Che cinico stratega, Deschamps! Illude l'Albania facendole credere di non essere interessato ai tre punti, a vittoria o gioco, a vittoria con gioco, e invece aveva solo nascosto i suoi assi nella manica. Si fa per dire: in panca. Illude un popolo affamato di gloria pallonara, un pareggio al Vélodrome strappato alla grande Francia sarebbe un'impresa da raccontare a nipoti, bisnipoti, trisnipoti. Una fiaba che si tramanderebbe di generazione in generazione sino alla fine dei tempi.
Eroi mancati, ma eroici |
Macché. Deschamps può concedersi il lusso di togliere Pogba e Griezmann dalla formazione di partenza; può divertirsi a mettere in campo una squadra sgangherata e impotente; quanto a Pogba, lui (Didier) di quel che pensa Raiola se ne infischia, vadano pure a picco le sue quotazioni ("se il miglior giocatore di Francia non è titolare nella Francia, non può essere il miglior giocatore di Francia, e dunque non può valere quello che dice Raiola, quel che dice transfermarkt, quel che dicono i media"), e poi Griezmann è stanco, un'annata col Cholo toglie minimo quattro-cinque anni di carriera a ciascun giocatore. E poi i Bleus avevano già vinto la prima partita, qualificazione in cassaforte, si fanno esperimenti. Lo sguardo terrorizzato di Rami sui primi palloni capitati dalle sue parti, nell'area francese, la dicono però lunga sul grado di autostima dei cugini. E' basso. Quello di Rami è bassissimo. Non azzeccano una giocata decente, una combinazione, un'azione, non tirano in porta per 45 minuti, non pressano se non un paio di volte. Rischiano di subire. Cose impensabili.
Il tocco lieve di Griezmann |
Poi, la svolta. Entra Pogba, non fa nulla ma la sua presenza totemica incendia la folla. Solo che inciampa sulle margherite, sembra Rivera a Stoccarda nel '74, pare abulico, fuori posizione e fuori forma. Insomma, non facciamola troppo lunga. La Francia vince solo perché gli albanesi non reggono per 90 minuti ma solo per 89, e naturalmente è Griezmann che - dopo le inzuccate alla viva il parroco di Giroud - mostra quanto sia facile per un giocatore di classe e nella solitudine dell'area di rigore (spazio ormai largo, presidiato da difensori senza più il fiato e la forza per rubare i tempi e stringere le marcature) girare delicatamente il pallone di tempia e conferirgli un'angolazione impossibile da raddrizzare per qualsiasi portiere. Poi arriva anche il raddoppio, ma è del tutto superfluo, uno di quei gol che di solito segnano Cristiano Ronaldo o Podolski, e stavolta tocca a Payet.
Il calcio dell'europeo non è quello della Champions League. Le super-squadre qui non ci sono, le grandi sembrano tutte in fase di transizione - calante la Germania, non certo scintillante la Spagna, in costruzione la Francia (lavoro che pare tutt'altro che compiuto). E fra esse poche si reggono su blocchi di giocatori prestati da un unico club. Ieri sera, all'inizio, la Francia ha schierato un mosaico assoluto: undici tessere sottratte a undici mosaici diversi. Così, ci sono rose di maggiore o minore qualità, e il lavoro dei tecnici può (e deve, o almeno dovrebbe) fare la differenza. Ne sta sortendo un calcio quasi 'antico', cui non siamo più abituati. Di equilibrio e di grande applicazione tattica - soprattutto, è ovvio, da parte di quelli che alla modestia tecnica sopperiscono con umiltà e corsa e agonismo. L'Albania ha perso due partite, poteva tranquillamente pareggiarle, verrà probabilmente eliminata. Ma ha mostrato di non partecipare abusivamente al ballo, dove l'ha portata un maestro italiano di esperienza, uno dei tanti che noi sottovalutiamo ed esportiamo, affascinati dal fascino di chi sa vendersi meglio.
Mans
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