22 agosto 2012

Un week end "afro"

Ho approfittato del week end torrido per chiudermi in casa, confortato da amorevoli ventilatori vintage, per guarducchiare alcune partite delle prime giornate dei campionati che hanno preso avvio. L'occasione è stata buona anche per vedere all'opera alcune squadre che poi perdiamo di vista nel corso della stagione: Southampton, Ajaccio (e Lorient), Real Sociedad, gli stessi Valencia ed Everton, etc.

L'atmosfera incantevole di una notturna (invernale) al Goodison Park
Premier League e Liga hanno ricominciato secondo i copioni ormai consolidati. Le partite della prima sono come sempre mediamente gradevoli, il gioco è votato all'attacco e il ritmo asseconda il piacere degli spettatori che ne riempiono gli stadi. Colpisce davvero l'assenza di striscioni, di carte e coriandoli, di fumogeni e di petardi: non si notano ultras ma bambini e ragazze, nessuna torcida rinchiusa dietro alle sbarre come in molti stadi del sud America, nessun fuoco che arde sugli spalti come nelle arene balcaniche. Viene davvero da chiedersi dove siano finiti gli hooligans, e da affliggersi per le orde di violenti cui è ancora permesso di imperversare negli stadi italiani. Ben vengano dunque i progetti di rimozione delle inferriate come quello avviato dalla Fiorentina, anche se l'impressione è che fino a quando le dirigenze delle società non si decideranno a spezzare il legame torbido e ambiguo con i teppisti, e con la mitologia della "curva", non verremo a capo di nulla. E' possibile che, come in Inghilterra, la strada passi attraverso la narcotizzazione consumistica: nuovi stadi, con bar e vari "non luoghi" annessi, merchandising, tutti in tribuna con la maglietta e il bicchierozzo di birra, etc. Dopo il folle dramma dell'Heysel non credo infatti alla favoletta della diversa cultura sportiva tra britannici e italici. Semplicemente, lo snodo è stato quello di rendere piacevole andare allo stadio. Pagando, ovviamente.

In Spagna, invece, il gioco è mediamente meno gradevole rispetto all'Inghilterra: più tecnico, forse, ma meno fluido e intenso; soprattutto, ormai squilibratissimo per l'abissale differenza di valori tra le due società maggiori e le altre. Non vince chi fa più punti ma chi ne perde di meno: due li ha lasciati al Valencia (terza "forza" da anni a distanze abissali) il Real, in casa. Il Barcellona, invece, ha dato gas in un solo quarto d'ora, allenandosi con il Real Sociedad. Lo scadimento degli sparring partners è preoccupante, e non è un caso che Sky in Italia non abbia riacquistato i diritti televisivi di un campionato sempre meno divertente.

Come era prevedibile, fatica invece il PSG, per il quale è tornato in auge lo scioglimento dell'acronimo datone da "Libération" fin dai tempi di Wiltord, Cauet e Guivarc'h: PSG = Pas Sûr de Gagner [vedi]. Come direbbe mastro Arrigo, è un insieme di solisti difficile da fare giocare come una squadra. Carletto nostro avrà molti problemi per tentare l'impresa e non è detto che ci riesca. I campioni sono solo due: Ibra e Silva; più un altro che ha tutta l'aria di poterlo diventare come Verratti. Gli altri sono dei mezzisangue sopravvalutati: i vari Pastore, Lavezzi, Lucas, Menez, etc. Nel mazzo ci sono dei buoni giocatori come Sirigu e Motta, ma anche una manica di ronzini a cominciare dalla paurosa linea difensiva. Faticherà in campionato - un torneo di caratura ancora improbabile, dove Ajaccio e Lorient mostrano di essere al livello di compagini di centroclassifica della Championship o della nostra B - dove peseranno soprattutto i gol di Ibra e quelli impediti da Silva. Ma temo che non reggerà il confronto con gli squadroni europei. Non basta collezionare le figurine per costruire una squadra, e Leonardo, aldilà dei petrodollari, non pare ancora maturo nel ruolo di dg vincente. Può sembrare un paradosso, ma è una rosa che - a mio avviso - andrebbe rifondata.

21 agosto 2012, Goodison Park di Liverpool
Marouane Fellaini stampa sul palo il pallone
dopo un'irresistibile serpentina
che ha steso Michael Carrick e impietrito David De Gea
Una partita davvero bella è stata invece quella andata in scena al Goodison Park [tabellino | FM]. A condurla è stato l'Everton per un'ora buona, quando, dopo una messe di occasioni, ha finalmente sbloccato il risultato grazie all'incornata, su angolo, della rivelazione - per il sottoscritto, che non lo aveva mai visto giocare - della serata, Marouane Fellaini-Bakkioui, un belga di non celate origini marocchine, dalla inusuale capigliatura "afro" molto fine Novecento. Lungagnone e potente, mostra belle qualità coi piedi (sfoderate, per esempio, in un assolo con timbro del palo: vedi la prima azione degli HL) e con la testa e gioca semplice, in favore dei compagni di squadra, in una posizione di campo molto fluida, tra il centrocampista avanzato e la seconda punta. Andrà seguito con attenzione perché mostra un'effettiva distinzione. Lo United ha subìto per un'ora senza riuscire a far gioco e non rendendosi mai pericoloso (Kagawa impalpabile). La reazione di un quarto d'ora, nonostante l'inserimento del talentuoso Van Persie, si è spenta in una deludente inconcludenza nei dieci minuti finali. Ci sarà da lavorare anche per il vecchio sir Alex.

Sarà un caso, ma in questa decade ferragostana le squadre di blasone che hanno vinto sono anche quelle che cercano il gioco attraverso la costruzione, il ritmo, la fluidità della circolazione e del possesso della palla: la Juventus di Conte, il City di Mancini, il Barcellona ereditato da Villanova (che ha il merito di porsi nel solco guardioliano). Qualche colpo a vuoto lo hanno dato invece il Chelsea (della cui vittoria in trasferta a Wigan ho visto solo gli HL, ma che ha perso male il Communty Shield), lo United e il Real, che continua a soffrire i limiti tattici del gioco di Mourinho, sostanzialmente "reattivo" come quello di Di Matteo e Ferguson. Tra domani e domenica scenderanno in campo l'Udinese di Guidolin, la Fiorentina di Montella e la Roma di Zeman, per chi ama il bel calcio. Un gettone lo metto anche sulla Benemata di Stramaccioni, ma solo per fedeltà ai colori, perché il progetto mi sembra ancora molto in fieri.

Azor