilmente perduto. Già: un Barça aggrappato alla Liga solo in virtù dell'aritmetica (ma non si sa mai) è abbandonato dal suo pubblico, abituato a fasti eccessivi (di gioco e di vittorie), indisponibile a una pur lussuosa normalità. Intendiamoci: con 57.090 spettatori paganti si riempiono ormai quasi tutti gli stadi del mondo; ma qui il colpo d'occhio sembra immiserire il match al rango di un'amichevole senza significato. Significato che poi, invece, ha avuto eccome. I blaugrana sono sfilacciati, a tratti senz'anima, a tratti si direbbe persino che - colpiti da inspiegabile analfabetismo pedatorio - non sappiano più cosa fare quando hanno il pallone, vanno nel panico quando l'avversario (l'ottimo Atletico di Bilbao) alza la pressione. Sprecano occasioni enormi (e ogni volta il Tata silenziosamente impreca, si gira e si allontana, sembra se ne voglia andare definitivamente - ma poi torna), vanno sott'acqua, riemergono all'improvviso. Regalano emozioni, sempre e comunque.

Dove c'è lui ci sono sempre teste calde. Persino Ivanovic è perplesso
In Inghilterra è stato un week-end forse decisivo. Il Chelsea perde in casa. Non era mai accaduto, con Mou in panca. Perde sabato contro l'ultima in classifica, il Sunderland di Gustavo Poyet, un nome che a Stamford evoca buoni e non antichi ricordi. I Blues riescono addirittura a farsi rimontare. "Unbelievable performance", ironizza José nel post-partita. Stavolta non si riferisce ai suoi (o agli avversari) ma al referee. Alla fantastica prestazione (parole sue) di Mike Dean, 'incredibilmente' designato da Mike Riley per dirigere il Chelsea in una circostanza così delicata. Dean ha il torto di assegnare un penalty inesistente ai Black Cats (di questi tempi, un nick quanto mai appropriato, come sanno anche al City); ma che fosse un regalo lo si capisce solo (e come al solito) rivedendo l'azione da un punto di vista diverso da quello dell'arbitro. Come al solito, spropositati gli isterismi del roster e il sarcasmo dello sfasciacarrozze. D'altra parte, se presti Lukaku e ti ritrovi con Torres e Demba Ba (inenarrabile cosa quest'ultimo abbia scialacquato sottoporta: c'era da aspettarselo, dopo la surreale traiettoria accompagnata da Eupalla a silurare il PSG) perché hai dato in prestito Lukaku; se ti trovi a dover schierare tra i pali l'arrugginito ultraquarantenne Mark Schwarzer perché hai dato in prestito Courtois, significa che pretendi troppo anche dal tuo inimitabile deretano.

Satanassi di oggi e (probabilmente) di domani
L'occasione per allungare è dunque ghiottissima per il Liverpool, atteso di domenica a Norwich da gente altrettanto bisognosa di punti. L'avvio dei Reds è come al solito irresistibile. Ispiratissimo Sterling, il ragazzino che rade al suolo il lato sinistro del campo: in dieci minuti, ha fiondato un pallone imparabile e servito un assist sontuoso al bestiale uruguagio. Si ripeterà nel secondo tempo con una fenomenale e fortunata incursione solitaria. Ma sarà sofferenza sino alla fine; ciò non toglie che, se vi è un XI che merita senza discussione di vincere la Premier League quest'anno, per la freschezza e la qualità del gioco d'offesa esibite, è senza alcun dubbio il glorioso Liverpool, in astinenza da quasi mezzo secolo: non accadesse, sarebbe una di quelle clamorose ingiustizie che spesso il football regala per incrementare il proprio fascino.  Il 'realismo magico' di Rodgers è riconosciuto con entusiasmo dal vecchio capitano Steve. Non che vi siano in rosa solo ronzini (tali erano molti di quelli con cui Brendan fece miracoli a Swansea); in un anno tuttavia, sono migliorati tantissimo. Nessuno li considerava, ma sarà bello vederli l'anno prossimo ancora e finalmente sulla maggiore scena europea.

Mans