
Certo, il boccone era grosso. Il nostro sistema calcistico, in tutte o quasi le sue componenti, non gradisce che si discuta di football. Sembra anzi attendere, ansiosamente, episodi come quelli dello Juventus Stadium, onde poterne parlare a vanvera per giorni e giorni. Certo, meglio la pseudo-polemica rovente dopo uno scontro di vertice che incidenti accoltellamenti e morti ammazzati. Arriveranno anche quelli. Nel frattempo, 'godiamoci' le accuse alla Juventus, le contro-accuse degli juventini, i falsi richiami all'abbassamento dei 'toni' (un corno: più chiasso c'è, più la gente si diverte).

Sempre 'nel frattempo', c'era anche qualche partita da vedere. L'Italia, per esempio. Gli Azzurri, quando incontrano nazionali di secondo o terzo piano, sono obbligati a 'vincere e convincere' (altro luogo comune). Personalmente, non mi è dispiaciuto il gioco proposto contro gli azeri a Palermo. Poteva finire con una goleada, il giudizio sulla qualità della partita non sarebbe cambiato: piuttosto, noto che ormai regolarmente subiamo su palloni alti che piovono nell'area piccola. Buffon è un monumento del nostro calcio, nessuno discute la sua carriera: forse è ora che smetta di inseguire record e limiti la propria attività a campionato e coppe (finché alla Juve lo considereranno affidabile).
I tedeschi campioni del mondo hanno buscato e di brutto in Polonia, fatto storico perché non era mai accaduto. Anche per loro - come è successo in passato ad altre nazionali - la gestione del 'dopo' è complicata. Si intrecciano istanze di rinnovamento (per esempio: sostituire Lahm, ma anche Klose, non è cosa immediatamente semplice) e sicumera, distrazioni mediatiche, stanchezza da eccesso di vittorie nonché - per quelli del Bayern, almeno - un'attitudine agonistica ancora non ben allenata, a questa altezza della stagione. Il solo Lewandowski, tra i suoi pedatori, pareva assatanato. Aveva le sue belle motivazioni, giocando per la Polonia.
Infine, un momento esilarante si è vissuto a Tallin. Giostrava lì la poderosa Inghilterra, che in un'ora di gioco non era riuscita a cavare lo straccio di un gollettino dal proprio sterile ruminìo offensivo. L'Estonia, eroicamente, difendeva lo zero a zero. Il pubblico, a quel punto, forse per irridere gli avversari, si è fatto sentire. Ha reputato che, onde incitare i propri giocatori a stare sulle barricate e magari tentare qualche sortita extra muros, la cosa migliore fosse intonare la melodia di Hey Jude, epocale hit dei Beatles. Il canto non raggiunge nemmeno la fine del ritornello-vocalizzo, che Wayne Rooney, figlio di Liverpool, ha già messo sul piatto uno dei suoi dischi preferiti: un bel calcio franco da fuori area, che muore nell'angolino basso alla destra del portiere, il quale sta forse cercando di ricordare come iniziava la strofa successiva.
Mans