È finito il primo giro di giostra. Euro 2016 ci ha presentato le 24 squadre in gara, fra conferme più o meno annunciate e sorprese (poche a dire il vero).
La Francia padrona di casa si presenta all'appuntamento in grande spolvero. Talento distribuito equamente fra i reparti, buona panchina, ma poco appeal. È una delle favorite, ma dovrà conquistarsi sul campo il titolo, sudarselo punto per punto. Se il talentuoso "vorrei ma non posso" centrocampista del West Ham, Dimitri Payet, classe 1987 da Réunion, non avesse estratto dal cilindro una perla di rara bellezza e se il buon fischietto ungherese Viktor Kassai non avesse ignorato il fallo palese di Giroud su Tatarusanu, adesso staremmo parlando di un undici padrone di casa già costretto a inseguire l'inguardabile Svizzera del santone Petkovic.
È il minuto 65. Stancu esulta dopo aver battuto Loris dal dischetto: 1-1 |
Male l'Inghilterra, ma non solo per colpe sue. La perfida Albione dell'immarcescibile Benny Hill è una buona squadra, meno esperta ma più matura del mondiale brasilero di due anni fa. Mancano la saggezza di Gerrard e la garra di Lampard, ma hanno un Kane in più e (forse) il talento di Dele Alli. La trottolina classe '96 degli Spurs è potenzialmente un fuoriclasse, ma ha grandi limiti caratteriali. Forse il calcio di Her Majesty the Queen saprà disciplinarlo. Lo spero per il futuro di questo giuoco.
Gli inglesi sono capitati nel girone più semplice del torneo e questo può non essere un bene. Contro la rabberciata compagine russa The National Football Team ha giocato solo a sprazzi, mostrando anche bel calcio, ma è troppo poco e comunque ha palesato grandi limiti difensivi (prendere gol a tempo scaduto da Vasili Berezutski, classe '82, non è peccato veniale). Peccato che Wes Morgan abbia il passaporto giamaicano.
Male la Turchia, Arda Turan e Ozan Tufan sono troppo poco per sperare in buon torneo. Bene la Croazia, zeppa di talento e con molte opzioni in panchina. Gioca un bel calcio e può andare lontano, soprattutto se Modric gioca così.
Mi hanno deluso, per motivi diversi sia la Polonia sia la Germania. Gli slavi hanno una buona squadra, talentuosa e mediamente giovane, condita dal talento di Lewandowski e Milik. Hanno faticato tremendamente contro la squadra forse meno attrezzata dell'Europeo. Sono apparsi farraginosi e con poche idee in testa. I ragazzi di frau Angela arrivano dal trionfo (più per gli altrui difetti) mundial e giocano con la consapevolezza di chi è too cool for school. Grave errore. Contro l'Ucraina gli è andata bene. Se non scendono di loro sponte dal pulpito su cui sono saliti rischiano di essere buttati giù e di farsi parecchio male. Hanno un girone facile, ma per arrivare fino in fondo dovranno cambiare atteggiamento. Male Goetze, bene Kroos. Spero che qualcuno dica a Mesut Ozil che nel calcio tirare in porta non è un reato. Il giorno in cui capirò che tipo di giocatore è Thomas Muller sarà un giorno felice per me.
La Spagna è sempre la Spagna e mai fidarsi troppo di don Andrés e compagni. La classe non tramonta mai e si è visto contro la pur solida Repubblica Ceca. Deludono l'Austria del sosia di Ibrahimovic, all'anagrafe Marko Arnautovic e la Svezia dell'originale. Il Portogallo non è più vivaddio solo CR7, ma stavolta ha una buona squadra che si diverte a giocare. Verticalizza poco, ma offre spettacolo. Non vincerà l'Europeo, ma vedrò tutte le loro partite.
La patria compagine pallonara ha sorpreso tutti meno quella vecchia volpe di Righe da Fusignano e il buon Cibali che da anni va ripetendo, come Righe appunto, che la storia nel calcio conta parecchio. Noi siamo l'Italia, loro il Belgio. Punto. L'importante è farlo metabolizzare ai giocatori. In questo Antonio Conte è maestro. Complimenti.
L'Italia che lunedì scorso a Lione ha affrontato il Belgio |
La partita dell'Italia ha confermato altre due verità che nel calcio raramente vengono smentite: nei tornei vince chi prende meno gol ovvero chi ha la difesa migliore, o più fortunata. La nostra è entrambe le cose. Poi il calcio non è il tennis. Se hai Hazard, Fellaini, Witsel, De Bruyne, Nainggolan che giocano da soli, alla fine perdi. Mi preoccupa solo il consueto trionfalismo della stampetta nostrana. Catastrofici prima (manco fossimo Andorra), invasati dopo una vittoria, benché prestigiosa e ottenuta quasi in scioltezza. Noi dobbiamo stare tranquilli, lavorare e vivere ogni partita come fosse la più difficile, quasi proibitiva. In questo il nostro CT è il più bravo. Speriamo infine che ci regga la condizione.
Partita bruttina il derby del Danubio. Ci si aspettava una grande Austria e invece l'Ungheria non ha demeritato. A proposito di Ungheria mi pare doveroso spendere due parole su Gabor Király, portiere classe 1976 da Szombathely. Una carriera di tutto rispetto, iniziata nelle giovanili dell'Haladás, la squadra della sua città. Si trasferisce in Bundesliga a vent'anni e con l'Herta Berlino colleziona 198 presenze dal 1997 al 2004. Finisce poi in Premier League e gira mezza Inghilterra: Crystal Palace, West Ham, Aston Villa, Burnley e poi ancora in Bundesliga e poi ancora in Premier. Dall'anno scorso è tornato in patria, nella sua città, nella sua squadra.
Gábor Király comanda la difesa ungherese |
Ieri ha esordito a Euro 2016. È il calciatore più vecchio del torneo, il più vecchio ad avervi mai partecipato. Dal 1993 non si è mai tolto quei pantaloni favolosi che sembrano tanto un pigiama e che invece altro non sono che il sogno del bambino.
Tutti quelli scarsi da bambini venivano gentilmente invitati ad accomodarsi in porta. Arrivavi in piazza, coi tuoi calzoni corti, pronto per giocare coi compagni e magari segnare anche qualche gol davanti alla ragazzina che ti piaceva e invece niente. Eri scarso, eri più scarso degli altri, non eri il proprietario del pallone o forse eri solo meno prepotente. E allora dovevi stare in porta senza protestare. I pantaloncini coi quali ti presentavi in piazza erano quelli del tuo campione preferito. Io li avevo come Socrates al mundial spagnolo, celesti col taglio laterale all'insu. Quando mi fecero capire che dovevo stare in porta, perché ero goffo, lento e poco tecnico decisi che avrei cambiato pantaloni. Mica c'era l'erba in piazza o per la strada. Allora mi comprai al mercato una bella tuta sportiva. Della felpa non mi interessava. Erano i pantaloni che volevo. Con quelli potevo tuffarmi sull'asfalto senza ammaccarmi tutto e far infuriare mia madre. Quei pantaloni erano il simbolo della dignità del portiere. Anche io, che sono scarso, che sono lento, che sono goffo, che gioco in porta, avevo la mia divisa: erano i pantaloni della tuta. Erano il pigiama di Gabor Király, portiere poco bello da vedere, ma tremendamente efficace. Da sempre una delle personalità più interessanti del plasticume calcistico mondiale contemporaneo. Da ieri il mio portiere preferito.
Cibali