Va di moda, negli ultimi giorni, tirare in ballo Margaret Thatcher. Il segretario del più grande sindacato italiano vi paragona il Presidente del Consiglio il quale, bontà sua, risponde indignato, ma sotto sotto ha apprezzato l'accostamento perché la lady di ferro, come la chiamavano i sudditi di sua Maestà, è stata una donna sì controversa, ma circondata da un'aura mistica di efficienza e determinazione. Un'efficienza e una determinazione che si sono rivelate in tutta la loro potenza nel combattere la violenza negli stadi, si dice. Quante volte abbiamo sentito questo ritornello? Se avessimo anche noi una Thatcher ... Solo così potremmo applicare il modello inglese e debellare il cancro degli ultras dagli stadi italiani. In queste ormai ataviche convinzioni vi sono due errori grossolani che ieri, vedendo la Viola impegnata a Bergamo, sono apparsi evidenti come una maglia a strisce bianconere in curva Fiesole. Il primo errore è che per applicare il modello inglese ci vogliono gli inglesi e in Italia, a parte qualche turista, ce ne sono pochini. Il secondo è che lady Margaret non è la persona che ha dato la svolta al sistema calcio inglese. Allora, facciamo un paio di considerazioni sperando una volta per tutte di chiarire l'ormai insopportabile malinteso. La svolta del calcio inglese è stata determinata soprattutto da una tragedia (l'ennesima fino ad allora). Era il 15 aprile 1989, Margaret Thatcher sarebbe andata in pensione l'anno dopo. A Hillsborough (Sheffield) si giocava la semifinale di FA Cup fra Liverpool e Nottingham Forrest. Prima dell'inizio della gara si scatena il panico nella West Stand in quanto le autorità aprono il gate C permettendo l'afflusso di un'enorme massa di persone in un settore che ne poteva contenere solo 2.000. La calca spinge centinaia di persone sul campo, ma molte restano intrappolate in curva a causa delle protezioni costruite proprio su decreto del governo, ovvero dell'iron lady, in seguito ai fatti dell'Heysel del 1985. Il risultato è spaventoso: 96 morti e oltre 200 feriti.
Il Liberty Stadium dello Swansea |
La gente, quella che ama davvero il calcio, torna allo stadio e i violenti piano piano vengono sostituiti dalle persone "normali". Certo il lato repressivo esiste ed è necessario, ma non sono le celle di detenzione presenti negli stadi né gli steward a costituire un deterrente per i criminali con la sciarpa al collo. Il calcio inglese ha iniziato a cambiare quando la Thatcher si stava godendo la pensione. Gli stadi sono la chiave di tutto; certo è necessario lavorare su un complesso di educazione civica, lavoro paziente nelle scuole, taglio netto dei legami fra società e tifo organizzato, meno tatuaggi sul corpo dei calciatori assurti a simbolo di uno stupido machismo che con lo sport non c'entra nulla, ecc. Gli stadi belli e comodi portano soldi alle società, gente allo stadio e creano lo spettacolo. Vi è mai capitato di saltellare col telecomando da una partita qualsiasi del campionato inglese a una qualsiasi del nostro? Ecco, allora avete capito quello che intendo.
Lo stadio Atleti Azzurri d'Italia di Bergamo, settore ospiti |
Siamo dunque distanti non solo dal risolvere, ma dall'affrontare il problema nella sua dimensione reale. Mercoledì scorso abbiamo assistito all'ennesima vergogna in diretta tv durante la partita di Champions' League fra Roma e CSKA di Mosca. Il neo presidente federale manifesta il suo razzismo idiota e i giornali lo etichettano come "una caduta di stile", Genni a'carogna decide se si può giocare o meno la finale di Coppa Italia. A noi non serve Margaret Thatcher. Ci basterebbe anche un piede solo nel terzo millennio.
Cibali