Fettine di coppa: quarti di CL 2014-15 (andata - primo martedì)
Non è buona cosa, guardare contemporaneamente due partite, seguendone fasi stabilite quasi a capocchia dai telecronisti ("angolo per la Juve, linea a Torino", "punizione per il Real, linea a Madrid", "attenzione, Torino, Torino!", e a Torino la Juve sta per battere un calcio di rigore ma vai a sapere perché, ti toccherà aspettare le cento ripetizioni dell'azione e intanto a Madrid chissà cosa succede). Del resto non era semplice la scelta. Di derbi madrileni abbiamo quasi la nausea, ultimamente, anche se è difficile che ci si annoi. La Juve, dal canto suo, si giocava (stavolta alla pari, non come due anni fa) una possibile semifinale di Champions, come si poteva ignorare l'evento? Sicché, tocca ammettere che delle due partite abbiamo capito abbastanza poco. E ne restituiamo solo qualche impressione.
"Mario, è inutile che ti produci da solo ferite con armi da taglio. Non ci casco!" |
La prima. Sarà così strano che un arbitro serbo (Milorad Mažić) abbia trascorso i primi dieci minuti della semifinale spagnola fischiando falli su falli a un centravanti croato (Mario Mandžukić)? Ma sì, sarà una coincidenza. Con le regole del basket, Mario sarebbe rientrato negli spogliatoi in un amen, invece è rimasto in campo e il suo volto coperto di sangue (foto) è l'immagine della partita destinata a fare il giro del mondo e a restare negli archivi degli archivi.
La seconda. C'è da dire che mai come ieri sera, nel primo tempo, gli spazi verdi del Manzanarre sono parsi così ampi e praticabili. I Blancos si sono avventati, rabbiosamente. In velocità. Incontenibili. Un cannoneggiamento insistito. Ma il muro dell'Atlético è difficilmente abbattibile, e le risorse agonistiche di questa squadra sono pressoché infinite. Alla fine, i palloni iniziano a spiovere nell'area del Real, che poteva uscire ancora una volta con le ossa semifracassate dalla sfida. Non osiamo immaginare l'atmosfera del Bernabéu, tra otto giorni.
Il muro |
La terza. Lì, al Manzanarre, non segna mai nessuno. Non ci sono riusciti, quest'anno, la Juve (e passi), l'Olympiakos (e passi), il Malmoe (e passi), il Bayer (e passi); l'anno scorso, non ce la fecero il Chelsea (in semifinale), e neppure il Barça (nei quarti). L'ultima squadra a riuscire nell'impresa è stata dunque il Milan: era l'11 marzo 2014, e Kakà, alla mezz'ora di gioco, fissava il momentaneo uno a uno. Poi finì in goleada, come da pronostico.
La quarta. Piccola Juve, non all'altezza delle aspettative. Aspettative forse ingiustificate. Purtroppo, non sembra ci sia stato il salto di qualità. Quello che dovrebbe portare i bianconeri all'altezza dei top-club continentali. Sarà stato per la scarsa vena di Tevez o per la lentezza di Pirlo, ma il loro gioco non è mai fluito veloce, e i francesi hanno potuto tirare in porta più del preventivabile, sprecando anche situazioni non impossibili. Il rigore non c'era, ma non è scandaloso che sia stato assegnato.
L'istantanea sembra quella di recenti spot promozionali di Sky |
La quinta. Vidal, il cileno tatuato, non è nemmeno l'ombra dell'ombra di quel che era l'anno scorso o due anni fa. Alterna cose buone a cose indecenti, ma soprattutto quelle buone non sono mai decisive. Ho appena fatto in tempo a pensare che la sua parabola ricorda da vicino quella di Kevin-Prince Boateng, ed ecco che Arturo va sul dischetto e stipula una polizza assicurativa per tutta la squadra in vista del viaggio nel Principato. Ma - suvvia - non è stata quella gran prodezza. Come che sia, il risultato mette la Juve in una botte (quasi) di ferro. I monegaschi, a casa loro, faticano a vincere partite. Sono impostati per giocare in contropiede, non per il possesso e per l'assedio. Vedremo.
La sesta, e ultima. Piccola, davvero piccola Juve, ma proprio perciò (e perché la fortuna non è mai un aspetto secondario in queste competizioni, in qualunque forma si manifesti) potrebbe sorprendere i giganti del continente. Non sarebbe la prima volta. Contro, gioca soprattutto il blasone, il prestigio che altre out-sider in passato non potevano vantare. Difficile venga presa sottogamba. Ma chissà.
Mans