19 giugno 2013, Arena Pernambuco, Recife Shinji Kagawa mette la firma |
Gli asiatici sciupano lo sciupabile e forse anche qualcosa di più, e, come nemesi vuole, prevale, in fine, il nostro cinismo. Meritava il Giappone: il risultato è bugiardo, ma portiamo a casa la qualificazione alle semifinali, secondo atavica tradizione di sofferenza nei gironi. Apprezzabile è solo il carattere con cui la squadra ha reagito e ha strappato il risultato. Il resto "gli è tutto sbagliato, gli è tutto da rifare", come dicono a Ponte a Ema: Mario non ha ricevuto una palla decente in tutta la partita, se non dall'arbitro quando gli ha mostrato il dischetto; il centrocampo non solo non ha costruito ma non ha nemmeno fatto filtro; la difesa è stata spesso inguardabile.
L'incornata del 3:3 di Shinji Okazaki |
I meriti di Zaccheroni San sono evidenti, ma la domanda di fondo rimane: come mai i nipponici correvano come matti al 95' mentre i nostri erano con la lingua di fuori da una buona mezz'ora? L'umidità all'80% di Recife la soffrivamo solo noi? E non tiriamo in ballo le "fatiche" del campionato, per cortesia, perché la Serie A non è un torneo atletico fondato sulla corsa; si gioca a ritmi bassissimi, quasi da fermi: è semmai una tenzone isterica dove il gioco è costantemente spezzettato dai duelli rusticani tra i vari galletti tatuati per la precedenza ai semafori, in un clima di rissa continua.
I rapinatori |
Per il resto, ho sbagliato completamente il pronostico sul Messico, inferiore a tutte le attese. La Spagna sembra più tonica del previsto (e non venitemi a dire che la Liga è meno atletica della Serie A ...) ma l'allenamento di stasera contro i turisti che vengono da Tahiti non ci darà altre indicazioni. Gli unici punti interrogativi ancora aperti saranno sciolti dalla partita di stanotte tra uruguagi e nigeriani: i primi sono apparsi troppo brutti per essere veri, i secondi sono ancora tutti da scoprire nella loro attuale consistenza.
Azor
19 giugno 2013, Arena Pernambuco, Recife
Italia - Giappone 4:3