2 ottobre 2013, City of Manchester Stadium, Manchester La Poznan celebration dei tifosi del Bayern |
Contro il Manchester di Pellegrini si è cominciato a vedere, almeno per un'ora, il gioco che ha in mente Guardiola. Tra i cui pregi è quello di adattarlo alle qualità dei giocatori, senza imporre loro un'idea astratta. Prima del ritiro di Riva del Garda la memoria ci consegnava due grandi squadre con due idee di gioco simili nel possesso, ma non identiche nell'interpretazione in campo: il Barça del Pep e il Bayern di Heynkes. Il Bayern di Guardiola è, e sarà, una realizzazione diversa. Due giocatori come Robben e Ribéry il Pep non li aveva a Barcellona, e nemmeno un centravanti come Mandzukic (pensava lo potesse essere Ibra, forse, ma non è stato così), e Lahm non ha le caratteristiche di Busquets, e un dettatore ritmico come Xavi non lo ha a Monaco, così come ovviamente non ha un altro Messi. Eppure l'idea di gioco è sontuosa: propositiva, egemonica, capace di coniugare la ragnatela di passaggi di prima alle sovrapposizioni, il pressing sulla trequarti ai raddoppi sulla mediana, i lanci lunghi (magnifico quello di 40 metri di Dante per il secondo gol di Müller) alle triangolazioni in area. Al di là dei 35 tiri verso la porta del malcapitato Hart ha impressionato anche la maggiore solidità difensiva rispetto a quella del suo Barça. Siamo al 2 ottobre 2013: a che punto sarà l'interiorizzazione del gioco da parte dei Rossi il prossimo marzo quando si giocheranno i quarti di Champions? La prospettiva è vertiginosa.
Azor