14 marzo 2014

Naufragi e germogli

Fettine di coppa: ottavi di finale 2013-14

Turno settimanale europeo con 12 partite, nessuna memorabile. Alcune belle prestazioni: del Barcellona, che a fiammate antiche incenerisce per la seconda volta il City, troppo rinunciatario, quasi impaurito; dell'Atletico, che schianta sul ritmo un Milan cui infligge una lezione di "applicazione" al gioco europeo (forse l'umiliazione più grande per chi ha dominato la scena per vent'anni); del Benfica, che espugna il White Hart Lane con una prestazione di grande autorevolezza; della Fiorentina, che gioca alla pari con la Juve e che giustamente impatta con il suo ritrovato goleador; del Betis, che vince a sorpresa al "Sánchez-Pizjuán" il derby sivigliano; e del Valencia, che a Sofia segna tre reti come Lazio, ma non ne subisce alcuna.

13 marzo 2014, Juventus Stadium, Torino
Il ritorno di un campione: Mario saccheggia la retroguardia bianconera
Nessuna sorpresa. La sconfitta del Napoli ci può stare contro una squadra dal palmarés incomparabile e da un passato europeo recente di livello superiore. Anche il pari dell'Arsenal a Monaco non giunge inaspettato. Sotto questa apparente "normalità" agonistica si profilano invece due possibili naufragi. Quello delle squadre della Premier e quello delle squadre della nostra Serie A.

La prima aveva già perso per strada due squadre (Swansea e Wigan), ne ha perse altre due in settimana (Arsenal e City), e rischia di perderne un'altra coppia la prossima (Tottenham e United): è possibile che approdi ai quarti solo il Chelsea. La seconda aveva già perso per strada l'Udinese e la Lazio, vi ha aggiunto il Milan, sicuramente perderà una tra Juventus e Fiorentina, e rischia di perdere anche il Napoli: al momento è qualificanda ai quarti solo la Fiorentina. Sommate, fanno una decimazione: della seconda e della quarta nazione, rispettivamente, nel ranking UEFA.

Va detto che le differenze sono significative: le inglesi sono state decimate in Champions, le italiane in Europa League. A mettere fuori Arsenal e City sono state Bayern e Barça; la Lazio è stata estromessa dal Ludogorets. Se la crisi del calcio italiano è ormai conclamata - non la vedono solo i suoi dirigenti e il provincialismo della stampa e della tifoseria - più complessa, ed interessante, è invece la crisi delle squadre britanniche. Se la Liga porta ai quarti di finale ben 5 squadre su 16, la Premier vi approda con un solo club. Divario su cui riflettere. Certo, la Spagna conosce il periodo più felice della sua storia calcistica, con un paio di generazioni di grandi giocatori, che hanno vinto tutto e che minacciano di continuare a vincere, magari anche in Brasile a luglio prossimo. E, altrettanto certo, l'Inghilterra attraversa un altro dei suoi modesti momenti quanto a qualità dei suoi giocatori. Ma è forse la Premier a non essere più così competitiva, nonostante il fascino e l'attrazione globale che continua a suscitare: l'Arsenal ne è l'emblema, con un modesto allenatore sopravvalutato, capace di un gioco gradevole ma incapace di vincere nelle occasioni decisive.

Sembra essere invece il momento di alcune "periferie", frammentate e disparate. Di un Olympiacos più spagnoleggiante che greco. Di un PSG in continua crescita, anche di autostima. Di un Salisburgo mina vagante dell'Europa League. Di un Portogallo che risponde sempre presente con le sue due squadre di vertice. Non è un'annata, come spesso si dice affrettatamente, di "transizione". E' un annata con qualche germoglio che speriamo non sfiorisca presto all'ombra dei Super Club.

Azor