Il giorno dopo la sua morte, i quotidiani erano lenzuola di coccodrilli. Di interviste, ad amici e nemici o pseudo-nemici (Rivera soprattutto). Fu un coro unanime - apprezzamenti, nostalgia, ricordi -, e soprattutto tanto esercizio di bella scrittura (in calce ne riporto alcuni frammenti estrapolati). Dal ritratto collettivo che ne sortì - per certi aspetti del tutto scontato -, un tratto univoco e probabilmente veritiero spiccava, e riguardava la generosità esuberante dell'uomo. A noi rimane la generosità delle sue pagine sul football: in esse, certamente la sua pratica si poneva come antitetica alle teorie del gioco che sosteneva: a fronte del calcio pragmatico, utilitaristico, contratto che predicava, la sua prosa era infatti pura trasgressione del canone italico, era funambolica e fantasiosa, costantemente alla ricerca di innovazione; era avvolgente, a tutto campo.
Ci restano i suoi libri [raccolti nella nostra Sala Brera], e nessuno di essi pare davvero invecchiato: la monumentale Storia critica del calcio italiano, la biografia di Herrera, i pamphlet che qualche piccolo editore gli commissionava prima di un mondiale. Rispetto ai giovani scrittori britannici dei nostri giorni, la sua lettura delle relazioni tra calcio e fenomeni sociali era più 'sgamata', quasi che - ritenendole scontate - non valesse la pena di sottrarre spazio alla narrazione principale. Preferiva una visuale etno-antropologica a quella politica o sociologica, il che lo fa apparire ormai - almeno in questo - un po' ingenuo, un po' retrò. Ma l'immaginifica rappresentazione del mondo che più da vicino ha frequentato e conosciuto rimane insuperata e inimitabile, e non solo per la dimensione letteraria e per le innovazioni 'linguistiche'. E insuperata, nella sua sinteticità, resta la definizione che di lui offrì Umberto Eco: "Gianni Brera è Gadda spiegato al popolo".
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Eravamo di quegli italiani che devono imparare l' italiano come una lingua non direi straniera, ma più alta e più grande, non solo nostra e dei nostri "pais", ma di tutti, di tutte le province e città. E questa fatica fu certamente più importante di tutte le nostre guerre e giri per il mondo e per le gazzette. Giovanni che aveva ambizioni letterarie più forti di tutto, del mestiere, del successo, del denaro direi delle stesse amicizie, ha amato la lingua più di ogni altra cosa al mondo e, siccome era uno che non solo la padroneggiava ma la inventava, soffriva pene io so amarissime e taglienti sentendo attorno a sé per molti anni la sufficienza di letteratucoli che non avevano un' oncia del suo talento prodigioso in quella musica che è il linguaggio (Giorgio Bocca)
E' la fine della fantasia, dell' estro. Ora resta solo il calcio normalizzato (Oreste del Buono)
Aveva visto tutto, dello sport, e ancora in tribuna puliva gli occhiali per non perdere niente, tra volute di fumo da pipa sempre più grandi e sorsate di whisky sempre più piccole (Gian Paolo Ormezzano)
Ci capivamo perché Brera era capace - quando voleva, quando decideva di farlo - di abbandonare questa sua 'mania' intepretativa, cioè l'attaccamento alla sua tesi, e di diventare obbiettivo, di riconoscere i suoi errori. E la tensione si scioglieva, magari a tavola, davanti a una buona bottiglia di Barbaresco che lui amava moltissimo (Gianni Rivera)
Ci capivamo perché Brera era capace - quando voleva, quando decideva di farlo - di abbandonare questa sua 'mania' intepretativa, cioè l'attaccamento alla sua tesi, e di diventare obbiettivo, di riconoscere i suoi errori. E la tensione si scioglieva, magari a tavola, davanti a una buona bottiglia di Barbaresco che lui amava moltissimo (Gianni Rivera)