2 aprile 2016

L'onta


Dopo un'ora di gioco e di non entusiasmante spettacolo, el Clásico sembrava avviato verso il suo naturale e atteso epilogo. Inzuccando su corner, Piquet inneggiava alla libertà della Catalunya, riavvolgendo il Madrid nel suo spleen stagionale. 

In effetti, s'era giocato un primo tempo parecchio inconcludente, dall'una e dall'altra parte, ma soprattutto dall'una, quella blaugrana. Lenti palleggi e trequarti intasata, nessuno dei tre tenori in serata di grande vena; qualche tentativo del Real di ripartire in contropiede, ma con poca voglia di esporsi a sua volta. In fondo, veniva da pensare, al Barça un pari può anche star bene. Per la classifica, e perché martedì ci sarà una sfida di uguale intensità agonistica ma - al momento - di maggiore importanza. La Liga è in cassaforte o quasi, tanto vale non rischiare il fiato e le gambe.

Un primo tempo da Clásico di transizione, ravvivato dall'ovvio minuto di applausi per Cruijff, acceso dall'arbitro con qualche giallo sventolato sotto il naso dei soliti noti - i Ramos e i Suarez -, e gli unici davvero eccitati erano i 100.000 di Camp Nou. Veniva da pensare che, dopo tempo immemorabile, potesse finire zero a zero. Non capita dal 2002, si sa. E dunque, prima o poi, deve ricapitare.

E' Gareth Bale, ma indubbiamente ricorda la gif di John Travolta che
impazza sui social
Ma esistono solo Clásicos inolvidables, da parecchi anni, per obbligo e definizione. E perciò nel secondo tempo accade di tutto. Anzi, nell'ultima mezz'ora. Prima il pari - di prepotenza, da centravanti old style, alla Boninsegna - firmato da Benzema. Poi la sostituzione di Rakitic (in riserva?) con Arda Turan: mossa che spalanca al Real le porte della città. Zidane ha la faccia di uno che ci crede ancora. E infatti: due a uno, incornata di Bale. Gol. Annullato: inspiegabilmente, scandalosamente. Logico, al Bernabéu qualsiasi arbitro l'avrebbe convalidato; a Camp Nou vigono regole diverse. Le regole di Camp Nou e del Bernabéu sono diverse da quelle che in vigore negli altri stadi del mondo, e a qualsiasi squadra ospite, a Camp Nou o al Bernabéu, un gol così sarebbe stato annullato. Ma non basta. Passa un minuto e puntuale arriva l'espulsione (un classico del Clásico) di Sergio Ramos. Pensi che a quel punto e nonostante manchino dieci minuti e anche meno le cose torneranno nel loro solco, che i Blancos ricadranno nel loro spleen e che il finale sarà un altro glorioso trionfo della Catalunya. Già immagini i canti e le lacrime e le dediche. E invece no. Tutto il contrario. Cristiano, che durante la partita si era soprattutto esercitato nell'arte di dribblare se stesso, finalmente indovina un gesto di alto contenuto tecnico: stop a superare l'avversario e palla bassa, velenosa e difficile da prendere per uno bravo, anche per Bravo. 


Sicché, in dieci contro undici, in rimonta, il Real vince una partita che nessuno (escluso Zizou) riteneva potesse vincere. Un'onta, per il Barça, nella prima notte in cui il fondatore lo guardava giocare dalle nuvole. Un'onta e un campanello d'allarme. Da non sottovalutare. Gioco lento, motore ingolfato. Poca benzina, forse. Così, nel silenzio indispettito e surreale di Camp Nou, dopo il triplice fischio, qualcuno sente già da lontano il rumore dei cavalli del Cholo. Arriveranno fra qualche giorno e sarà una battaglia crudele.

mans